Nessuno di noi inventa niente, hanno inventato tutto Omero e Tolstoj e gli altri continuano soltanto a riproporre.
(Duccio Tessari)
Arrivano i Titani è un peplum atipico, una coproduzione italo-francese, girato nel 1962 da Duccio Tessari, leggendario regista italiano che darà delle prove eccellenti in altri generi tipicamente italiani come lo spaghetti western (Una Pistola per Ringo, e vari sequel) e il cosiddetto “giallo”, o thriller all’italiana (Una farfalla con le ali insanguinate).
Come vedremo, in questa sua incursione nel peplum, Tessari utilizza un approccio insolito, che paga; la pellicola gode di una vasta popolarità, a cinquant’anni di distanza, dagli USA al Giappone.
La trama in due parole… beh, ok, in un po’ più di due:
Cadmo re di Creta (Pedro Armendariz) ha scoperto il potere dell’invulnerabilità e si atteggia a divinità. Ciò indispettisce Giove, che invia sulla terra Krios, il più giovane dei titani, per compiere la sua vendetta. L’accordo è semplice: se Krios (Giuliano Gemma coi capelli ossigenati) riuscirà a portare Cadmo dinnanzi a Giove perché venga giudicato, il padre degli dei libererà tutti i titani, intrappolati da millenni per essersi ribellati alla sua autorità.
Frattanto a Creta, Cadmo isola la propria figlia dal mondo esterno – una profezia gli ha infatti rivelato che quando la giovane Antiope (Jacqueline Sassard) conoscerà l’amore, il suo regno avrà fine.
Inutile dire che Krios e antiope sono destinati ad incontrarsi.
E poi arrivano i titani…
La sceneggiatura, dello stesso Tessari con Ennio De Concini, attingendo direttamente alla mitologia classica.
Se la base della storia è decisamente ortodossa e canonica, l’esecuzione gioca invece una serie di carte insolite – ed è in questo, probabilmente, che risiede la ragione del successo e della longvità di questo film.
“Il primo film che ho fatto con Tessari è Arrivano i Titani, un lavoro che smitizza il peplum dove recito con il mio vero nome.”
(Giuliano Gemma)
Arrivano i Titani è atipico, in primo luogo, perché scegliendo Giuliano Gemma – attore col quale Tessari girerà una decina di pellicole – come protagonista, rinuncia almeno in prima battuta alla presenza dell’eroe muscolare tipico dei classici peplum con Ercole o Maciste: Krios è il più giovane, il più debole ed il più astuto dei titani, e sarà sull’astuzia che si giocherà gran parte della partita. Il primo tempo è quasi interamente dedicato al piano che Krios deve inventarsi per riuscire ad arrivare abbastanza vicino al suo bersaglio per poter compiere la missione.
La scarsa presenza fisica di Gemma viene compensata affiancandogli lo schiavo africano Rator (Serge Nubret), ed il muto Achille (Gerard Sety) che si schiereranno al fianco dell’eroe diventando “titani ad honorem”.
Sul finale, con l’ingresso in scena dell’intera squadra dei titani, il film diventa anche l’unico peplum nel quale l’elemento fisico non sia espressione di un unico attore, ma di un intero team.
Il film è quindi costruito su un mix di sequenze d’azione e dialoghi brillanti – e in questo modo trova il tempo di sviluppare una trama solida, con una storia romantica non esageratamente idealizzata (gli americani si sorpresero della “sensualità” espressa dalla giovane Sassard) e svariati momenti comici.
E la comicità è un altro elemento interessante, perché pur restando sopra le righe (imperdibile l’incontro con il ciclope, sorta di mercante d’armi in grado di fornire sottobanco delle folgori divine) il film non scivola mai nella farsaccia o nella parodia.
Arrivano i Titani è divertente e a tratti comico, ma rimane un peplum, non una satira del peplum.
Arrivano i Titani è invecchiato bene, lo si guarda ancora con piacere e divertimento.
In America lo conoscono come My Son, the Hero, e in Francia circola come DVD di lusso a prezzi stravaganti.
Noi possiamo trovarlo su Youtube – ma c’è una curiosità: per qualche motivo, l’edit “televisivo” della pellicola, quello più facilmente reperibile in rete, taglia circa dieci minuti di azione.
Cosa c’era, di inadatto al pubblico televisivo, in questa divertente, sgargiante pellicola del 1962?
Nota: Questa recensione è un guest post di Davide Mana che, tra le tante competenze da autore di genere, ha anche una vasta conoscenza del genere peplum. Oltre a segnalarvi il suo blog (che già dovreste conoscere) vi consiglio di dare un’occhiata al sito dedicato al suo ciclo narrativo Aculeo and Amunet, che promette grandi sviluppi per l’immediato futuro.
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