Negli ultimi tempi molte personalità del mondo del arte e non, osservando sovente con ammirazione e stupore le mie opere d’arte esoriniste, mi hanno spinto, probabilmente a ragione, a scrivere un breve saggio esplicativo che possa rendere, a loro e ai posteri, meno criptiche le suddette opere pittoriche. Alcuni addirittura incentrano tutto il loro interesse su quelle piccole figure sparse qua e là per il dipinto; e che alcuni chiamano icone, altri geroglifici. Innanzitutto come già scrissi in altri articoli, la mia arte da me stesso definita esorinista, non è altro che un mio personale surrealismo (alcuni detrattori a torto lo definiscono invece una sterile astrazione), il quale oltre ad essere una mera rappresentazione, contiene ben determinati significati latenti: alcuni svelabili, altri non svelabili a causa della loro ineffabilità. Coloro che chiamano geroglifici quelle piccole figure di color nero, che volando nell’aere o che giacendo su un fantomatico suolo “terreste” guardano chissà chi o che cosa, hanno colto in parte il loro motivo della loro presenza nel relativo dipinto di cui fanno parte. Ma andiamo per ordine. Per far comprendere, o almeno spero, un minimo la mia arte, utilizzerò come esempio una delle mie ultime opere pubblicate, realizzata tra il maggio-giugno 2017, e da molti ritenuta tra le più emblematiche. Per completezza spiegherò anche il mio modus operandi creativo (dato che qualche volta mi è stato domandato), il quale è bene premettere, non solo è rigido, ma anzi lo definirei dogmatico, avendo raggiunto grazie ad esso una perfetta organizzazione creativa. Il titolo dell’opera che come esempio aiuterà il lettore nella comprensione dell’arte esorinista è Donna famosa spiata dai paparazzi sulla spiaggia di Long Beach.
Prima di tutto alcune caratteristiche tecniche. Come tutte le opere esoriniste create negli ultimi 4/5 anni, è stata realizzata usando colori acrilici ed inchiostro, su un supporto di tela di dimensioni modeste 50 centimetri di larghezza per 70 centimetri di altezza. Ed ecco la genesi del dipinto. A differenza di altri artisti, i quali già prima di iniziare a dipingere sanno come si intitolerà l’opera, quale sarà il suo significato e, di conseguenza compiono numerosi schizzi preparatori i quali però poi possono qualche rara volta venire totalmente rigettati in fase d’opera; il mio metodo è invece la totale improvvisazione. Nessuno schizzo o idea iniziale. La dimensione dell’opera, i colori, le forme e i personaggi, sono all’inizio a me totalmente ignoti. A dire la verità non mi interessa minimamente conoscere in anticipo alcunché dell’opera che sono in procinto di realizzare. Infatti se già all’inizio conoscessi tutti o in parte questi fattori, la creazione artistica diventerebbe per me totalmente inutile e noiosa. Inoltre risulterebbe bloccata e insipida. Come un bravo attore deve saper improvvisare una parte a lui inedita, così dove essere l’artista. Almeno questo è il mio pensiero. L’ispirazione per me non è momentanea o sfuggevole. Per me l’ispirazione è costante. Con ciò voglio dire che è sempre presente dentro me stesso: ciò che conta è il quando, il dove e il come essa partorirà l’opera fisica. Per fisica intendo chiaramente la realizzazione pratica di un idea, la quale non è subcosciente come credono alcuni, ma è insita nel mio essere archetipo discendente dall’unico archetipo primordiale, che come causa prima, è agente proprio nelle mie possibilità di artista. In altre parole bisogna solo attendere che l’idea ispiratrice dell’opera sia pronta per essere “partorita”, o per meglio dire, bisogna che l’idea archetipo sia matura come un frutto per essere degustata in pieno. Quando mi accingo ad iniziare un opera conosco solo con certezza che per essere completa, dovrà raffigurare alcune parti “fisse” ed obbligatorie, il cui significato filosofico-metafisico/religioso avrò modo di spiegare in seguito. E’ solo procedendo nella realizzazione dell’opera che arrivo alla conoscenza (spesso anche solo parziale), alla consapevolezza del suo significato e del titolo che le dovrò dare. Il titolo. Già. Per me il titolo è di fondamentale importanza. E’ spesso l’”elemento” chiave di maggior difficoltà, in quanto il titolo, per essere un vero titolo, deve dire ma e soprattutto non dire. Ma ritorniamo all’immagine del dipinto. Iniziamo a descriverla. Una figura color verde smeraldo scuro e bianco sporco, variamente sagomata, giace all’incirca nella metà dell’opera. La figura è inoltre circondata da 6 geroglifici (li chiamerò così d’ora in poi) mentre un settimo è posto nel mezzo della figura. Sorvolerò per il momento circa lo sfondo. Né parlerò più avanti. Vedendo la figura, immediatamente alcuni osservatori senza ritegno esclameranno con tono perentorio, per non dire accusatorio: “ed ecco una ennesima figura, sicuramente femminile, orribilmente deformata, stuprata, vilipesa nella sua reale bellezza per essere trasformata in un perverso obbrobrio totale!
