Immagine tratta da "A me terra",installazione di 5 videoproiezioni.
"L'opera si presenta come un racconto che ci viene offerto per porci dinanzi a chi parla della propria terra, la cui storia sembra essere stata generata, nel corso del tempo, dai suoi stessi elementi costitutivi, derivanti dall'intreccio delle diverse culture e civiltà che,sedimentandosi nel terriorio, ne hanno originato l'humus culturale.
La narrazione disegna una mappa ideale dei luoghi agganciati al passato, mediante una simbolica attenzione ai tempi in cui i progenitori hanno vissuto quegli stessi posti dai forti legami con la terra e quel certo senso di appartenenza che riescono ad esprimere solo coloro che per anni ed anni sono stati costretti ad emigrare portando per bagaglio sofferenze e nostalgie ma anche tante speranze di agognati ritorni. Sono storie riferite a identità migratorie. Situazioni che vengono attestate ancora oggi dagli arrivi dei clandestini con i quali la Sicilia scopre che al sud c'è un altro sud che vive in condizioni peggiori. Ed ecco perchè trascinare un'esistenza fatta di stenti e rinunce spinge inevitabilmente a partire, andare altrove e fermarsi lì dove è possibile sopravvivere. Non soltanto in luoghi fisici, ma anche in quelli immaginari, metafisici, fatti di sogni, anche televisivamente globalizzati dove per trovare rifugio e conforto.
I cinque episodi che compongono l'intera opera-video conducono,tra l'altro, a quei paesi del mondo che spingono i propri figli lontano, accompagnati unicamente dalle loro solitudini, con angosciose vicende da rivelare che per taluni aspetti sembrano addirittura mistiche, per giunta aggravate da tanti sforzi senza frutti, che però sono lo specchio della vera fatica di esistere.
L'artista, con una straordinaria ricchezza di immagini, offre un affresco della sua terra con riferimento all'immediato dopo guerra, ovvero quando l'isola era “ il luogo simbolo “ del sottosviluppo meridionale d' Italia, condizione peraltro a lungo mantenuta, e che ora Lidia Tropea ci restituisce attraverso il filtro dell'arte.
Questa giovane autrice riesce a cogliere gli aspetti più veri dei singoli personaggi facendo percepire allo spettatore il senso dell'essere di ognuno di loro immersi in un mondo polverizzato.
Il contenuto veristico rende preziosa quest'opera di video arte, di cui è interessante anche lo studio minuzioso dei particolari risalenti al periodo di riferimento, come i costumi, gli oggetti, e i luoghi scelti per le riprese, che bene rappresentano il paesaggio alle falde dell'Etna fino al mare, peraltro vivacizzato dalla presenza in scena di splendidi animali: asini in branco, caprette, cani e pesci.
I protagonisti dei singoli episodi sono ragazzi siciliani che. insieme, compongono un'armonia unica, per certi versi incantevole e tipica di quella pregevole condizione umana che ricorda il verghiano “ ciclo dei vinti “ e la solidarietà che lega i poveri tra loro, uniti dall' ineluttabile vita fatta di stenti.
L'ultimo episodio è particolarmente intenso. Si tratta di un abbraccio tra una madre e il proprio figliolo adolescente. Il ragazzo è nell'età in cui inizia a maturare l'idea di dover prima o poi partire e la madre preavvertendo il distacco, gli manifesta ancor più intensamente il proprio amore tormentato che le viene ricambiato con altrettanto attaccamento e tenerezza.
Questa parte del lavoro simboleggia la straziante verità di tanti siciliani che per costrizione abbandonano la loro santa madre terra alla ricerca di un futuro migliore.
Il lavoro è attualissimo, per taluni aspetti sembra costruito quasi cinematograficamente pur se il rigore applicato nella stesura del progetto è finalizzato essenzialmente per le attrezzature digitali
che l'artista usa con abilità. Infatti le sue produzioni video, in alta definizione, sorprendono per la consapevolezza del pensiero estetico fornito in modo pulito ed asciutto, senza inutili fronzoli effettistici. Il procedimento di realizzazione punta sulla qualità rarefatta e densa del fare arte in video in modo comunque mai scontato e costantemente in evoluzione, permettendo così “ la provocazione e dilatazione “ del pensiero che costituisce un difficile obiettivo per chi si occupa di
“ FARE “ arte in generale ed in particolare quella digitale."
Renato Bianchini
http://www.whiteproject.net/artists/lidia-tropea/