Gotico rurale italiano: tre film

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Oggi non par vero, ma un tempo il nostro cinema horror proponeva titoli che ci invidiava tutto il mondo.
Non parlo dei pur apprezzabili film di zombie di Fulci, Bianchi e Mattei, che erano adorati per i loro effetti crudi e per le trame spietate, bensì di ottime pellicole d’autore, vere e proprie perle che hanno un intrinseco valore artistico, oltre che “di genere”.
Probabilmente conoscerete già i film che vado a citarvi oggi, ma lo faccio lo stesso, come atto d’amore per dei titoli che hanno accompagnato la mia giovinezza.
Credo siano reperibili su YouTube o in DVD. Ai miei tempi (Gesù, come suona da vecchi questa frase) i film in questione venivano regolarmente trasmessi in seconda e terza serata, sui canali nazionali. Bastava programmare il videoregistratore e goderseli il giorno dopo. Che poi, essendo gli anni in cui studiavo, me li vedevo immancabilmente durante il giorno, immerso in una pace e in un silenzio che da troppo tempo ho oramai perso.
Ma bando alle nostalgie personali…

La casa dalle finestre che ridono

1976
di Pupi Avati

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Cult assoluto, un tocco da maestro nella lunga e variegata carriera di Pupi Avati. Ecco cos’è La casa dalle finestre che ridono, cupo thriller orrorifico ambientato nella campagna ferrarese (che, come saprete, io adoro particolarmente).
Spaccato grottesco e inquietante della provincia italiana – potrebbe essere quella emiliano/romagnola, ma anche un’altra – tra segreti inconfessabili, omertà di paese, paura del “forestiero” e arcaici organigrammi di potere che escludono per buona parte il mondo esterno, quello “civile”, delle grande metropoli.
Finale geniale, a chiusura di un film basato su una grande fotografia e su un ritmo lento ma angosciante, di quelli che oggigiorno fanno scappare i giovani spettatori abituati agli horror alla Underworld.

Un pittore pazzo muore suicida in un paese del ferrarese, dopo avere dipinto un affresco terribile, rappresentante il martirio di San Sebastiano tra due figure ghignanti. Gli interessati allo sviluppo turistico della località, considerando l’opera di Buono Legnani un’attrazione, decidono di restaurare l’affresco e fanno venire il concittadino Stefano, pittore mancato. Il giovane viene perseguitato da fatti strani e inquietanti, mentre l’amico Mazza, prima di scomparire con un finto suicidio, gli rivela una storia fantastica della quale non riesce a dargli i particolari.

Non si sevizia un Paperino

1972
di Lucio Fulci

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Un Fulci “minore”, o quantomeno poco noto, ma anche uno dei migliori film realizzati dal genio artigiano del cinema horror italiano.
La storia ha come scenario Accendura, un immaginario paese del Sud Italia, dove sopravvivono superstizioni e timori legati alla stregoneria e alla magia nera. Elementi, questi, che vengono utilizzati per spiegare gli assassinii di tre bambini nel cuore della Lucania.
Mentre un giornalista cerca la verità su questi delitti, che pare molto più concreta rispetto a eventuali spiegazioni soprannaturali, la gente del posto decide di prendersela con la Maciara, la fattucchiera locale, vittima predestinata dell’ignoranza dei suoi compaesani.
Un giallo/horror che ha aneliti sociologici, senza mai diventare didascalico o moralista. Trovatemi un film italiano degli ultimi vent’anni che funzioni con questi stessi parametri…

Ad Accendura, nel meridione, un terribile assassino uccide tre bambini. I sospetti cadono prima sullo scemo del villaggio, poi su una ricca e bella signora di città da poco arrivata in paese in seguito ad una storia di droga e su una donna accusata di stregoneria, ma non mancano però altri ambigui personaggi che si aggirano sinistri sul proscenio. Un giornalista dedica il suo tempo all’indagine, cercando di riuscire dove la polizia sembra incapace.

La Notte dei Diavoli

1972
di GIorgio Ferroni

La notte dei diavoli

Ambientato nell’allora Jugoslavia, a pochi chilometri dal confine italiano, il film di Ferroni racconta una storia di vampiri balcanici come ne esistono poche nella storia del cinema. Perché, sebbene i succhiasangue siano originari proprio di quelle parti, si è quasi sempre preferito rappresentarli come nobili non-morti isolati nei loro tenebrosi castelli. Invece i vampiri, secondo il folklore slavo, infestavano soprattutto i paesi rurali, la povera gente, che si trovava a combattere i loro cari di ritorno dalla tomba, assetati di sangue.
La Notte dei Diavoli racconta una storia del genere, ripescando la leggenda dei crudeli Wurdalak, citati perfino da Tolstoi…
Non un cult come gli altri due titoli appena citati, ma comunque assai valido. Da recuperare, se amate certe atmosfere.

Un uomo si aggira spaventato e ferito per i boschi, ad un certo punto crolla a terra e si risveglia in ospedale. E’paralizzato dall’orrore, non sa più neanche il suo nome ma quando viene messo a letto comincia a ricordare tutto: un giorno rimase con l’auto in panne in mezzo a quei boschi e chiese aiuto e ospitalità ad una famiglia di contadini che, però, sembravano nascondere qualcosa e temere il buio dopo il tramonto…

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