Il peggio è che non bastavano gli scempi di Picasso, ora abbiamo a che fare con un suo seguace!” Sbagliato! La deformazione c’è. E’ innegabile. Ad un occhio attento le figure picassiane, soprattutto le bagnanti degli anni 1930-40, sono certamente deformazioni di corpi umani, spesso femminili, ma è sola deformazione. Le figure picassiane sono complete di tutte le membra umane, sebbene siano molto deformate. Le mie deformazioni sono quasi sempre totalmente libere: non tengono conto che ci sia o non ci sia un dato membro o parte anatomica. Inoltre le deformazioni possono riguardare uomini, donne, animali, etc. indistintamente. Questo per chiarire o meglio confutare le possibili teorie psicologiche riguardanti misoginia o altre pseudo teorie che con la creazione artistica non c’entrano nulla, essendo l’arte, secondo il mio parere, un attività oltre l’ego psichico, ossia una attività totalmente intellettuale, e quindi di una parte dell’ente umano non facente parte del campo di studi della scienza psicologica. Ma perché deformare una donna, sempre che lo sia, e non raffigurarla in modo naturalistico? Il motivo è semplicissimo. Prima di tutto confermo che la figura è una bagnante vestita del solo costume da bagno mentre prende il sole. Essa è stata deformata perché lo scopo della rappresentazione non è mostrare i lineamenti belli o brutti di una donna, o di farla riconoscere a qualcuno, ma di mostrare una delle innumerevoli possibilità di rappresentazione di un ente, in questo caso una bagnante. Molti mi ripeteranno: è brutta, orripilante per non dire disgustosa. E’ un offesa al genere umano e soprattutto al genere femminile. Posso concordare in parte con loro, tranne per il fatto che possa essere un offesa. Quanti esseri realmente esistenti (tanto per fare un esempio: alcuni animali senza citarli uno ad uno), a molti fanno schifo se non ribrezzo per la loro fisionomia? Se il Creatore a cui io credo, o il caso come credono alcuni altri li ha creati così, certamente perché devono svolgere una loro data funzione nella grande macchina dell’universo; perché mai una bagnante non può essere artisticamente così raffigurata? Passiamo ai colori con cui é dipinta la bagnante: verde smeraldo e bianco. I colori, tranne quelli dello sfondo, non hanno alcun significato o motivo recondito per essere stati scelti: o per meglio dire, il mio occhio in quel momento li ha scelti per essere utilizzati in quel modo. Anche in questo caso i sostenitori delle teorie psicoanalitiche potrebbero scrivere fiumi ed oceani di parole, le quali, che siano di validità scientifica/artistica o no, in questo non discuto, non mi interessano minimamente al momento. Forse un giorno scriverò un saggio specifico riguardante il mio personale utilizzo delle tinte cromatiche. Ed ora esaminiamo i fantomatici “geroglifici”. Devo ammetterlo: queste eccentriche figure, sono il vero mistero dell’opera. Spesso molti osservandoli mi pongono delle domande del tipo: Come vengano realizzate? Cosa significano? Perché sono presenti? o meglio quale funzione hanno nell’economia dell’opera? Altri addirittura, i quali si reputano grandi conoscitori della storia dell’arte, non chiedono neanche; ma con sicurezza direi matematica espongono il seguente (per loro) assioma: ed ecco un mironiano (ossia un seguace di Juan Mirò) e i suoi giocosi ed infantili pupazzi dipinti. Confutiamo questo “assioma” andando con ordine inverso…
Non posso negare che Mirò (come molti altri artisti del passato più o meno grandi) è un artista che mi ha influenzato. Non lo negherò mai. Tutti sanno che gli artisti sono influenzati da altri artisti, basti pensare al debito dei cubisti verso le opere, soprattutto quelle degli ultimi anni, del maestro di Aix en Provence.
