MEDIASET E IL WEB - PARLA ANDREANI

Una partnership con un colosso del web, tagli ai costi per 250
milioni, il rilancio della pay tv. 
Giuliano Adreani, amministratore
delegato di Mediaset e numero uno di Publitalia, traccia la rotta per lo
sviluppo futuro del gruppo, alle prese con un mercato degli spot ancora
debole e con investitori industriali restii a invertire il trend.
I ricavi pubblicitari si riducono. È la crisi a imporre un cambio di strategia?
La
crisi è certo un motore importante e accelera tutte le decisioni, ma
qui non stiamo parlando di un'azienda ferma. Anche se la nostra
pubblicità lo scorso anno si è ridotta di circa il 3% siamo riusciti a
fare molto meglio dei nostri concorrenti. E questo mentre è in atto una
crisi globale durissima, con famiglie incerte sul loro futuro e sulle
prospettive reddituali e di consumo. In questo quadro stimiamo di
chiudere l'anno con oltre 200 milioni di profitti, non mi pare ci siano
altre realtà del settore con risultati comparabili.
Come è iniziato il 2012?
Il mercato è debole, i
telefonici hanno tagliato pesantemente, anche se qualche investitore
inizia a posizionarsi con maggiore forza su marzo e aprile e vedo
segnali di ripresa per la seconda parte dell'anno, con qualche beneficio
per tutti grazie all'Olimpiade di Londra e agli Europei di calcio.
Quando guardiamo ai risultati dobbiamo pensare però che il mercato è
cambiato. Una volta bastava presentarsi dal cliente con il marchio
Publitalia, adesso è tutto più complesso. Il cliente vuole supporto,
servizio, una strategia di comunicazione chiara. E noi pensiamo di avere
il pacchetto più completo ed efficace da offrire: tv generalista, reti
digitali free, pay tv e internet.
Iniziamo dal web. Finora è stata una nicchia nella vostra strategia, come pensate di crescere?
Il
settore ora inizia a svilupparsi, crediamo sia arrivato il momento
giusto per investire in modo massiccio. Da soli potremmo triplicare la
raccolta attuale sul web, che nel 2012 arriverà a 30-40 milioni grazie
anche a servizi innovativi come i programmi tv disponibili online e la
forza del sistema TgCom24, canale all news, sito internet e applicazione
per tablet e smartphone. Vogliamo però accelerare ancora e siamo in
contatto con grandi operatori internazionali interessati a potenziare in
Italia la loro forza tecnologica con una raccolta pubblicitaria
adeguata.
Significa Apple o Google?
Non solo: perché
escludere Microsoft, Facebook, Twitter o Yahoo? Non abbiamo preclusioni,
il dialogo è aperto e se ci saranno le condizioni puntiamo a
finalizzare un accordo entro l'anno.
In caso di alleanza a quanto potrebbe arrivare la vostra raccolta sul web?
Fare
previsioni è prematuro ma di certo l'ordine di grandezza è di centinaia
di milioni. Noi di Mediaset quando ci mettiamo in testa di sviluppare
una nuova attività siamo determinati. Come dimostra l'esperienza delle
reti digitali dove in pochi anni, partendo da zero, siamo arrivati a
raccogliere circa 200 milioni di spot. Questa esperienza mi ha convinto
che possiamo realizzare risultati importanti anche rendendo
professionale la raccolta sul web.

E
tuttavia il mercato guarda con apprensione ai conti della pay tv, con
una stima di perdita operativa a fine 2011 per 70 milioni.

Certo,
la crisi dei consumi delle famiglie ha toccato anche il settore della
pay tv, tutta la pay tv. Il settore cresce poco. Ma mi lasci dire che il
valore di questa attività per noi non è solo nell'ultima riga di
bilancio. Se non l'avessimo avviata avremmo lasciato carta bianca a Sky,
"regalandole" altri milioni di clienti e creando un potenziale
concorrente anche nel nostro core business, la pubblicità. Oggi abbiamo
arginato la crescita di Sky, abbiamo oltre due milioni di abbonati che
si sommano alle carte prepagate e catturiamo con le nostre reti parte
dell'erosione di share delle tv generaliste. In sintesi: Mediaset
Premium andava fatta e i risultati ci stanno dando ragione.
Veniamo ai conti. Nei primi nove mesi i ricavi sono fermi, la
pubblicità frena ma i costi non si riducono. Non siete partiti tardi
sul recupero dell'efficienza?

La decisione di incidere sui
costi è arrivata a luglio dello scorso anno, quindi la risposta è no,
non siamo in ritardo. Naturalmente gli effetti delle nostre azioni si
dispiegheranno progressivamente in tre anni. A regime, nel 2014, avremo
ridotto la nostra base di costi di 250 milioni.
Visto che i diritti del calcio continuano a lievitare significa fare meno film importanti, meno prime visioni?
Beh,
questo sarebbe autolesionista, Publitalia vende e realizza risultati
sulla base dell'offerta globale. Quindi si taglia tutto ma non la
qualità del prodotto. Gli spazi per ottimizzare i costi ci sono, in
passato c'erano margini diversi e ora bisogna intervenire.
Ridurremo il costo orario delle fiction e punteremo con forza
sull'intrattenimento, agiremo sui rinnovi contrattuali delle star e a
tutti i fornitori abbiamo spiegato che i tempi sono cambiati e quindi le
politiche di prezzo vanno riviste. Anche le strutture saranno
ottimizzate, compreso il numero di sedi di Publitalia. Insomma,
coglieremo l'occasione della crisi per arrivare più leggeri al 2013,
quando a nostro avviso il mercato ripartirà e potremo sfruttare al
meglio la nostra forza, che ci vede protagonisti nella tv generalista,
con buoni ascolti anche in questa prima parte dell'anno.
Ridurrete anche il personale?
Non ci sarà alcun
licenziamento ma agiremo per snellire l'assetto organizzativo,
agevolando le uscite programmate, valutando le situazioni che sono già
vicine alla pensione. Nessuna azione drastica ma efficaci operazioni di
manutenzione.

Veniamo ai concorrenti. Se dopo il Governo dei tecnici arrivasse anche una Rai dei tecnici avreste qualche problema in più?
Direi
di no. Sul fronte degli spot la Rai fattura un terzo rispetto a noi
perché ha la fortuna di avere la certezza del canone. Certo, se penso
alla stabilità del management, vedo che qui in Mediaset ci sono ruoli
chiari e di lungo termine. La Rai questa stabilità non l'ha mai avuta e
questo non aiuta.
Il Governo ha preso tempo sul beauty contest delle frequenze. A titolo oneroso sareste disposti a comprare?
I
nuovi canali sono già tantissimi. Le emittenti non sono disposte a
svenarsi per ottenere frequenze. Quello che però è inaccettabile è il
cambio delle regole del gioco in corsa. Questo settore ha già le sue
difficoltà, l'importante è che non si freni il libero mercato e la
concorrenza.
Ultima notazione politica. Ora che Berlusconi non è più leader del Governo teme qualche disaffezione da parte degli investitori?
Guardi,
i risultati migliori di Publitalia li abbiamo raggiunti con i Governi
Prodi e D'Alema perché il mercato in quegli anni era florido. Pensa che
Coca Cola o Unilever prendano le loro decisioni con criteri politici? La
pubblicità è un investimento da cui le aziende vogliono ottenere il
massimo ritorno in termini di comunicazione, visibilità, vendite. La
nostra forza è nell'offerta forte e completa che possiamo mettere in
campo, unica in Italia.


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