Preghiere d'Artista - artisti del '900 in Piemonte

 

L'inaugurazione di questa prestigiosa mostra collettiva è per il 26 OTTOBRE 2014 alle 18.30 presso la SACRA di SAN MICHELE, a Sant'Ambrogio di Torino. Tra gli interventi: Don Claudio Massimiliano Papa, Daniela Ruffino e Vittorio Sgarbi
 
 
Visionari in Piemonte
di Vittorio Sgarbi
 
Meritoria l’impresa di Concetta Leto che, a distanza di anni, approfondisce e perfe- ziona il mio remoto obiettivo di dare corpo e anima a un’ “arte segreta” (da lei perti- nentemente  evocata come l’arte Deus absconditus), risarcendo la storia lacerata e obliata del movimento “Surfanta”. L’amore più impegnativo e finora esclusivo per Lorenzo Alessandri, che del movimento fu il principale animatore, si apre a curiosi- tà finora marginali per gli artisti che gli furono vicini e che a quell’immaginario surreale e misterioso diedero volti diversi, a volte più estatici o naturalistici o onirici che esoterici.
L’esoterico è la cifra gloriosa e soddisfatta di Alessandri, come mostra il dipinto Medico condotto, pertinente  al pretesto  dell’occasione: la mostra  “Preghiere d’artista” nella tetragona e invincibile Sacra di San Michele, dove tutto pare evocare sublimi estasi visive e spirituali.
Intorno ad Alessandri vi sono i vicini, gli amici, a partire da Colombotto Rosso che si è innalzato verso più alti cieli dal romitorio di Camino Monferrato, e la cui ricerca
è sempre stata un viaggio interiore,  un percorso  dell’anima, come rivela anche l’Assunzione esposta alla Sacra di San Michele. Il più stretto compagno di vita e di idee, ancora attivo, è Abacuc, Silvano Gilardi, dotato di una tecnica perfezionatissi- ma, attraverso la quale dà consistenza di realtà ai suoi sogni, in una dimensione panica della grande madre terra, di respiro witmaniano. Tra i firmatari del primo manifesto di “Surfanta” va ricordato  Lamberto Camerini,  fedele allievo di Italo Cremona.  Al gruppo di “Surfanta” apparteneva  anche, come un giocoliere o un acrobata in un circo, Mario Molinari, fantasista anche nell’arte severa della scultura. Altro compagno di strada, appartato e solitario, è Bruno Schwab, così tecnicamente dotato, senza rinunciare alla libertà della fantasia, da dichiararsi, con finta ironia, maestro  falsario, come si vede nella composizione  in mostra.  Assai originale è anche l’esperienza di Giorgio Flis, partito realista e arrivato informale, con gusto e sensibilità, come si vede nel volto di Cristo. Tradizionalista invece, e neo quattro- centesco nella tradizione della ceramica giapponese raku, è Giulio Vigna.
Al di là degli stretti  confini  del movimento  “Surfanta”, la Leto registra  anche l’esperienza diversa e in diversi modi virtuosa, di artisti solitari, primo fra tutti Ottavio Mazzonis, spontaneamente dotato, ultimo erede della grande tradizione italiana che culmina in Tiepolo, dal quale Mazzonis sembra prendere il testimone. E, da lui, a un paesaggista arcaico e vibrante, Francesco Tabusso, che nel suo Paesaggio d’inverno fissa forse per l'ultima volta, un’ingenuità contadina.  Ma poi inizia a percorrere sentieri solitari riallacciando i fili dei compagni di strada dell’amato Alessandri.
Era accaduto anche a me, quasi per caso, di andare a cercare una pala d’altare nel Canavese, a Coassolo, oltre Lanzo torinese. E una persona gentile, cui chiedevo informazioni, mi aprì casa per mostrarmi le opere di un altro, a me sconosciuto, sodale di Alessandri: Giovanni Maciotta, la cui arte, sottile e sontuosa, è ben docu- mentata dalle esotiche Ortensie in mostra.
A partire da qui il cammino segreto della Leto indica sconosciute meraviglie, dal Dirupo di Agropoli di Raffaele Ponte Corvo, grafico vertiginoso, al San Francesco, come estratto da una cava, di Sergio Albano, allievo del romantico Gregorio Calvi di Bergolo. Ad essi si aggiungono i taccuini di viaggio di un architetto colto e sognato- re, in una Mesopotamia del cuore, Andrea Bruno, più a casa sua a Bamyan che nella Torino talebana di oggi.
Sono risarcimenti di una storia lacerata, prima che la Leto si cimenti nella proposta, spesso sorprendente, di giovani artisti di grande mestiere e originalmente visionari. Ancora nel clima di “Surfanta”, ormai evaporato in essenze, si possono registrare Davide De Agostini e Bruno Fassetta, estremi simbolisti.
Con loro, esotico e tellurico, in equilibrio fra Calandri e Tommasi Ferroni, sta un altro sognatore: Walther Jervolino.
Propriamente neosurrealisti possono essere considerati Rocco Forgione, narratore di favole, un immaginario infantile, e Marco Pauluzzo che sembra ripartire, nelle suggestioni musicali, dal poetico e dimenticato Luigi Zuccheri.
Eccellenti nel disegno si rivelano Luciano Spessot, con riflessioni sugli antichi mae- stri, e Sandro Lobalzo, di cui si apprezza la vena intimistica sulla scia crepuscolare di Mario Calandri.  Ma autentiche  rivelazioni sono il raffinato scultore Gabriele Garbolino Rù, ideale allievo di Adolfo Wildt, in un composto espressionismo,  e Vinicio Perugia, paesaggista solitario, le cui origini di Fabriano spiegano l’affinità della pittura  a olio con la paziente opera a bulino dell’incisore Roberto Stelluti, fabrianese, e di poetica affine.
Il percorso ordito dalla Leto è assolutamente originale. A partire dal nucleo di “Sur- fanta” indica una peculiare dimensione visionaria, anche nella prevalente matrice realistica che sembra caratterizzare tutti  gli artisti ricordati,  originari o attivi in Piemonte, come patria elettiva, tra densi pensieri e sogni.
Li osserviamo con gratitudine.
 

 

Francesco Albano

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