Ma paragonare la mia arte con quella del primo Mirò è non poco riduttivo e soprattutto erroneo. Certamente anche Mirò fu, come tutti sanno, un artista surrealista. Il suo surrealismo però non possedeva il grado simbolico che la mia arte propone. L’arte di Mirò è più tendente al puro “gioco”, scivolando sempre di più verso l’astrazione. La mia arte invece è simbolica e tenderà sempre più ad esso. Sento già il lettore mormorare: costui pensa di essere più grande di Mirò! Niente di più forviante. Come ho già spiegato tra l’arte di Mirò e la mia c’è una notevole differenza. E non sarò di certo io a giudicare quale è la migliore ritenendo queste due differenti ricerche artistiche entrambe ugualmente valide. E allora perché la mia arte è influenzata, seppur minimamente occorre dirlo, da quella di Mirò? Mistero. Neanche io posso spiegarlo. E a dire la verità non mi interessa per niente soffermarmi su queste questioni. Lasciamo un po’ da scrivere a coloro che dedicano la loro vita a questi problemi di “figliolanza” artistica. Sempre che ne traggano come si suole dire “un ragno dal bugno”. Ritorniamo alle figure in sé. Tecnicamente queste figure, spesso di piccole dimensioni (pochi cm), sono disegnate utilizzando inchiostro, quasi sempre nero, e vari strumenti quali: righelli, squadre, cerchio metri, curvilinei e non da meno l’insostituibile mano libera. Anche per queste figure non vengono elaborati schizzi o bozzetti perché, come dissi all’inizio, tutto è improvvisato. Non mi stancherò mai di ripeterlo. Perché sono solo di colore nero e non per esempio di color rosso? Semplicemente per un fattore tecnico. Non toglie però che in futuro possano essere presenti altri colori, come poi si possono già vedere in un’altra mia opera di qualche tempo fa intitolata : “il gallo d’oro”. Ed ecco il dilemma: cosa significano questi stravaganti geroglifici? Premetto che, secondo il mio pensiero, tutto ha un significato. Persino una macchia ha un significato che può essere più o meno conoscibile. Già il suo essere in quanto esistere ha un significato. Ora tornando ai misteriosi geroglifici, tutti hanno un significato, che può essere svelabile oppure non svelabile. Qual è la linea di demarcazione tra lo svelare, ossia far conoscere e il non svelare ossia il non conoscere? Semplicemente è un fattore intellettuale. Prendiamo per esempio un semplicissimo simbolo da tutti conosciuto: il numero arabo, o meglio numero indiano 2. Tutti sappiamo cosa significa. Ma quanti sanno perché il numero due ha quella forma tenendo conto del suo significato? Penso nessuno o pochissime persone. Probabilmente solo i profondi conoscitori dell’induismo. E che dire di altre civiltà, per esempio quella romana, dove il numero due è indicato con II. Molti diranno ma è semplice: con I indico uno, con II indico due volte I. Giusto. Ci sarebbe però da chiedersi perché il numero uno fu simbolizzato dall’antico popolo romano con I. Perché invece di I non [ o addirittura \? Si potrebbe ora continuare la questione con un lunga ed estenuante dissertazione sulla grafia o meglio sulla semiotica, ma ciò non rientra nel tema di questo saggio. Il motivo per il quale sono arrivato a scrivere tutto ciò è che i geroglifici presenti nelle mie opere sono spesso di significato talmente latente, che spesso neanche il sottoscritto può svelare il loro intero significato a causa della ineffabilità di questi.
