La vulva è uno degli stilemi d'arte contemporanea più conclamati nel globo, senza fare troppo gli intellettuali e partire in età moderna dalla nascita del mondo di Courbet, vi ricordo solo che un poco di tempo fa, abbiamo proprio ragionato su uno studente americano restato intrappolato in una vagina in pietra in gita in Germania, dalla quale è riuscito a evadere solo dopo l'aiuto di una ventina di vigili del fuoco.
Questa volta il linguaggio globale dell'arte contemporanea ci trasporta in Giappone, dove la polizia ha arrestato un'artista, la quale aveva inviato tramite mail list, dei dati progettuali che consentivano la riproduzione seriale con stampanti in 3D , delle repliche galleggianti della sua vagina ribattezzata: “Pussy Boat”.
L'artista, operava con lo pseudonimo di Rokudenashiko, equivalente all'incirca a un nostro "ragazza buona a nulla", è stata arrestata dopo l'invio di 30 email a persone che avevano aderito al suo appello di raccolta di fondi per il suo progetto artistico, la "Pussy Boat", una canoa tratta direttamente dal calco dei suoi genitali.
Il vero nome dell'artista è Megumi Igarashi, e su di lei grava l'accusa di aver infranto le leggi giapponesi sull'oscenità.
Megumi rispedisce al mittente le accuse, sostenendo che l'invio di dati è stato fatto a titolo gratuito e sottolineando che non si può giudicare osceno inviare dati per riprodurre un oggetto in 3D.
Secondo quanto riferiscono i media Giapponesi, la donna avrebbe raccolto una cifra ragguardevole per il suo progetto.
Siamo forse davanti alla nascita di un Ai Weiwei al femminile?
"Big in Japan" come cantavano gli Alphaville negli anni ottanta.