Arcadia: sensus focus.

Articolo di Zucchero Nero

Maintenant les objets
m'aperçoivent.
         Paul Klee

Surrazionalismo Surrazionale 2013.

Art Brut: l'arte come rito di passaggio.

"Alcune opere saranno così sorprendenti che uno si può chiedere soltanto perché non abbiano avuto il destino di diventare celebri come quelle di Van Gogh o quelle di Ligabue" affermava un noto critico di fronte ad alcuni dipinti di Adolf Woelfli etichettati come Art Brut, un'espressione che comprende, per esempio, anche l'arte così come realizzata dai pazienti degli ospedali psichiatrici.

Jean Dubuffet coniò per la prima volta la definizione di Art Brut nel 1945 quando, dopo aver letto "L'attività plastica nei malati di mente" di Hans Prinzhorn, cominciò ad interessarsi all'arte cosiddetta "altra", primeva, primaria nel senso migliore del termine. Non dei professionisti, dunque, ma dei "folli" che realizzavano "arte" senza consapevolezza tecnica dipingendo con l'unico scopo di soddisfare un intimo bisogno di ricerca forse dell'alterità, forse dell'identità tout court. Dubuffet era interessato, in particolare, alla spontaneità, senza costrizioni né emotive ne razionali, atteggiamento difficilmente attuabile dagli artisti professionisti, in quanto frenati dalle ambizioni di fama, ricattabili dal mercato, e intrisi spesso di troppa conoscenza indotta da un inconscio mediatico e non più naturale.

Jean Dubuffet raccolse tra l'altro numerosi dipinti realizzati dagli internati negli ospedali psichiatrici e ne fece una splendida collezione di circa 5000 opere, che successivamente donò al museo di Losanna, in Svizzera. Pare che, in realtà, il confine tra l'artista ed il folle sia molto più labile del previsto. Adolf Woelfli, per esempio, era un contadino tedesco che, mentre internato per schizofrenia, si dedicò a dise-gni, dipinti, testi e composizioni musicali, nonostante non avesse mai dipinto e non conoscesse affatto la musica.

La razionalità condizionata dal mondo in cui viviamo, e tanto più l'inconscio mediatico, le culture cosiddette urbane, lontane dalla natura, pongono limiti significativi alla creatività. In tal senso, il Surrazionale evolutivo guarda con simpatia ad ogni cultura del limite, (liminare); e si pone come una sorta di medium che recepisce il vissuto, lo tramuta in segno e, senza nessuna aspettativa, rispondendo ad un consapevolezza interiore (e non alla sola ragione), grazie ad una sorta di processo alchemico, di distillazione e sintesi, trasfonde il percettibile in un'espressione a sé stante, che possiede uno spirito proprio, una sua identità (del tutto indipendente da quella dell'artista) una sua vita propria, mezzo di comunicazione tra il mondo reale e il subliminale delle energie infinitesimali.

Dadaismo: l'arte come dissacrazione della società puritana.

Il Dadaismo nacque durante la Prima Guerra Mondiale, nel 1916, a Zurigo, dove alcuni intellettuali (Marcel Duchamp, Tristan Tzara, Hans Arp, Richard Huelsenbeck e Hans Richter) si erano rifugiati per allontanarsi dalla guerra. La parola Dada, che diede nome al movimento, imita il vagito di un neonato e, tutto sommato, non significa praticamente nulla se non essere un termine infantile e certo beffardo.
La scelta di un nome privo di significato, ma non di senso1, simboleggia una caratteristica peculiare del Dadaismo, e in parte del Surrazionalismo. Entrambi avversano non la ragione - questa è rintracciabile, come in tutte le avanguardie, persino nel dadaismo - ma i dogmi comunemente associati all'arte e di conseguenza al pensiero dominante.

Lo scopo del Dadaismo era quello di riappropriarsi dell'arte, di ridonarle l'originaria spontaneità e genuinità perduta a causa dei precetti borghesi. Per ottenere questo, era necessario distruggerla per poi ricrearla, abbattendo le convenzioni positiviste e dissacrando i musei e, in senso lato l'accademia, con ogni mezzo. Non vi è da stupirsi, dunque, se l'opera più famosa e conosciuta del Dadaismo è costituita da un semplice orinatoio.