Tutto ciò riguarda l’oggi. Non è detto però che nel futuro anche prossimo, non si possa arrivare alla loro parziale o totale conoscenza. Per farla breve io reputo questi geroglifici dei possibili archetipi di origine “Primordiale”. Per primordiale intendo di origine “Prima” ossia di Causa Prima: vedi la Causa Efficiente di Aristotele. Circa la questione della loro presenza e del loro peso nell’opera c’è da dire che come il loro significato è latente, anche la loro presenza ha motivazione “occulta”. Devo precisare però che qualche volta riesco a comprendere il loro significato, o almeno una parte di esso, ma che a causa della loro complessità non potrei esprimerlo chiaramente in poche righe o parole, con il grande pericolo di non essere totalmente compreso. Tutto il discorso fin qui riguarda però solamente quei sette geroglifici che circondano la figura deformata. Un caso parte riguarda invece quegli altri due geroglifici che sono costantemente presenti nelle mie opere oramai da anni: ossia il triangolo nell’angolo in alto a destra dell’opera e, l’ovale pieno nell’angolo in basso a sinistra. Partiamo dal triangolo. Il triangolo contiene nella sua area una circonferenza e una croce detta a tre dimensioni la quale deborda un poco oltre la circonferenza. Sul braccio verticale della croce è presente una minuscola asola visibile solo da vicinissimo. Il significato di tutto ciò? Il triangolo in questione ha molteplici significati. Ne esporrò per brevità solamente due, quelli che ritengo più importanti e di più facile comprensione. 1°significato Esistenza: l’Ente Superiore esistente con il suo Verbo, ossia il suo Infinito Intelletto contenente una indefinita quantità di archetipi i quali, in parte, sempre grazie al suddetto Verbo, costituiscono il tutto dell’universo creato: compresa l’opera dove è rappresentato. In parole povere l’opera esiste grazie alla creazione del Verbo che l’ha resa possibile tramite gli archetipi da Lui creati per un fine solo a Lui conosciuto. 2°significato Provvidenza: lo stesso Ente Superiore provvede al “mantenimento” degli archetipi che costituiscono il tutto dell’universo, e quindi anche l’opera dove è rappresentato, grazie alla sua con la sua infinita bontà. Ed ora l’ovale L’ovale è totalmente riempito al suo interno dal colore nero. Anche questo geroglifico possiede numerosi significati. Ne esporrò uno solamente: il più semplice ed immediato. L’ovale rappresenta l’abisso. Con abisso qui si intende l’archetipo non ancora conosciuto o meglio che non si è ancora manifestato e che non è detto che il Verbo lo manifesterà. Per non conosciuto ci si riferisce all’archetipo proprio non ancora manifestato in forma sia intellettuale e visibile o solo intellettuale; ma ci si può riferire in parte anche a quegli archetipi che pur essendo manifestati, di loro non si conosce che una parte della loro essenza in quanto non totalmente compiuti. Con questo ragionamento si può rispondere all’interrogativo: perché rappresentare l’abisso con un ovale? L’ovale non deve essere comunemente inteso come un cerchio geometricamente schiacciato o allungato, ma deve essere inteso come un cerchio ancora non perfettamente compiuto: ossia un ovale che forse potrà divenire cerchio (se l’Ente creatore lo vorrà), cosi come un archetipo potrà essere perfettamente compiuto quando si sarà manifestato in tutti i sensi; senso esistenziale e conoscitivo. Per quanto riguarda i geroglifici ritengo di aver detto abbastanza.
Un'altra osservazione che mi viene spesso fatta è la presenza costante e secondo alcuni ripetitiva, del medesimo tipo di sfondo: una semplice spiaggia. Non posso negare che in alcuni dipinti lo sfondo possa rappresentare anche una spiaggia (come per esempio nell’opera in questione), ma il motivo per cui quasi in ogni dipinto ci sia questo stesso tipo di sfondo non è per mancanza di fantasia o ispirazione, ma per un mero fatto simbolico. Infatti la parte inferiore, spesso dipinta con i colori bronzo,rame, oro etc, rappresenta non solo una spiaggia in quanto semplice paesaggio marino, ma vuole intendere il suolo nel senso universale di terra o parte “bassa”. Di concerto la parte superiore, quasi sempre dipinta con i colori azzurro o blu, rappresenta non solo il mare e/o il cielo in quanto volta celeste, ma vuole intendere il cielo nel più vasto senso di parte “alta”. Quindi i significati di terra (parte bassa) e di cielo (parte alta) hanno non solo il semplice senso naturale-materiale comunemente attribuito, ma una più elevata concezione universale dove: Il cielo è la parte alta che simboleggia la virtù attiva dell’Essere in quanto Ente Supremo Creatore dal quale discende ogni manifestazione dell’Essere esistente; mentre la terra è la parte bassa che discende per creazione dalla virtù attiva dell’Essere simboleggiata dal cielo, e che viene mantenuta o meglio alimentata dalla continua linfa vitale dello stesso