Ragionando con Paparoni: Ai Weiwei una pedina inconsapevole del regime cinese o della democrazia del mercato occidentale?

Ragionando con Paparoni: Ai Weiwei una pedina inconsapevole del regime cinese o della democrazia del mercato occidentale?

 

Comincia a fare scalpore una dichiarazione fatta da Richard Serra, in una intervista sullo speciale-supplemento del "Corriere della Sera".

Il giornalista chiede a Serra se ha visto la mostra di Ai Weiwei al Brooklyn museum.

La risposta di Serra: "No, non ho visto la mostra. Weiwei, eroe in Occidente, è una pedina culturale del regime cinese. Consentendogli di denunciare l'ideologia comunista, lo stanno usando come prodotto internazionale d'esportazione e ciò fa apparire il regime cinese progressista e aperto alla critica interna, anche se poi lo mettono in carcere. L'esatto contrario di quanto il mondo crede. Insomma, Weiwei è in buona fede, ma Pechino lo usa per farsi propaganda a sua insaputa." 

Letto l'articolo, io l'ho trovato tutto sommato condivisibile, Serra puntualizza una serie di cose e anche come abbia fatto da capro espiatorio per l'amministrazione Bush quando un suo lavoro è stato praticamente cancellato, al punto che arriva a dichiarare che non lavorerà mai più per una amministrazione politica, si sofferma anche a ragionare su come sia possibile mutare il sistema dell'arte, ma che per fare ciò necessita essere visionari.

In fondo che ci sia un Impero Cinese in espansione economica è un fatto, e che il mercato di Ai Weiwei possa essere un grimaldello d'immagine e anche di mercato nel secolo 2.0 è legittimo pensarlo o sbaglio?

In fondo Serra parla di Ai Weiwei come pedina inconsapevole e in buona fede e forse riversa nel lavoro e nel linguaggio di Ai Weiwei la sua esperienza artistica con la politica relazionata al mercato-marketing globale.

Sulla faccenda a distanza di una settimana, arrivano le osservazioni di Demetrio Paparoni, massimo esperto e studioso di arte cinese contemporanea che puntualizza e approfondisce la questione dal suo account facebook:

"La tesi secondo cui la censura e l'ufficio della propaganda cinese promuovano in Occidente l'immagine del Regime attraverso gli attivisti come Ai Weiwei è quanto meno bizzarra.

Nel mio libro ho raccontato molto dettagliatamente cosa è stato fatto ad Ai Weiwei e ad altri intellettuali che hanno pagato a duro prezzo il fatto di essere meno noti di lui in Occidente.

Avere successo con il proprio lavoro non è un crimine.

Viviamo in un sistema di libero mercato, basato su domanda e offerta.

Non metterei sullo stesso piano l'attivismo degli artisti che vivono in Cina e quello degli artisti che vivono in Occidente.

La questione è troppo complessa per essere liquidata in poche battute su facebook.

Posso solo dire che escludo che ci sia qualcuno che possa essere disposto a subire e rischiare tutto quello che ha subito e rischiato Ai Weiwei esclusivamente per promuovere furbescamente il proprio lavoro.

Questione diversa è il fatto che l'Occidente promuova Ai Weiwei per affermare che la sua idea di democrazia è migliore del sistema comunista cinese.

Ma ci vuole una grande creatività per ipotizzare che tutto questo sia frutto di una lucida strategia di Ai Weiwei.

Non vorrei salire in cattedra, ma ho scritto un libro con molte informazioni sulle dinamiche del potere politico nei confronti dell'arte.

Quel che non mi convince nella tesi di Serra è che Ai Weiwei possa essere vittima inconsapevole della propaganda cinese, perché la sua figura non porta affatto credibilità al regime cinese.

Avrei potuto capire se Serra avesse detto che Ai Weiwei trae consapevolmente benefici dell'appoggio dell'Occidente proprio perché getta discredito sul regime comunista.

Ma non è credibile che qualcuno possa essere disposto a subire tutto quello che ha subito Ai Weiwei per mero calcolo finalizzato al successo come artista.

A leggere le cose che scrive Ai Weiwei sugli artisti "disimpegnati" ci possono essere molte cose contestabili, ma la tesi di Serra mi sembra un po' troppo "creativa".

Il punto non è se Ai Wei Wei sia o no un bravo artista.

Questo è assolutamente irrilevante dal mio punto di vista: tanto in Cina quanto altrove di bravi artisti ce ne sono tanti.

Il punto è che in Cina gli artisti hanno libertà di espressione per quanto concerne il linguaggio ma non per quanto riguarda i contenuti.

Noi occidentali spessissimo giudichiamo il lavoro degli artisti cinesi limitandoci all'aspetto formale, mentre la maggior parte dei lavori che si producono in Cina hanno una precisa narrazione.

Non capisco i processi alla buona o cattiva fede dell'artista, perché è attorno alla narrazione del suo lavoro – ma anche di quella di altri artisti meno noti nella sua condizione – e alla possibilità di essere esposta in Cina che ruota la questione.

Purtroppo sorvolando su questa narrazione ogni lettura e interpretazione diventa superficiale".

Ad un contatto facebook che a questo punto scrive a Demetrio Paparoni:

"Wei Wei nell' '81 si era già  trasferito a New York, è in un altro pianeta già da un pezzo, non è un artista cinese che non può dipingere quello che vuole. Ma poi a un dissidente gli danno l' appalto dello stadio nazionale di Pechino?

Neanche per scherzo.

ALTRO PIANETA e Serra lo sa, e si e' proprio rotto le palle".

La replica di Demetrio:

"Essere informati su come stanno le cose dovrebbe essere un dovere.

Sono stati gli architetti che hanno vinto il concorso, Herzog e Demeuron, a coinvolgere Ai Weiwei, non il governo cinese.

Noi abbiamo il diritto di criticare tutto e tutti, ma abbiamo anche il dovere di dire le cose come stanno".

Come stanno le cose?

Mi piace che dei linguaggi dell'arte e del sistema dell'arte ne ragionino gli artisti, e in questo caso, da visionario che crede in un altro sistema dell'arte possibile, sto con Serra, ma Demetrio Paparoni e uno dei pochi addetti ai lavori che seguo con interesse e la sua opinione merita comunque di essere riportata.

in fondo cosa sono i linguaggi dell'arte se non dialettica?

Per inciso alla luce di questa lunga discussione di una cosa si può essere sicuri, Ai Weiwei forse non sarà una pedina inconsapevole del regime cinese ma possoiamo dire che non lo sia neanche della democrazia del mercato occidentale?

Mimmo Di Caterino

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