La cosa che più mi lascia perplesso del frequentare alcune community di appassionati di cinema e letteratura horror (in gran parte cinema, a dire il vero) è il continuo richiamo a scene splatter, quasi sempre decontestualizzate dalla trama dei film citati.
Ecco dunque un carosello infinito di budella squarciate, teste tagliate, arti mozzati e torture di varia natura. In seconda posizione, a livello di post e di apprezzamento, vengono quelle scene che in gergo sono chiamate “bus” (scene in cui l’escalation della tensione sale artificiosamente, per far fare il classico “salto sulla sedia” allo spettatore).
Ora, io non sono certo un intellettuale né mi si può accusare di atteggiarmi da radical chic, eppure trovo che queste siano estreme banalizzazioni di un genere – l’horror – che già vive di diffidenza e di stereotipi.
Sarà che a me dell’aspetto splatter dei film di genere non me ne è mai importato nulla, chissà. Figuriamoci se posso bearmi ora, a 39 anni, di uno sbudellamento ben realizzato o delle torture di film come Saw. Già da ragazzo mal sopportavo cicli come Venerdì 13 (oh, fucilatemi, che vi devo dire?), di cui però riconosco l’importanza. Secondo voi potrei ora dichiararmi un appassionato d’orrore con la mania delle citazioni ricche di frattaglie?
Qualcuno potrebbe lecitamente chiedermi perché mi piace questo genere, se dello splatter non m’importa nulla.
La risposta dovrebbe essere molto complessa e non voglio annoiarvi. Cercherò di semplificare: nell’horror ho sempre cercato una porta sul metafisico, sul soprannaturale.
Il che non vuol dire essere un credulone o un appassionato di esoterismo, bensì fantasticare sulla possibile esistenza di altre realtà, spesso oscure e maligne, che a volte vengono generate da noi stessi.
Personalmente credo che film come Shining, L’Esorcista, Rosemary’s Baby, Il Seme della Follia e Suspiria (solo per citarne alcuni) siano quelli che elevano il cinema horror a un gradino o due sopra il mero intrattenimento per adolescenti, o per adulti non troppo svegli. In queste pellicole il fattore “sangue” è presente, ma è funzionale alla storia. Non viene adoperato a fini voyeuristici.
Ci sono anche film ben più splatter, come la prima trilogia zombesca di George A. Romero, che allo stesso modo non usano lo splatter solo per sfizio, ma lo contestualizzano in storie ricche di letture e di spessore artistico.
Poi, per carità, io stesso mi sono gustato b-movie e z-movie immondi, in cui i vari registi si sono chiaramente divertiti a giocare con chili e chili di frattaglie, solo per il gusto di schifare e divertire il pubblico. Ci sta, fa parte del gioco.
Eppure non ci si può fermare sempre a questo step.
Vedere quarantenni e cinquantenni che sui suddetti gruppi Facebook pongono illuminanti sondaggi del tipo “meglio Tizio che uccide con l’ascia, o Caio che usa il machete?” mi lascia basito. Mi viene da chiedermi dove, quando e perché la comprensione di un genere che ha (che avrebbe) molto da dire e da esplorare si sia fermato alle sole frattaglie adolescenziali.
Magari qualcuno di voi ha una risposta…
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