Silenzio: Parla Daniele Radini Tedeschi, Curatore della Triennale di Roma in rotta per la Biennale di Venezia.
Il conte Daniele Radini Tedeschi, storico dell'arte, critico e curatore, è nato a Roma e si è laureato in Storia dell'arte moderna all'Università degli Studi di Roma “La Sapienza” discutendo la tesi dal titolo L'estetica del simile e del peggiore nella pittura del Seicento. Da anni si occupa di estetica barocca e rinascimentale, in particolare dei rapporti tra arte, religione e società.
Attualmente è stato nominato, nell'ambito della 56º Edizione della Biennale di Venezia, Direttore del Padiglione Nazionale Guatemala dal Ministero della Cultura Guatemaltese.
Ha pubblicato rilevanti contributi sul Caravaggio, del quale è uno dei massimi specialisti, tra i quali
Caravaggio. Il corpus filologico completo indagato attraverso simboli e ideali
(2012, La Rosa dei Venti; ISBN 9788898084043);
Caravaggio o della Vulgata
(2012, De Luca Editori d'Arte, ISBN 978-88-6557-080-7);
Vorrei che tu esplicassi le tue teorie sull'arte, rappresentate alla Triennale di Roma.
Triennale che ci è sembrata una esplosione all'interno del sistema e del mercato dell'arte ad ora.
Sei stato molto abile a farne oggetto mediatico pop (cosa che non accadeva da tempo), per questo sei stato molto discusso, ha fatto molto discutere sui media di massa classici, ma anche viralmente via web.
Molti artisti ed addetti ai lavori, con una formazione da "novecento", si sono indignati per scelte come quella di Marisa Laurito, avevi calcolato il forte dibattito che si è generato intorno alla tua Triennale?
Ora che l'arte torni tra la gente, come un tempo, quando Santi e Madonne erano comprensubili da tutti.
Basta con le cazzate concettuali, con i grovigli onanistici delle avanguarducce nostrane.
Termini questo tzunami di madonnari, critici velini e meteorini dell'arte.
Siamo in mutande..., che ci si svergogni del tutto!
Osanna nell'alto dei cieli.
Teorizzi un artista che si relaziona direttamente al suo pubblico e insieme a questo sviluppa e muove la sua ricerca e il suo linguaggio, insomma anteponi i grandi numeri ai piccoli numeri che a partire dal dopoguerra ad oggi, hanno determinato il mercato dell'arte, tutto questo mi trova ovviamente più che d'accordo, il problema nodale è nei valori di mercato imposti dalle case d'aste e accettati passivamente dalla pubblica amministrazione, sono un freno oggettivo allo sviluppo delle libere interazioni dei linguaggi dell'arte, non pensi?
Come si può superare questo problema di fondo?
Tu nel tuo piccolo l'hai fatto, ma come si dice, una rondine non fa primavera...
Le case d'aste sono colpevoli del clientelismo e del nepotismo diffuso, ma chi soffre di più del dominio delle aste -straniere- è l'arte antica, con la compravendita delle expertise e le indulgenze della fantomatica "libera circolazione".
Per superare il problema l'artista deve incuriosire il suo pubblico e sgrullarsi di dosso critici, galleristi e consimili mediatori.
La rabbia novecentesca del pittore verso il pubblico è utile solo ai mediatori.
Parli di morte delle avanguardie e di una estetica paradisiaca che si rivolga al pubblico e allo spettatore, quello che ti chiedo è possibile che questo stia avvenendo perché, all'ordine del mercato del novecento che si regolava su case d'aste e facoltosi collezionisti privati (che imponevano un gusto dall'alto del loro potere economico), si sta contrapponendo un ordine di un altro e nuovo potere e impero economico, quello del web 2.0, applicazioni, smartphone, social network e tutto quello che fino al secolo scorso costituiva una intermediazione tra l'artista e il pubblico e paradossalmente ne determinava l'isolamento culturale?
Con il web 2.0 sembrerebbe di intravedere uno spiraglio di luce, ma invece si tratta dell' ennesima presa per il bavero.
La ragnatela finirà col cannibalismo.
Alla Biennale di Venezia, nel mio padiglione, cercherò di risvegliare il gusto sperduto nel novecento vergognoso.
Con un gusto-stile dominante gli artisti potrebbero trovare un ausilio psichico e non solo materiale.