Il Dadaismo si sviluppò quasi in parallelo col Futurismo, un altro movimento artistico nato in quegli anni in Italia e che aveva uno scopo simile a quello Dada, ovvero quello di soverchiare l'arte per svecchiare la società. Gli artisti futuristi assumevano atteggiamenti dissacratori e sprezzanti molto simili ai loro colleghi Dada. I due movimenti, apparentemente molto simili, differivano però nella loro posizione nei confronti della guerra: i Futuristi erano del tutto d'accordo e la consideravano come "necessaria igiene del mondo", mentre i Dadaisti che erano contrari mancavano una dialettica degli opposti che, per il surrazionale evolutivo, è oggi più che necessaria.

Il movimento dadaista esordì il 6 febbraio 1915 a Zurigo, data in cui fu inaugurato il Cabaret Voltaire di Hugo Ball. Il Dada si diffuse velocemente in tutta Europa e, poco tempo dopo, sbarcò in America trasformandosi nel neo-dadaismo. Però, una volta compiuta la sua breve missione, Dada scomparve, lasciando il posto al movimento Surrealista, che ad esso si ispirava.

Negli anni '70 nacque il Surrazionalismo, che, come pensiero artistico, (e dunque non come movimento), è stato ulteriormente messo a punto a partire da fatti storici inequivocabili, da Paolo Navale. Come altre avanguardie il surrazionale evolutivo tenta di rinnovare l'atteggiamento artistico per mezzo di una nuova chiave di lettura che rifiuta l'imitazione sentimentale ma non il pensiero razionale, e questo alla ricerca di un'arte che superando il riduzionismo scientista possa essere spirito al di sopra della ragione ma senza per tanto rinnegarla mai.

In un saggio, che riordina i molti appunti sparsi nel suo studio sin dal 1973, Paolo Navale scrive del surrazionale come fatto estetico; un pensiero che "si manifesta, oggi più che mai, nelle avanguardie attuali e in discipline quali la teosofia, la logica e lo studio in arte delle tecniche sperimentali più avanzate". 2

Il significato di Surrazionalismo in chiave epistemologica.

Il termine surrazionalismo fu utilizzato per la prima volta da Gaston Bachelard (Bar-sur-Aube 1884 - Parigi 1962), un filosofo francese. Letteralmente, surrazionalismo (sur = sopra) delinea qualcosa che va sopra la ragione, che non la rinnega affatto, ma che non è possibile organizzare nelle categorie della conoscenza razionale senza il rischio di contraddirla, per omissione di tutto il resto.
Il termine sovrarazionale fu utilizzato nella dottrina dell'Uno di Plotino per indicare qualcosa che viene ancor prima dell'intelletto, ed è dunque un termine molto antico, che deriva dalla tradizione orale, semplice, primeva, primaria nel senso positivo del termine. In Francia, intorno al 1930, venne utilizzato il termine surnaturel per indicare nuovi movimenti che si pongono il problema dell'inadeguatezza della teologia in relazione alla complessità della realtà e questo è il substrato di quanto ne consegue.

L'uso del suffisso sur, dunque, indica qualcosa che va oltre. Così come il movimento artistico denominato surrealismo e teorizzato da André Breton impone all'arte di andare oltre alla realtà, al di sopra della realtà, così il surrazionalismo che in Bachelard non assume nessuna istanza estetica, prova ad andare oltre ciò che è razionale, però in chiave epistemologica, analitica, dunque sempre ragionata, e questo, per esplorare nuovi metodi (scientifici) nei quali il razionale è intimamente connesso alle emozioni, entrambi riflesso l'uno dell'altra, bilanciamento di un umanismo molto antico.

Bachelard pubblicò nel 1939 un articolo oggi di risonanza mondiale, sul surrazionalismo nel quale, in cinque pagine di stupefacente attualità, asserisce che il razionalismo debba alimentarsi di creatività, di immaginazione e di tutti quei valori surrazionali del s/oggetto, come per esempio lo stato di rêverie e ben altro. Tale riflessione nasce in Bachelard dalla sensazione di inadeguatezza sia da parte dell'ide-alismo, sia da parte dell'epistemologia positivistica, così come erano subito dopo l'avvento della evoluzione della fisica contemporanea nel "900.

