Meriggio sacro e terribile

demone del meriggio

Credevasi volgarmente, a dir di S. Girolamo, che v’avessero certi Demonii particolari, chiamati meridiani, e fra gli Ebrei è commun sentimento che la voce Keteb, che si ha nel testo originale del Salmo (90, 6), significhi un Demonio fierissimo, che assalisce apertamente e di giorno, mentre gli altri meno arditi si contentano di tendere insidie di notte. (…)
Anche le ombre dei morti riputavansi comparire e andar vagando sul mezzogiorno, come vedesi sì nei citati versi di Stazio (Thebaid., lib. IV), sì presso Filostrato, il qual narra che i pastori non ardivano nel mezzogiorno avvicinarsi a Pallene, ossia Flegra, dove giacevano le ossa dei giganti, per timore degli spettri che apparivano in quel luogo facendo uno strepito spaventevole. (…)
È dunque evidente che gli antichi aveano del tempo del meriggio una rande idea, e lo riguardavano come sacro e terribile. Noi abbiamo a rallegrarci che di un pregiudizio una volta sì commune, e di cui si trovano vestigi nei libri più antichi, rimanga ora appena la rimembranza, essendo esso totalmente cancellato dalla mente dei popoli. (Saggio sopra gli errori popolari degli antichi – Giacomo Leopardi)

Tempo fa il mio amico Germano ha scritto quello che ancora oggi ritengo uno dei suoi articoli più riusciti: Il Demone del Meriggio.
Oggi torno brevemente in argomento, nella mia rubrica del giovedì dedicata al mistero.
La citazione che apre il post è tratta da un’opera giovanile di Giacomo Leopardi, scritta nel 1815. Trattasi di una lucida e dotta dissertazione sul timore che in tempi antichi (e non solo) suscitavano le ore pomeridiane, a volte ritenute ancor più rischiose rispetto a quelle notturne.

Del Keteb ha già parlato Germano, quindi non tornerò a dissertare di questo spaventoso demone della tradizione ebraica.
Né mi soffermo a parlare del poco conosciuto Ippocentauro, creature del meriggio, metà uomo e metà cavallo, che si dilettava a comparire nelle ore del mezzogiorno, per spaventare contadini, viandanti e uomini di Chiesa.
Addirittura una Dea, la fiera Artemide, è stata reinterpretata in chiave cristiana come un’entità demoniaca che, nelle ore della canicola, si lancia in una caccia solitaria e terribile, assumendo un aspetto non dissimile da quella di una Furia.

Si tratta di un retaggio del mondo pagano, delle insidie della campagna, dove si svolgevano le attività pastorizie che un tempo erano assai diffuse e radicate nel tessuto sociale di molte civiltà.
Ma il senso di disagio che ancora oggi, a volte, può ispirare un meriggio assolato, non è mai stato del tutto esorcizzato.
Vi è mai capitato di attraversare un prato, magari in montagna, poco dopo l’ora di pranzo? In giro non c’è nessuno, la natura splende nella sua possanza primaverile o estiva, e gli unici suoni che si sentono sono quelli di grilli, cicale o degli uccelli.
Se vi fermate un istante avrete subito la sensazione di essere osservati, anche se attorno a voi non ci sono altro che alberi e fiori.
Il caldo aumenta la sensazione di disagio, tanto da farvi desiderare di essere altrove, magari in un posto chiuso, al sicuro.

Pan (Peter Paul Rubens), un'altra creatura del meriggio.

Pan (Peter Paul Rubens), un’altra creatura del meriggio.

Ci sono luoghi apparentemente bucolici che sembrano saltellare allegramente dal trasmettere una sensazione di pace al generare un crescente turbamento.
Penso ai campi assolati, ai sentieri campestri, alle sponde di certi laghi, dove a volte pare perfino di sentire gli echi di epoche passate e remotissime…
Non occorre nemmeno andare lontano. A volte basta spostarsi sul Lago di Como o in Valsassina, almeno per quel che riguarda il sottoscritto. Sono luoghi che frequento fin da bambino, e che da allora mi comunicano emozioni alterne, spesso contrastanti. Ma che, lo devo ammettere, sono soprattutto grandi fonti d’ispirazione.
Del resto racconti come Bagliori da Fomalhaut e La Corte di Paracelso sono le prove inconfutabili su quanto il meriggio “bucolico” ispiri i miei racconti del terrore più riusciti…

meriggio

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