perché adesso non so mi sono persa

riprendo il discorso. adesso la faccenda si è come oscurata e non si sa il perché. capita che le cose si facciano oscure. soprattutto 
in casi come questi dove la divinità non si mostra, non si sa perché non voglia mostrarsi. forse per timidezza o per paura di sbagliare.
il fatto è che c'è qualcuno che aspetta un segno e che tale segno, per timidezza, per paura di sbagliare o per disinteresse, non arriva. e allora colui che aspetta ad un certo punto si trova costretto a fare da solo.
sempre giobbe.
giobbe crede troppo in dio. ci crede probabilmente per comodità, perché avere un dio è il suo modo per eseguire ed eseguire è il suo modo per non assumersi tutte le colpe.
la vita è una condanna. è piena di cose che non funzionano alla radice.
giobbe lo sa. perché non è stupido. è viziato, forse, ma non è stupido. a giobbe è chiaro che la vita non è un teorema. se la vita fosse un teorema per giobbe sarebbe tutto molto più semplice, dal momento che egli è in grado di riconoscere ciò che gli sembra meglio da ciò che gli sembra peggio.
ma la vita non è affatto un teorema. non è sufficiente essere abbastanza intelligenti per venirne a capo. la vita è un insieme di ingiustizie in un modo o nell'altro - se stai dalla parte degli ingiusti sei un privilegiato, hai le tue opportunità, hai tempo, forse hai anche la voglia, ma non hai niente da dire in prima persona.se stai dalla parte dei giusti, semplicemente, non hai voglia, sei debilitato, sei stupido di succhiare.
questo almeno pare a giobbe. che per essere un giusto, il prezzo da pagare sia quello di non avere più né tempo né voce, né voglia.
allora è lì che giobbe cerca dio.
(anche gesù cercherà dio. perché anche gesù si porrà la stessa domanda, ossia: cosa faccio?)
ma torniamo alla domanda di prima.
giobbe è onesto.non ha voglia di menarsela con i bigotti, ma allo stesso tempo non ha voglia di subire cose che non comprende. cose che non hanno alcuna logica anche se sembrano averla e tutti fingono di riconoscerla.
e allora che giobbe ha un'illuminazione e pensa, se tutto questo sta capitando, deve darmi una ragione del suo capitare.
e allora nel suo piccolo cerca quella ragione.
sa che la sua ragione è altro da lui, ma ci prova. in questo è simpatico giobbe, non è arrogante, non si crede chissàchi.
giobbe pensa: se a questo non arrivo, sarà perché sta troppo in alto.
allora prende una sedia e guarda in su e dice: cazzo, ci sei?
ma non ottiene risposta.
e io partirei da qui.
da giobbe su una sedia che guarda in alto e chiama e chiede. e in alto trova solo silenzio
e si dice, forse è ora di scendere dalla sedia e lasciar perdere, ma non vuole scendere.
e non vuole perché la soluzione di scendere è una soluzione misera, è una soluzione che gli impone di rinunciare a tutta la sua idea poetica del mondo. dove per poetica si intende, non imperscrutabile, non data, ma pensabile in tutta la sua immensa cosmica complessità.
l'armonia non può non comprendere il tutto. se il tutto non può essere compreso siamo nei guai, spiega giobbe, in alto sulla sua sedia, al suo dio pensato.
ma sul soffitto c'è solo un ragno e il ragno non parla la sua lingua, ha le sue cose.
se il ragno lo capisse probabilmente potrebbe fare molto per lui. ma il ragno non lo capisce.
in definitiva questa non è una tragedia. è solo la storia di due che non riescono a parlarsi.
giobbe e il suo ragno.
ma per tornare a noi. io credo che noi avremmo alcune possibilità. se te lo dico è perché ho il dubbio che tu non possa credermi.
infatti io non ho nulla dalla mia parte. non ho più neanche il tempo.
in ogni caso io credo di doverti un ragionamento.
per questo continuo a tessere la mia tela intorno a giobbe. perché lui è in un certo senso l'inventore di un dio che dà delle risposte, o che almeno è chiamato a darle.
è una grande differenza questa. rispetto a tutti gli altri giobbe domanda.
nessuno domanda come lui.
perché lui non ha paura delle risposte che potrebbe ricevere, al contrario degli altri lui non sta cercando di capire come fare a riavere ciò che a perso, ma soltanto si domanda: perché. come funzionano le cose della vita. non vuole essere un privilegiato, ma non vuole neanche essere un credulone, uno che passa e va.
ed è questo il punto, forse.
se giobbe potesse dire a dio delle cose, se dio ci fosse, se si fosse inventato un orecchio per ascoltarlo e un cervello per capirlo, allora la domanda gli risuonerebbe dura.
perché dio non potrebbe esimersi dal porsi lui stesso la stessa domanda.
mi rendo conto che sto diventando molto noiosa e non so più dove andare. sta mattina sono passata davanti ad una macelleria che si chiamava "oro rosso".
oro rosso. che significa, oro, come l'oro e rosso come il sangue. poi se ci pensi un po' capisci che è un gioco, che vuol dire, il col sangue mi faccio i soldi. perché la carne costa cara. il sangue costa caro.e questo macellaio io non lo conosco. non sarà più colpevole di qualsiasi altro macellaio, e non commetterò più peccati o più ingiustizie di tutti i macellai che macellano o comprano la carne già macellata per venderla e trarne profitto. solo che lui ha avuto, per così dire, l'idea di questo nome da dare alla propria macelleria, che a me mi ha fatto subito pensare ad un qualche castigo divino. cioè, io avrei voluto in quel momento che li, il macellaio proprietario della macelleria "oro rosso" trovasse sulla propria strada un qualcosa, un qualcuno, che gli dacesse capire che c'è un limite, se non nei fatti almeno nelle parole.
però poi mi sono detta, io come te le spiego queste cose, dato che non mi vuoi mai ascoltare. sarà molto difficle che io riesca a spiegarti questi pensieri che a volte sfuggono anche a me.
a volte io stessa mi chiedo, ma sei sicura di voler dire queste cose, e a volte mi chiedo addirittura, ma sei sicura di volerle pensare?
e a volte mi rispondo: se avessi una stufa cara mia, adesso ci staresti seduta attaccata, e andresti a prendere altra legna domani mattina e di tutto il resto magari ti importerebbe molto meno.
invece così un po' per la stufa un po' il silenzio qua tutt'intorno, le mie domande non se ne vanno e non si cancellano. ance se una volta, mentre camminavamo per il valentino tu volevi insegnarmi l'inglese e mi hai indicato un albero con delle foglie e hai detto leaves intendendo: partiamo da qua, dalle foglie.
e io mi sono chiesta come avresti fatto ad insegnarmi tutta una lingua facendo così, con tutte le cose che ci sono al mondo non ce l'avremmo mai fatta.
ma se avessimo continuato adesso forse ne saprei di cose in inglese.
in ogni caso non so. perché adesso non so, mi sono persa.

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