Il surrazionalismo di Bachelard assume una posizione contraria alla concezione razionalista di nozioni scientifiche unitarie e definitive. E' necessaria, per Bachelard, un'interpretazione storica della scienza, nella quale quindi vengono riconosciute, in vista degli errori commessi, l'importanza di una ragione applicata da cui deriveranno nuove ipotesi e possibilità.

Così Bachelard, nonostante fosse un sostenitore dei valori di ragione, dichiara l'esistenza di una necessaria complicità dialettica tra ragione (scienza) e tutto quanto la sorpassa. Col surrazionalismo la ragione, per essere veramente efficace, deve avere una sorta di risvolto antropologico. Tale concetto risulta particolarmente evidente nel seguente brano tratto dal saggio L'engagement rationaliste:

"Sfortunatamente" scrive Bachelard "non si è mai fatto un uso positivo, reale, surrealista di questa libertà che potrebbe rinnovare tutte le nozioni completandole dialetticamente. Sono arrivati i logici e i formalisti. E invece di realizzare, di surrealizzare la libertà razionale che lo spirito sperimentava in tali dialettiche precise e frammentarie, hanno al contrario derealizzato, depsicologizzato la nuova conquista spirituale. Ahimè! Dopo quest'atto di formalizzazione vuota di tutto il pensiero, dopo questo accanito bisogno di sotto-realismo, lo spirito non è diventato più vivace e vigile, ma decisamente più lento e disincantato."

Il superamento surrazionale dell'arte concettuale.

Già Leonardo scriveva di un'arte mentale e poi di Bachelard, abbiamo "une esthétique intellective".

Il termine "Arte Concettuale" fu utilizzato per la prima volta da Joseph Kosuth negli anni '60 ed intendeva riferirsi ad opere il cui scopo non era l'estetica fine a se stessa, ma l'attività di pensiero: l'intelligenza. La sua opera più famosa è infatti "Una e tre sedie", un'installazione in cui vengono esposte una sedia, la foto di una sedia e la scritta "sedia". L'artista non intendeva rappresentare qualcosa di bello, ma intendeva indurre lo spettatore a riflettere in maniera non emotiva ma del tutto razionale sul conflitto tra la realtà vera, la realtà analogica e la realtà logica.

L'arte concettuale viene teorizzata negli anni '60 e si sfrangia in mille rivoli, intorno agli anni '70.
Nonostante sia stata l'ipotesi dominate per circa 15 anni, è ancora uno dei docet o norma più importanti della storia dell'arte contemporanea. Da Duchamp in poi infatti, (1916) numerosi artisti e movimenti propongono, consapevolmente o meno, un tipo di approccio artistico annoverabile nel concettuale: l'Arte Povera, la Body Art, l'Environment, la Land Art. E' molto interessante la nascita di un'esperienza di arte concettuale legata unicamente ad eventi temporalmente limitati, altri effimeri, sempre totalmente fuori dal contesto dell'arte mercato. Tutto ciò, prende il nome di Performance e, come uno spettacolo teatrale, non lascia alcuna traccia, tranne che per il ricordo, mentale, degli spettatori oppure per le foto, i filmati e quanto ne consegue.

L'arte, dunque, ha la possibilità di fare a meno dell'opera d'arte di per sé, e di incarnarsi nella concettualità pura, nel pensiero. E' come se l'arte, col passare del tempo, si privasse di qualcosa che prima di allora sembrava legato ad essa in modo indissolubile e acquisisse, al contempo, una sempre maggiore libertà espressiva. La mimesi viene messa da parte e considerata addirittura banale e passatista, la prospettiva non è più indispensabile, il valore materiale dell'opera è irrilevante, perfino la realtà lo è. Nel momento in cui all'arte diventa inutile perfino l'arte stessa, si ha la sensazione di aver conquistato la libertà assoluta che è il raggiungimento, contemplativo, di qualcosa di interiore.

Nel caso del surrazionalismo, non solo è possibile fare a meno della mimesi, della prospettiva, del valore materiale, della realtà e dell'arte stessa, ma è possibile addirittura fare a meno della ragione materiale, andare oltre, superarla. Il surrealismo esplorava i limiti del razionale e li superava, ma si avvaleva comunque della forma, della mimesi, perlomeno dell'arte, dell'esperienza estetica. Il surrazionale si avvale dello spirito, anima indefinibile delle cose. E' possibile dire, dunque, che il surrazionale sia un superamento dell'arte concettuale, di cui però è la riserva ultima?

