Il merito e la meritocrazia: il cancro da estirpare per curare i talenti.

L'interconnessione sembra creare un mondo di pluralismo dei linguaggi dell'arte, un minestrone globale secondo Duccio Canestrini, questo pluralismo apparente di linguaggi diffusi, privo di una reale dialettica "connettiva" tra artisti, rischia di creare indifferenza nei confronti dei linguaggi dell'arte e negli stessi artisti indifferenza nei confronto delle loro azioni e delle loro scelte gestuali artistiche.
Sembra non avere più importanza l'opzione e la scelta linguistica dell'artista e se non si è più in grado di leggere le diverse opzioni di relazione che i linguaggi dell'arte pongono agli artisti, si avalla una naturale indifferenza verso i linguaggi dell'arte.
In uno scenario come questo, l'artista si autodetermina in maniera trasversale al suo linguaggio e si sostiene in base ai suoi solidi legami simbolico-affettivi, non dettati da moda e correnti.
Il legame simbolico affettivo è il canale, attraverso il quale, passa la resistenza del linguaggio dell'arte, è quella rete che sottrae l'arte alla pura azione e imposizione politica, che porta a ragionare su il limite della tensione della propria libertà di ricerca artistica.
Dalla relazione bisogna partire per costruire nuove istituzioni calibrate e figlie delle dinamiche di questo secolo, in grado di affrontare con i contenuti della memoria e dell'identità, le sfide del secolo dei social network e delle applicazioni.

Social network e applicazioni, potrebbero consegnarci un accentuato, individualistico e consumistico artista; per bilanciare questa figura "emergente", dalla viralità del marketing costruito, serve una rete infrastrutturale e dialettica tra artisti, fatta dai loro linguaggi nel nome della libertà di ricerca artistica.
Questo secolo vedrà una progressiva perdita di senso di Gallerie e Musei d'arte contemporanea, rischieranno il fallimento e l'autodistruzione, ma il linguaggio dell'arte resisterà a tutto questo, e il linguaggio d'artista, non potrà fingere di non considerare che la sua stessa specializzazione rischia di essere esclusiva e di escludere, anche i suoi affetti, dal suo campo di ricerca, altrimenti nel nome della retorica degli "addetti ai lavori" dell'arte per l'arte finalizzata al mercato, si rischia di avere artisti che controllino socialmente e culturalmente se stessi nel loro "interesse".
Ricordo i miei tempi di formazione artistica all'Accademia di Napoli, ragionavo sull'ingiustizia di una formazione altamente specializzata in un territorio che nel nome del merito dettato dal mercato era naturalmente predisposto a debellarla, oggi se è possibile, con il nuove secolo, il prospetto è peggiorato; la società tutta sta perdendo la sua efficacia formativa.
Nella pratica non può più esistere un formatore artistico, in grado di sapere cosa sia realmente la struttura del linguaggio dell'artista che verrà.
Un dato di fatto però sul quale muoversi c'è, l'informazione è la nuova forza motrice produttiva di un artista, lo strumento a suo disposizione per riappropriarsi del senso del suo linguaggio e della sua figura e forma sociale.
Il merito e la meritocrazia sono il cancro da estirpare dal secolo passato, i diversi talenti hanno come unico merito la perseveranza dell'essere.

 

Mimmo Di Caterino

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