La serata di Gala annuale del MOCA di Los Angeles è uno degli
eventi più attesi della stagione.
Quest’anno gli ospiti d’onore sono stati Marina Abramović, che ha ideato una performance svoltasi durante la cena, e la cantante Debbie Harry,
alias Blondie.
alias Blondie.
Non è stata però la presenza della Harry, né di altre
celebrities utilizzate come “esca”, a scatenare le polemiche del mondo
dell’arte, quanto proprio la proposta della Abramović, accusata
addirittura di “sfruttamento”.
celebrities utilizzate come “esca”, a scatenare le polemiche del mondo
dell’arte, quanto proprio la proposta della Abramović, accusata
addirittura di “sfruttamento”.
Tutto è partito da una lettera scritta da un aspirante performer –
reduce dalle audizioni per la serata – e inviata alla famosa coreografa Yvonne Rainer, che ha a sua volta girato le lamentazioni, peraltro rincarandole, al direttore del MOCA, Jeffrey Deitch.
“I performer saranno seduti sotto al tavolo per 3 ore e dovranno
ruotare lentamente e stabilire un contatto visivo con i
commensali/donatori. Naturalmente siamo stati avvertiti che non potremo
allontanarci per andare in bagno e cose simili. Ma anche che i
commensali potrebbero cercare di imboccarci, darci da bere,
accarezzarci, anche se verranno invitati a non farlo. Qualsiasi cosa
succeda, però, noi dobbiamo continuare la performance senza reagire”.
A questo, si aggiunge il compenso ridicolo, che ammonta a ben 150
dollari in totale, comprensivi di 3 ore di performance e 2 giorni di
prove, per un totale di circa 15 ore di lavoro.
dollari in totale, comprensivi di 3 ore di performance e 2 giorni di
prove, per un totale di circa 15 ore di lavoro.
La Rainer, ricevuta la missiva, ha scritto a Deitch sottolineando non
solo lo sfruttamento “lavorativo”, ma anche la tematica totalmente
inopportuna della performance, che “ricorda Salò, il controverso film di Pasolini del 1975”, solo che, continua la coreografa, “Pasolini
almeno aveva una motivazione sociale seria e credibile, collegata alla
causa anti-fascista […] Sottoporre i suoi performer a questo genere di
umiliazione a solo beneficio di un gruppo di donatori eccitati è
l’ennesimo esempio del menefreghismo e dell’avidità del Museo, oltre che
dell’incapacità della Abramović di distinguere i contesti e valutare le
implicazioni delle sue performance”.
E poi, l’affondo finale: “Dovremmo forse rinominare il MOCA e chiamarlo MODFR, Museum of Degenerate Fund Raising”?
solo lo sfruttamento “lavorativo”, ma anche la tematica totalmente
inopportuna della performance, che “ricorda Salò, il controverso film di Pasolini del 1975”, solo che, continua la coreografa, “Pasolini
almeno aveva una motivazione sociale seria e credibile, collegata alla
causa anti-fascista […] Sottoporre i suoi performer a questo genere di
umiliazione a solo beneficio di un gruppo di donatori eccitati è
l’ennesimo esempio del menefreghismo e dell’avidità del Museo, oltre che
dell’incapacità della Abramović di distinguere i contesti e valutare le
implicazioni delle sue performance”.
E poi, l’affondo finale: “Dovremmo forse rinominare il MOCA e chiamarlo MODFR, Museum of Degenerate Fund Raising”?