Proprio in questo senso è molto rappresentativa una delle maggiori opere di Paolo Navale, intitolata Intervista col Vuoto e realizzata a Londra diverse volte tra il 1987/2001. Un'opera per lo più teatrale, un solo man show, una performance di cui il testo critico di Francesca Baboni è oggi conosciuto in tutto il mondo dell'arte, non solo concettuale.3

Il Surrazionale e la riorganizzazione del pensiero scientifico.

La rivoluzione spirituale della quale Bachelard parla nel suo articolo intitolato "Il Surrazionalismo" rivela un rinnovato interesse rispetto ad un punto di vita s/oggettivo della conoscenza. In tal senso, è interessante il saggio di Bachelard su "Lautréamont" dedicato ai Canti di Maldoror, un'opera molto vicina al surrealismo per il carattere onirico e psichicamente eccitato, apparentemente irrazionale. Il surrazionalismo, dunque, incide sulla struttura stessa della ragione che va liberata dalle proprie briglie, e questo riorganizzando il pensiero razionale allo scopo di un'evoluzione storica e consequenziale.

Il surrazionalismo propone una metodologia fondata sull'errore, tipico delle sperimentazioni della scienza. Infatti per Bachelard: "Occorre abbandonare quella realtà disegnata dalla geometria euclidea, in quanto non esiste più il reale statico, il reale è adesso dinamico: la realtà del surrazionalismo non è una rappresentazione a priori e non è nemmeno irrazionalità fine a se stessa. La realtà del surrazionalismo si pone in uno stato intermedio tra inconscio e cosciente, tra realtà e surrealtà ed ha lo scopo di raggiungere una verità più profonda, viscerale."

E' necessario, quindi, "volgere il razionalismo dal passato al futuro, dal ricordo al tentativo, dall'elementare al complesso, dal logico al surlogico".

Il surrazionalismo induce la ragione a rischiare, a ripristinare la sua originaria aggressività, a moltiplicare le occasioni di pensiero, a dialettizzarsi di fronte ad ogni ostacolo ed il contrasto della duplice dialettica provocherà idee e soluzioni innovative, provocherà la nascita di un sur-oggetto come risultato di un contrasto, di ciò che di un oggetto viene criticato. Dunque una doppia oggettività che si somma a se stessa.

Oltre al suffisso sur, Bachelard utilizza frequentemente anche il non. Dunque, usa termini come non-newtoniano e non-cartesiano per riferirsi ai metodi di pensiero contemporaneo che aumenta sempre di più le obiezioni. In questo modo, nasce un pensiero che riorganizza il sapere attraverso una nuova dialettica surrazionale secondo la quale la parola "non" ha la possibilità di includere ciò che nega, di divergere in altro e di ramificare verso nuove direzioni semantiche. Il surrazionalismo, dunque, sovverte il comune razionalismo utilizzando concetti elementari in maniera del tutto nuova, rielabo-rando i suffissi, per asserire contemporaneamente di ogni polarità i suoi estremi..

Il Surrazionale di Paolo Navale non è un "ismo".

L'europa del novecento è piena di -ismi ma a questi si oppone il non- che con se convoglia tanto del pensiero orientale, in auge agli inizi del secolo scorso e non solo in Francia. Nonostante il termine Surrazionalismo veda la luce per la prima volta col filosofo Bachelard nel 1939, il termine surrazionale suggella un pensiero artistico, che è stato concettualizzato, sì, dall'inizio degli anni '70, ma che già con il termine sovrarazionale - dal quale Paolo Navale deriva ogni assunto - affonda le sue radici nel quattrocento. Il surrazionale è connotazione concettuale votata ad una realtà sovrasensibile ed è carat-terizzato da un atteggiamento che pur nella pluralità di intenti e soprattutto di mezzi espressivi, è dato da una certa coerenza stilistica, dalla semplicità del gesto, dell'intento e dell'azione minimalista e diretta.

