I due film cult che meglio permettono di respirare l'atmosfera degli inizi sono “Style Wars”[1] di Tony Silver e Henry Chalfant, del 1983, e “Wild Style”[2], diretto da Charlie Ahearn nel 1983.
Il primo è un documentario che presenta la scena newyorchese degli anni ’70 ed ’80, il mondo della strada, dell’Hip hop, della breakdance e dei graffiti (si possono vedere luoghi “sacri” come la writer’s bench, l’azione nella subway, la battaglia tra “graffiti artists” e “graffiti bombers”, moltissime riprese di treni dipinti, fino a riprese originali delle prime mostre ufficiali), tramite interviste a protagonisti quali Dondi, Lee, Seen, Iz the Wiz, Daze, Kase 2, Zephyr, Dust, Crash, Tracy 168, il gruppo United Artists, nonché ad alcuni
dirigenti della MTA, al sindaco Koch e a cittadini (si percepisce perfettamente la lotta tra
le due “fazioni”: autorità e gente comune da una parte, writer dall’altra, messi a confronto in un virtuale dialogo); il nome si ispira a un omonimo pezzo top-to-bottom di NOC e si riferisce anche alle battaglie di stile intraprese nel campo dei graffiti o della danza per determinare i king.
Nella seconda pellicola il protagonista Raymond, nome d’arte Zoro (interpretato dal writer Lee Quinones), si muove in un ambiente dove writing, rap e breakdance sono a stretto contatto, cercando di uscire dal ghetto tramite il suo talento artistico. Anche in questo caso troviamo immagini dei treni dipinti e degli edifici ridotti in macerie nel Bronx, le lotte di stile tra breaker e djs, con parti molto lunghe dedicate al mondo musicale, il punto di vista della “gente comune” contraria ai graffiti (incarnato dal fratello di Zoro), e un primo interessamento all’opera dei writer da parte di collezionisti, gallerie e giornalisti. Entrambe le pellicole aiutano a creare un immaginario, a fondare il movimento Hip-hop e sono considerate essenziali per conoscere il mondo dei graffiti old-school, anche oltreoceano.