Ren Hang: quando la censura in Cina promuove il mercato in Occidente.

 

Ren Hang: quando la censura in Cina promuove il mercato in Occidente.

Ancora qui, a riflettere su come, sia una utopia la poetica dell'artista che attraverso il suo stile di vita, disinibisce e smonta inibizioni e comportamenti.

Almeno, se lo fa negli intenti utopici, nella pratica reale, il suo lavoro scompare davanti l'industria culturale del porno o l'estetica video di you porne, che l'arte sia un motore e un accelleratore nell'emancipazione delle inibizioni collettive è una baggianata che di fatto aiuta solo a venderla e a proiettarla su qualche copertina patinata nel nome della provocazione.

Di fatto a cosa hanno portato i movimenti di emancipazione sessuale degli anni sessanta- settanta, se non a un disturbo amplificato dell'identità del consumatore anche quando nell'anima sociale c culturale resta un conservatore?

Questa volta ci proiettiamo in Cina e non parliamo della star della "disobbedienza" Ai Weiwei, ma di Ren Hang, che sfida la censura del suo paese, attraverso delle foto che ricordano le immagini di copertina di Playboi anni settanta (perché fomenta in me questa convizione maledetta che in Cina stiano vivendo ciò che in occidente abbiamo vissuto l'inizio del secolo scorso e che il mercato incoraggi tutto questo solo per sostenere la sua economia e capitalizzare l'economia Cinese?).

Si presenta come un provocatore, attraverso luoghi comuni figli del maschilismo millenario made in China, il nostro scomodissimo artista:

 

«Adoro far sesso con tutte le modelle che fotografo. Il bisogno di riprenderle nude nasce proprio dai miei impulsi. Le persone che fotografo sono tutti miei amici. Io voglio far feste non raccontare delle storie; e ogni cosa che vedete nelle mie immagini può essere accaduta davvero nella vita».

Cavolo che provocatorio e che shock mi crea leggere queste dichiarazioni di un artista che vive e lavora a Pechino, "disobbediente" al punto che nonostante il rischio censuraha la sua prima personale a Pechino nella galleria Three Shadows +3, dal titolo: Physical Borderline.

Leggo che il suo coraggioso intento non è quello di essere notato in Occidente (è già stato popolarissimo, pubblicato su "Purple", ha esposto agli incontri di Forografia di Arles) ma quello di forzare i tabù cinesi dove la nudità è ancora vietata, sfidando in questa maniera la  censura.

Perché mi sembra tutto così fottutamente già visto, sentito, letto e studiato?

Perché non si ragiona sugli artisti che di tutto questo stato di cose ha attestato il fallimento evolutivo dei linguaggi dell'arte e del loro libero sviluppo?

 

Mimmo Di Caterino

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