Definire il surrazionale è impossibile, ripete più volte Paolo Navale. Il surrazionale è poliedrico, e in continuo mutamento. Rimane solo una certezza: l'innovazione. L'originalità, è infatti, una caratteristica imprescindibile dal surrazionale. L'opera d'arte surrazionale deve essere nuova, vivida, pulsante, in alcuni casi meccanica, come l'installazione verticale "Strumento per la Misurazione dell'Orizzonte", (Londra 1986) e in altri casi ambigua e provocatrice come "Avete Voi Visto un Ramo di Mandorlo", (Bassacutena 2006 e Tangeri 2009) e, sempre di Paolo Navale in altri ancora; tutti dissacranti come la serie fotografica che ritrae i santi della devozione locale, sfocati volutamente, come se tremassero, come se sfuggissero all'obiettivo.

L'opera d'arte surrazionale può essere tutto, ma mai banale, mai retorica e, sempre, ad ogni costo, innovativa e mai sur-emotiva.

La ricerca estetica surrazionale cerca il limite ed esplora ogni angolo del visibile e del non- alla ricerca di vibrazioni energetiche, di frammenti infinitesimali del non- io, ossia dell'assunto maggiore: il sé universale, nascosto in visioni inusuali. Così un piatto di legumi diventa per l'artista un'esperienza visivo-tattile da offrire allo spettatore e la consueta preparazione di cibo votivo, l'assunto sperimentale di una ricerca sul territorio.

Nella serie fotografica "San Francesco" esposta nel 2007 nel Salone Pirisinu Alà dei Sardi, Paolo Navale fotografa una cena frugale composta da una minestra il cui colore richiama il velluto pesante della giacca del pastore, emblema di gesta esistenziali che anticipano di molto l'essenza e l'etica francescana o monacale. In questo lavoro vengono consapevolmente utilizzati tempi lunghi di apertura del diaframma, in modo tale da sfocare gli elementi in una visione onirica, surreale, trasognante, (del tutto assimilabile alla rêverie Bachelardiana), visione nella quale i mestoli, la caffettiera e gli altri elementi metallici sembrano soffocare il colore caldo del cibo votivo assunto in onore del nume locale, oggi divenuto santo/umanità. La macchina fotografica diventa quindi un nuovo strumento di esplorazione del reale e, parte di quest'ultimo, mostra il visibile non per ciò che è, ma attraverso il filtro emotivo-razionale e dunque della polarità psichica compiuta dell'osservatore, (osservante il rito) la cui appartenenza, il cenacolo, sur-attuativo, trascende le contingenze e dunque come si diceva, le ragioni del visibile immediato.

Il Surrealismo e l'esplorazione del sogno: trasognanza, rêve-éveillé e trance sur-attivo.

L'arte, della prima metà del novecento, subì grandi influenze non solo da Jung e dalla nascita della psicologia analitica. In particolare nell'Europa settentrionale, numerosi correnti artistiche si appropriarono del concetto di inconscio per definire ciò che è celato nel profondo dell'animo umano. Gli artisti appartenenti al movimento surrealista si avvalsero anche di un altro punto cardine tipico della psicologia non solo freudiana: il sogno. Il sogno è un prodotto psichico estremamente interessante per la produzione artistica, in quanto le immagini oniriche si scollegano dalla normale logica degli eventi reali e danno alla luce emozioni, premonizioni, sensazioni o ricordi di cui difficilmente si è coscienti durante la veglia. Ciò accade perché, durante il sonno, la coscienza in qualche modo si assopisce e la mente può quindi permettere all'inconscio di emergere sotto forma di immagini di tipo simbolico.

L'interpretazione dei sogni, come affermava Freud, è importante per stabilire il significato di tali simboli in termini di paure o desideri repressi. I sogni comunicano in chiave analogica, ossia prevalentemente attraverso immagini. In molti casi risulta difficile, se non impossibile, tradurre tali immagini oniriche in parole di senso compiuto in quanto, per comunicare attraverso la logica, è necessaria la coscienza dell'io, limitata o quasi totalmente assente durante il sonno.

Così nel 1924, in parallelo al successo delle teorie dell'inconscio, nacque il movimento artistico denominato Surrealismo. Nonostante il termine fosse simile al Surrazionalismo di Bachelard venuto dopo, il Surrealismo si ispirava piuttosto alla Metafisica e al Dadaismo. Il maggior teorico fu lo scrittore André Breton che titolare de il Manifesto del Surrealismo, si domandava come fosse possibile che ci si fosse interrogati così poco sul senso del sogno, evento onnipresente nella realtà umana.

