il tenente colombo (1)

La prima volta che ho incontrato il tenente Colombo era in un supermercato. Non è un posto strano, dopo tutto. Strano era che lui stesse rubando un pezzo di parmigiano e se lo fosse infilato in tasca. Quel giorno non sapevo ancora che lui fosse lui. Mi avevano semplicemente indicato un uomo di spalle con il compito di controllarlo, avevano notato in lui qualcosa di strano ma non potevano essere sicuri che avesse davvero intenzione di rubare. Perciò l'ho semplicemente seguito. Quando è arrivato alla cassa ci ha posato sopra una spugna da bagno e una saponetta da poco. Tutto qua? Gli ho chiesto. Mi ha guardata stringendo un po' gli occhi – sì. Direi di sì.
Ha pagato la spugnetta e si è diretto verso l'uscita. A quel punto l'ho pregato di seguirmi, siamo andati nel retro, nella sala destinata alle perquisizioni. Gli ho chiesto di mostrarmi il contenuto delle tasche. Ci ha pensato un attimo, poi ha estratto il parmigiano.
Parmigiano- ha detto.
Una cosa che non è stata pagata alla cassa – gli ho chiesto.
No. in effetti è una cosa che non è stata pagata alla cassa. Ha risposto.
E perché?
Costava troppo, ma non potevo farme a meno. Mi serve per delle indagini.
Capisco – gli ho detto – tuttavia, lei sa meglio di me che gli oggetti presenti negli scaffali e nei reparti frigoriferi, così come i surgelati e la frutta, non sono qui per uscire alla chetichella. Devono essere pagati, prima.
Ha sorriso. Il fatto è che a volte è necessario contravvenire alle regole, non so se lei è in grado di capire. Ci sono cose che non posso essere del tutto spiegate, vanno prese così, sulla fiducia. Capisce? - ha aggiunto.
Devo purtroppo chiederle le sue generalità – gli ho detto.
Sono il tenente Colombo.
Lei è il tenente Colombo? . Gli ho chiesto.
Sì, sono io in persona. Controlli pure, se vuole. A quel punto si è tolot l'occhio di vetro e me l'ha mostrato sul palmo della mano. Sapevo che era un giochetto che gli piaceva fare. Non si vergognava per iente di avere un occhio solo, anzi, era una cosa di cui andava fiero.
Ero imbarazzata, per via di quella realtà, stringente. Non sapevo bene cosa dire. Avrei voluto lasciarlo andare ma come potevo farlo senza rischiare la connivenza?
Sotto voce gli ho detto – Tenente, mi faccia il favore di rimettere il parmigiano dove l'ha trovato. Per questa volta chiuderemo un occhio.
Ho detto precisamente così, rendendomi conto solo un attimo dopo di aver detto una cosa del tutto sbagliata.
Lui non si è opposto, ha sorriso, si è rimesso l'occhio al suo posto ed è andato a rimettere il parmigiano nel reparto latticini. L'ho seguito ancora, l'ho scortato all'uscita. Fuori faceva freddo e lui teneva le mani in tasca. Non avevo voglia di lascairlo andare. Non capita tutti i giorni di incontrare il tenente Colombo in persona. Perciò gli ho chiesto se potevo accompagnarlo dove era diretto. Lui ha detto che sì, ma non per molto, perché era in missione.
Ho sempre amato le sue avventure - gli ho detto – mi dispiace per quello che è successo poco fa, ma non potevo comportarmi diversamente. Avrei rischiato il licenziamento, capisce.
Lui ha sorriso, mi ha detto di lasciar perdere le scuse, che al limite potevo offrirgliun caffè. Così siamo entrati in un bar, ci siamo seduti e io ho chiesto due caffè. Lui si è chinato verso di me e mi ha chiesto – li fanno qui, i caffè con la schiumina?
Non so- gli ho detto. Questo è un bar qualunque. Non sempre i bar sono in grado di fare caffè con la schiumina. Posso chiedere.
Le sarei molto grato se chiedesse, mi piacerebbe molto bere un caffè di quelli con la schiumina.
