Attraverso un’intuizione l’immagine si connette e si rende visibile, l’esterno e l’analizzabile rimangono fissi nell’inconscio e in questo caso solo la realtà è nemica.
Sempre più veloce l’immagine corre, trattenendo tutto ciò che fino a qui si era vagliato.
L’estrema velocità porta alla dissoluzione dei confini, distruggendo l’effettiva corporeità della forma; l’accelerazione crea disordine, così principi inamovibili si infrangono. All’interno di condizioni simili una singola linea non trova spazio quindi si spezza, si riduce. L’unica giustificazione spetta di diritto all’evidenza delle cose, alla loro reale fattezza, le quali non possono sorreggere l’impegno. La realtà sproloquia così, casi di eloquente ipocrisia, ingrassando la fiducia con ignobili banchetti di speranze non sense.
Scoprire con giudizio che tutto ciò che fino a prima si pensava di essere non lo è più; in un momento tutto questo cambia, si rielabora, nutrendosi di una variata moltitudine di sensazioni.
La ricerca affannosa di una verità su tutte non permane; è come una scalata infinita.
In questo caso ci si arrende ma l’abbandono alla coscienza è un punto d’inizio con il quale possiamo riempire l’animo, il nostro corpo è svuotato da immagini troppo nitide e veloci.
Fermarsi ora ad osservare un punto lontano non può essere una spiacevole perdita di tempo e nemmeno un lusso, dovrebbe essere una condizione dedita ai più.