Breton stabilì che, al fine di esplorare l'animo umano, bisognava raggiungere una realtà superiore nella quale i due modi della mente umana, la veglia ed il sogno, fossero connessi: questo sarà lo scopo del Surrealismo, una sorta di automatismo psichico col quale tentare di esprimere il vero funzionamento del pensiero. Bisognava annientare il controllo della ragione, quindi, e comunicare scardinando dal proprio io le preoccupazioni estetiche o morali. Numerosi artisti aderirono al Surrealismo tra cui Joan Mirò, Marc Chagall, Salvador Dalì, René Magritte, Max Ernst e anche Giorgio De Chirico che nonostante avesse ispirato fortemente la nascita del Surrealismo, preferì non aderirvi.

Postmodernismo e Surrazionalismo.

Con l'affermarsi dell'arte concettuale durante gli anni '70, gli artisti si tagliarono fuori dal mercato in quanto questo tipo di arte prevedeva delle performance temporanee ed estremamente effimere, impossibili da collezionare o esporre nei musei, e che comunque assumevano e implicavano lo stare fuori dal sistema dell'arte e questo a ripudio di ogni visibilità e protagonismo. Poi però, alla fine degli anni '70 avviene una sorta di svolta nel panorama artistico: si fa largo una nuova tendenza denominata postmodernismo, caratterizzata dalla consapevolezza che la modernità in quanto tale è ormai finita, tutto è già stato detto e fatto. La modernità è qualcosa di volubile ed effimero che si nutre di sé stessa e, man mano che nasce, scompare. Il postmodernismo è caratterizzato inoltre dal desiderio di recuperare una tipologia più tradizionale di pittura, scultura e, più in generale, delle arti figurative. Tale tendenza interessò inizialmente l'architettura, poi divenne una sorta di emblema dell'intera epoca.

L'ottimismo nei confronti del futuro che si percepiva fino a qualche anno prima, nell'era del postmodernismo inizia a scemare, fino a dissolversi del tutto. L'artista postmodernista non ha più la possibilità di realizzare qualcosa di nuovo, in quanto tutto è già stato detto, così può soltanto limitarsi a citare i grandi mostri sacri del passato. La citazione, dunque, diventa una delle caratteristiche più peculiari del postmodernismo, così come la memoria, il ritorno ad un passato che diventa una sorta di contenitore di concetti e scelte stilistiche. Il presente sembra non avere alcun valore di per sè ed in fondo, l'unico modo per non incorrere in plagi o falsificazioni anche involontarie, è quello di citare. Gli artisti non si sentono più in obbligo di guardare affannosamente in avanti ma possono fermarsi e guardar dietro di loro alla ricerca di esperienze estetiche da citare.

Nonostante non esista un vero e proprio movimento artistico postmodernista, all'interno del suo spirito è possibile riunire una serie di tipologie di arte: il Citazionismo, la Pittura Colta, la Transavanguardia, i Nuovi Nuovi. Questi ultimi ambiscono ad un citazionismo ironico, decorativo, in alcuni casi iconico. Il Surrazionalismo, nato anch'esso intorno agli anni '70, è assolutamente contrario alle citazioni e non si annovera nel postmodernismo. Preferisce non etichettarsi in alcun modo. Paolo Navale, l'ideatore di tale valore estetico, il surrazionale, e afferma che non sia possibile definirlo, che l'estetica non esiste, e che: "di fama si muore, sprovveduti, divorati dal potere e dal proprio io".

Surrazionale: l'armonia come possibilità di scoperta.

Nel Surrazionalismo di Bachelard, la sensibilità funge da fondamentale chiave di lettura del reale, in quanto i fenomeni inconsci privilegiati, e quindi quelli che possono facilmente divenire coscienti, sono quelli che impressionano in modo più profondo la nostra sensibilità, consapevolmente o no. Non dovrebbe stupire, quindi, l'ipotesi di affidarsi alla sensibilità – alla aurea apprehensio, alla trascendenza, al sovrasensibile, al sur-nominale - per cercare di arrivare a comprendere nozioni anche scientifiche che, a quanto pare, possono esser collegate solo con l'intelligenza emotivo/razionale comunque trascesa.