Allora sono tornata al bancone e ho chiesto se per favore era possibile che i due caffè che avevo appena ordinato avessero la schiumina. Il barista ha annuito, come quando si dà ragione ai bambini e ho capito che non era il caso di insistere.
Il tavolo dove eravamo seduti, Colombo e io, era in un angolo del bar, abbastanza riparato, per questo nessuno l'ha riconosciuto. Quando sono arrivati i caffè, lui ha messo due bustine di zucchero, l'ha girato e poi l'ha bevuto tutto d'un fiato. Come una medicina. Senza degustarlo.
Gli ho chiesto se ne voleva un altro, ha fatto segno di sì. Allora ho ordinato un altro caffè, solo per lui.
Che tipo di indagini sta facendo? - gli ho chiesto.
Sto indagando su di lei – mi ha risposto.
Su di me, sta scherzando? - gli ho detto. No no- mi ha risposto – mi rendo conto che lei è l'ultima persona che dovrebbe essere messa al corrente di queste indagini, ma è stata talmente gentile, non mi sembrava giusto tenerla all'oscuro, dopotutto si è dimostrata premurosa con me.
E perché? - gli ho chiesto- cosa posso aver fatto, che meriti delle indagini.
È possibile che lei abbia ucciso un uomo, ieri sera, verso le sei.
Ero a casa ieri sera, con mio figlio e mio marito. C'era anche una mia amica che è venuta a riprendersi un film. Non posso aver ucciso nessuno.
Può darsi che mi sbagli – ha detto il tenente – può darsi che non si tratti di ieri sera ma dell'altro ieri sera. Capisco – gli ho detto io – ma anche l'altro ieri sera io non ho ucciso nessun uomo perché ero molto impegnata, ero a lavorare, ho lavorato fino alle nove. Non è proprio possibile che io abbia ucciso un uomo l'altro ieri sera. L'unico giorno in cui avrei potuto uccidere qualcuno sarebbe stato sabato scorso, che ho avuto un giorno di pausa e sono stata sola tutto il pomeriggio. Sabato scorso avrei avuto potuto, ma da domenica in poi, fino ad oggi niente.
No no – ha detto il tenente Colombo – non può essere passato così tanto tempo, capisce, al massimo uno o due giorni, non di più- mi avvisano subito, quando c'è un assassinio, non farebbero mai passare una settimana prima di mettermi in moto. Sono io il primo che chiamano, mi avvisano con una certa rapidità. Prima che le prove si inquinino.
Capisco – ho risposto – desidera un altro caffè?
Perché no - ha risposto il tenente Colombo – vuole rivedere il mio occhio? È divertente questo giochino, lo uso anche con i miei nipoti, quando piangono, per farli ridere, o anche viceversa, quando ridono, li faccio piangere. La ringrazio – è veramente divertente, ma per adesso può bastare.- ho detto io. Lui ha detto che lo stupiva, perché di solito le persone non si stancano tanto facilmente di guardare quell'occhio che diventa una biglia sul palmo della mano. E' una marcia in più, non so se si può capire. Una cosa che mi ha portato molta fortuna, soprattutto all'inizio della mia carriera. La gente è più diponibile se gli mostri i tuoi lati deboli, e questa era, per così dire, il mio accesso preferenziale alle coscienze delle persone.
Preferenziale, aveva detto.
La verità, aveva aggiunto, è che non sono sicuro che lei sia la persona che sto cercando. Voi cinesi siete tutti uguali, capisce?
Non so, non mi sembra che siamo tutti uguali, è solo una questione di abitudine - gli ho detto. Era simpatico, nel suo modo di dire le cose, anche quest'ultima considerazione, avrebbe potuto offendere, ma non era per niente offensiva, non usciva come una cosa offensiva, anzi. Non so se mi sono spiegata nel modo giusto, perché a volte non è così facile essere capiti.
Comunque è stato in quel momento che ho capito che era il caso di lasciarlo andare, che non potevo farlo.certo, lui era il tenente Colombo, ma non aveva le idee chiare. Gli ho chiesto se cercava una cinese.