Essere esistente. In altre parole il cielo è la sede della Causa da cui deriva l’idea o concetto di un ente. La terra è invece la sede dell’effetto dell’idea o concetto manifestato, che può essere visibile o nascosto. Questa simbologia in parte si riallaccia con i geroglifici del triangolo e dell’ovale. Si noti infatti che il primo è in alto mentre il secondo è in basso proprio per questo motivo. Spero di aver chiarito totalmente o almeno in parte la parte prettamente figurativa dell’opera. Non mi rimane che spiegare il motivo della scelta del titolo: “Donna famosa spiata dai paparazzi sulla spiaggia di Long Beach” Come forse ho già detto all’inizio di questo saggio, la scelta del titolo è spesso la parte che più complessa dell’intera opera. Ritengo che la scelta del titolo debba richiedere un attenta riflessione e che non debba essere un semplice enunciato senza senso, per non dire un inutile accozzaglia di parole. Ritengo più serio denominare un’opera con il semplice senza titolo. Tralasciando tutto il lungo processo di composizione, il quale richiederebbe un saggio apposito che forse un giorno scriverò, ritorniamo al titolo dell’opera in questione: Donna famosa spiata dai paparazzi sulla spiaggia di Long Beach. Il titolo enuncia chiaramente la scena: un donna famosa, una diva in costume da bagno, è osservata senza che lei se ne renda conto, da “fotografi e/o giornalisti scandalistici”. Lei pensa di essere sola. Ma in realtà non lo è. Semplicissimo. Ma in realtà questo è solo il significato “esterno”. Passiamo ora al significato “interno”. Prima di tutto ci si può chiedere: perché una donna famosa e non un semplice donna? Semplicemente perché nel significato interno dell’opera deve essere eliminata qualsiasi differenza di importanza di classe sociale, censo e/o notorietà. Perché è osservata dai cosiddetti paparazzi? Che cosa sta facendo la diva? Perché è sulla spiaggia di Long Beach? Risponderò solamente alla prima domanda, dato che il cosa stia facendo la diva, e perché sia a Long Beach, non ha alcuna rilevanza nel significato interno dell’opera. Per chiarire sono solo degli ornamenti all’abito complessivo del significato totale dell’opera.
Prima di tutto bisognerebbe invece chiedersi: sono veramente i paparazzi che tutti conoscono?
Non potrebbe essere che questi paparazzi in realtà nascondano la loro vera identità? Questa è la sola domanda da porsi. Infatti la risposta è che questi paparazzi non sono altro che dei “poteri” travestiti appunto da paparazzi. Ma chi sono questi poteri? Sono molteplici e ognuno opera in un suo proprio piano di realtà. Ci sono i poteri di controllo materiale Ci sono i poteri di controllo spirituale Ci sono i poteri di controllo intermedi tra lo spirituale e il materiale Non giudico minimamente se questi poteri siano “buoni” o “cattivi”. Anzi per precisione ammetto di credere che in tutti questi poteri, alcuni siano “buoni”, altri “cattivi”. Inoltre stabilire chi siano i buoni e i cattivi non è spesso così semplice, e a dire la verità non posso neanche stabilirlo, non avendoli abbastanza conosciuti. So però di per certo che questi poteri che ho sopra elencato esistano, ma ciò non toglie che ne possano esistere degli ulteriori a me oggi sconosciuti. Non entro nemmeno nei dettagli di chi siano questi poteri e di come operino, in parte perché come ho già detto non li conosco ancora a fondo; ed inoltre ciò richiederebbe una lunghissima spiegazione che esula dal tema trattato in questo saggio. Il significato complessivo dell’opera è quindi questo: qualsiasi essere umano, anche se crede di essere solo perché è in un luogo solitario, in realtà è circondato da poteri di vario tipo che lo osservano spesso a sua insaputa. In altre semplici parole: l’uomo non è stato, non è e non sarà mai realmente solo. Per concludere vorrei rispondere ad un ultima domanda che non poche volte mi viene posta: il perché negli ultimi anni non firmo le opere come la maggior parte degli artisti. Per prima cosa chiarisco che tutte le mie opere sono tutte firmate. Quelle realizzate negli ultimi anni, sono tutte e ripeto tutte firmate sul retro dell’opera. I motivi sono semplicemente due: il primo è un fatto puramente estetico. Penso che la presenza di una firma stoni non poco con il tipo di arte che sto attualmente realizzando. Il secondo motivo è essenzialmente riconoscitivo. Reputo deleterio riconoscere un artista tramite la sola firma che spesso può essere addirittura falsa. L’artista deve essere riconosciuto tramite il suo stile che deve essere personalissimo per non dire unico. Reputo la firma un inutile orpello. La firma può comunque essere ugualmente e validamente presente anche sul retro dell’opera. Ringrazio il lettore del tempo che ha dedicato alla lettura di questo breve saggio esplicativo, sperando di avergli fatto cosa grata e di averlo arricchito in qualche modo.
Carloluigi Colombo 26 -28 giugno 2017