Questo non significa dimenticarsi la bellezza dei numeri, delle forme o, più in generale, della matematica, solo che tutta la comprensione è ora su un altro piano. Il senso estetico celato nei numeri è un piacere che ogni matematico conosce. Così, l'emozione data da una equazione.

Come chiamare tutto questo se non, appunto, sensibilità? Come dice Paolo Navale: "sensibilità emotiva e sensibilità razionale sono date in una polarità inscindibile, ora trascesa: l'intelligenza".

E quindi, quali potrebbero essere gli elementi della matematica ai quali si attribuiscono senso estetico, bellezza o eleganza, e che sono in grado di suscitarci un qualche tipo di emozione non fine a se stessa ma soprattutto intellettiva? Sono gli elementi assemblati con armonia, in modo tale che si possa coglierne l'insieme senza sforzo e senza farsi sfuggire i dettagli. Per Paolo Navale, l'armonia è noumeno inconoscibile dato dalla dialettica degli opposti. Tale armonia soddisfa appieno le nostre esigenze estetiche ed è di grande aiuto per la mente. Di conseguenza, ogni volta che osserviamo qualcosa di ben ordinato, presagiamo in qualche modo delle leggi matematiche che lo governano.

Eppure la bellezza, l'armonia e l'eleganza non possono essere dei meri criteri estetici se ci fanno presagire delle leggi matematiche. L'armonia e il piacere estetico come fatto intellettivo e non emotivo soltanto, sono dunque una possibilità di scoperta che indubbiamente avrà delle implicazioni teoretiche: surrazionali. La bellezza non va intesa con una valenza divinatoria, ma piuttosto come un indizio verso una possibile scoperta di valori puramente pragmatici, valori di ragione.

In che modo è possibile coniugare il concetto di bellezza ed armonia come una possibilità di scoperta matematica, con il surrazionale? In un brano degli Appunti sul Surrazionale, di Paolo Navale si legge la seguente affermazione:

"Vorrei fosse chiaro: avere la sciolta e chiamarla arte non è altro che avere la sciolta e chiamarla arte. Chiaro? No, non è ancora chiaro... Dunque per i mediocri lo spiegherò meglio: avere la sciolta emotiva (dell'emozione fine a se stessa e dunque irrazionale) non è altro che avere la sciolta emotiva e chiamare la cagarella che ne deriva arte. Chiaro? Sulla nostra capacità tutta umana di produrre cacca tutti noi dobbiamo avere un certo ritegno. Dunque il Surrazionale... diverso ma non distinto da sub-razionale non contraddice affatto i principi della ragione né, per palesarne della realtà l'intero spettro, userà mai i nostri labili sensi, che con tanta boria diamo invece essere il centro assoluto... del mondo: sbagliamo!"

Surrealismo e Surrazionalismo.

Il Surrealismo ed il Surrazionalismo sono due ipotesi artistiche decisamente differenti.

Questi due termini risultano spesso congiunti, allora come oggi, e considerati come due parti fondamentali dello stesso concetto. Il surrazionalismo, in effetti, è un sublime eccesso all'interno della rivoluzione storica surrealista.

Il filosofo Gaston Bachelard, intorno al 1930, elaborò una dottrina che, seppur provocatoria, risultava intimamente connessa all'arte e agli enormi progressi della scienza contemporanea: il surrazionalismo. Tale nome fu ideato in omaggio al surrealismo di André Breton e Tristan Tzara.

L'epistemologia surrazionalista intendeva coniugare sensibilità e ragione e liberare tutte le potenzi-alità nascoste in tale unicum riorganizzando le idee tipicamente dominanti nella tradizione filosofica e scientifica occidentale dell'epoca.

In realtà, c'è una certa distanza tra i termini surrealismo e surrazionalismo: il surrealismo è per lo più anti-razionalista, mentre il surrazionalismo (anti-scientista, anti-positivista e anti-riduzionista)4 tenta di sollevare il pensiero razionale ed il discorso razionale in una dimensione, (del logos, della maieutica?), in cui la soggettività è trascesa, in empiriche coordinate di pensiero dalle quali risulta una rinnovata visione del mondo, come ricerca del sé non più soggettivo, da cui il termine "sguardo interiore". Visione illuminata dal processo, analitico(?) di costruzione di rappresentazioni.