Ha detto di sì. Ha detto – sì, è una cinese, che cerco. È proprio una cinese. Come lei.
Sembrava scoraggiato, tutta l'allegria di prima era calata giù. Il barista era venuto a ritirare le nostre tazzine di caffè vuote, l'aveva guardato per un attimo ma non l'aveva riconosciuto, l'aveva guardato solo per vedere chi avesse ordinato tre caffè uno di seguito all'altro, per curiosità di quello e basta. Sono troppi anni che nessuno sente parlare di me – aveva detto, quando il barista era tornato al bancone – così non riesco più a svolgere il mio lavoro, capisce? Non riesco più a fare le mie indagini come dovrei. E' una situazione molto compromessa.
Compromessa ? - gli ho chiesto se potevo aiutarlo in qualche modo, lui ha risposto sì, poi subito dopo ha abbassato lo sguardo – Ma invece non credo- ha aggiunto.
Vuole venire a casa mia? -gli ho detto – non è per niente lontana, non si deve camminare molto.
Verrei- ha risposto- solo per questa sera, per mettere a fuoco le indagini.
Per questa ragione l'ho invitato a casa mia, non aveva niente con sé, a parte la borsa con dentro le sue cose personali come il pigiama e un quaderno. E la spugna e la saponetta che aveva comprato al supermercato nel quale lavoro, che ha lasciato nel bagno. Una persona davvero molto per bene.
L'abbiamo alloggiato nella stanza degli asciugamani, perché lì c'è un letto che si tiene per gli ospiti, per quando qualcuno è appena arrivato e non ha ancora trovato una casa. Molte persone hanno dormito nella stanza degli asciugamani, anche persone che non erano nostre parenti ma solo conoscenti di persone che si conoscevano. Perché mio marito conosce molte persone, e molte persone hanno il nostro numero di telefono. Chiamano al ristorante e chiedono se per caso c'è la possibilità di dare aiuto. In molti modi, non solo in forma di aiuto in soldi. Qualche mese fa abbiamo tenuto un bambino. Mio figlio anche se ha solo dieci anni lo portava con sé, lo accompagnava al parco e lo faceva giocare. Mio figlio si chiama Guang, vuol dire luce.
Come ho detto ha dieci anni.
Il tenente Colombo ha dormino da noi per molte notti, prima di partire. E'sempre rimasto tranquillo. Scriveva delle cose sul suo quaderno e faceva molte domande. Ha fatto vedere a Guang il suo giochino dell'occhio, ma Guang non rideva e non piangeva. Forse non capiva che si trattava di uno scherzo. Il tenente Colombo era molto educato e mangiava tutto dall'inizio fino alla fine.
Molte volte era avvilito per via delle sue indagini che a quanto ci diceva non andavano da nessuna parte.
Qualche sera lui invitava mio figlio nella stanza degli asciugamani e gli spiegava la situazione.
Da quello che poi mio figlio ci ha detto, la situazione era che cercava una donna cinese, che forse mi somigliava per gli occhi.Ma forse non stava cercando davvero nessuno perché neanche lui aveva potuto dire perché la cercava.
Nessuno gli telefonava, nessuno lo cercava. Le sue indagini erano solo nel suo quaderno.
Qualche volta sembrava triste, di non saper dire niente, per colpa della confuzione che si era messo in testa, essendo in un paese straniero dentro una storia di cui non sapeva le abitudini.
L'unica cosa che lo rallegrava molto era il caffé. Lo andava sempre a prendere nel bar sotto casa. Anche per quello gli lasciavamo sempre i soldi sul tavolo, prima di uscire, per non creare imbarazzo. A parte il caffè non c'era niente che gli piacesse tanto. Non guardava neanche la televisione.
Stava sempre sul suo quaderno. Di suo aveva portato solo la spugna e la saponetta che teneva in bagno. Nella sua borsa non aveva molte altre cose. Solo i vestiti del tenete Colombo e un cappello che aveva comprato a Berlino, una volta che ci era andato per motivi di indagini. A quanto aveva detto a Guang.

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