Tali rappresentazioni, risiedono nello spazio scomodo e indeterminato, tra soggetto ed oggetto. Le denunce premonitrici di Goethe in merito ad una sconfessione prematura del razionalismo rivolto a Schlegel vengono messe in discussione. La prigione della rappresentazione (connaturata all'io e ai suoi limiti sensuali che sono poi gli stessi di cui soffre l'osservatore scientifico salvo postulare, dell'osservazione in atto, la relatività di tutto il suo punto di vista) è, in parte, il risultato di tutte le forme che hanno una gravità implicita, un fenomeno culturale che porta all'esaurimento del contenuto e alla banalizzazione dell'esperienza, oppure, tutto precipita.

L'istituzionalizzazione di questa banalità è un altro problema. Bisogna esaminare quali fattori nel calcolo culturale (antropologico?) inducono l'estrema banalità e quali la neutralizzano: questo è ciò che i surrealisti compiono all'interno delle limitate possibilità della loro rivoluzione.

Il Surrazionalismo, come forma di intelletto, resiste automaticamente al processo inerente di banalizzazione, semplicemente essendo se stesso, all'origine. Una origine molto remota. Non può essere assorbito nel macchinario del mondo dal momento che è, paradossalmente, pensiero puro. Il concetto di Heidegger "pensare a proposito del pensiero" sembra quasi una parodia di questa potenzialità elettrizzante all'interno del surrazionale.

Il Surrazionalismo è fuori dai limiti e dalle categorie Aristoteliche. Invincibile come la prassi quantistica che all'approccio razionalistico offre come tutta risposta solo paradossi apparentemente anti-logici e, come estrema conseguenza non-classici perché non-euclidei, non più euclidei, svelando così tutti i limiti per esempio del nostro linguaggio e dei nostri schemi logico deduttivi. Il surrazionale è contro il razionalismo riduttivo fine a se stesso. Vi è spirito anche nel numero aureo e nelle sue proporzioni e ambito, e tale spirito è indice olistico del tutto, cosa che, per quanto le superi, può essere capito perfettamente bene dalla nostra ragione e dalla logica deduttiva. E' la stessa malattia di cui soffrì Hugo Ball (un introverso ipersensibile per il quale anche le parole avevano un'anima) da quando iniziò il Cabaret Voltaire, e che lo stesso ha poi portato con sé per auto-imposizione in "esilio interno" nella Svizzera rurale. Questo stesso spirito proto-anarchico si trova nascosto nei libri non indicizzati di case editrici in tutto il mondo, fuori dalla storia, che nessuno ricorda più ma non di meno la fibrillazione esiste ed è vitale. La ricerca di tali libri costituisce di certo l'eroico lavoro - per citarne solo uno - di Walter Benjamin, così come è presente nella scrittura post-epistemologica di Bachelard non immune da una sottile frenesia dissacratoria così come lo era l'amico loro, di un vita: Tristan Tzara.

1Giulio Carlo Argan riporta che Mirò dichiarava candidamente che i suoi dipinti non significano niente ma, aggiunge Argan, “la mancanza di significato non è mancanza di motivazione”. L’arte contemporanea ha anzi tutto motivazioni razionali.

2 Per maggiori informazioni in merito al Surrazionale attuativo consultare "Il Manifesto dell'Estetica Surrazionale e il Modello Surrazionale dell'Universo". Paolo Navale. Youcanprint Editore. 2002. 

3 www.paolonavale.com Vedi Appunti sul Surrazionale:  Alle radici dell’essere,Testo di Francesca Baboni  2003. Intervista col Vuoto; Londra 1986/7, 89... 1991. Il surrazionale abolisce la prospettiva: l’unico osservatore è il vuoto. Concetto surrazionale per eccellenza: deriva da Intervista col Vuoto i cui precetti sono stati ricevuti in una sorta di stream of consciousness, uno stato di trance non del tutto cosciente. Concetto poi battuto a macchina Steutfer a Nuoro, nel 1997 da Luisella Manca per la mostra 40° Parallelo e parte di una vetrina (installazione sotto vetro), sulla quale era stato incollato a mò di tazebao cinese.

4 Sul Surrazionale Paolo Navale: il filosofo Bachelard contro l'illusione del riduzionismo scientista. UCCR. Copyright 2009.

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