LA PITTURA NON HA DERIVATI di Giuseppe Veneziano

giuseppe veneziano artista

Anacronismo, che brutta parola! Viene pronunciata ogni qual volta si parla di pittura. Quale alchimia deve inventarsi un pittore per non essere anacronistico? Nessuna. La pittura non è una dimensione che ha a che fare con il tempo, ma solo con il pensiero.

Per anni abbiamo assistito a schiere di pittori che sono entrate in competizione con altri mezzi espressivi più attuali e veloci, come la fotografia, il video, l’installazione, la performance etc. Ci si è trovati di fronte a tanta pittura iperrealista, a pastrocchi installativi con qualche quadretto allocato qua e là (magari tra un video e una foto), per dimostrare l’eclettismo dell’artista che sa anche dipingere. Tutte operazioni artistiche che non hanno dato nessun contributo all’evoluzione del linguaggio pittorico. Tutte strategie di gente che non ha avuto il coraggio di sfidare le correnti modaiole.

Per fortuna, in ogni epoca, ci sono gli artisti, quelli veri, quelli che s’immergono dentro la propria esistenza e cercano di trasmettere le proprie ragioni nel modo a loro più congeniale. Fregandosene del fatto che la pittura possa essere un mezzo competitivo oppure no. Non è il mezzo che fa l’arte! Alla domanda se il futuro dell’arte sia legato alla video art o ad internet, Maurizio Cattelan rispose così: “Il video o internet sono solo contenitori. E’ come chiedersi se il futuro dell’acqua è nelle bottiglie di plastica o in quelle di vetro. Il futuro dell’arte è nel suo passato”.

L’artista è colui che arriva al suo pubblico attraverso il suo linguaggio, senza bisogno d’intermediazioni. E’ la capacità comunicativa del suo lavoro che lo rende tale. Quindi, bisogna abbandonare le strategie comunicative studiate a tavolino, i marketing commerciali, le pratiche fredde di riproduzione (perché di questo si tratta), e lasciarsi andare alla propria istintività. Solo in quel caso si è veramente sinceri. E l’arte, fin dalle sue origini, ha chiesto solo questo al suo artefice, la sincerità.

Trovo molto interessante la nuova generazione di pittori perché non si fanno tante seghe mentali. Essi affrontano lo spazio della tela con semplicità e immediatezza. Si guardano attorno, scavano nella propria infanzia e nella propria adolescenza e realizzano, in piena libertà, “mondi fantastici” pieni di sogni e incubi, di ansie e contraddizioni, di attese... Non si pongono il problema della sofisticazione tecnica per attirare l’attenzione sul loro lavoro o di rompere con il passato. Anzi il passato viene visto come un serbatoio da cui attingere liberamente. A loro interessa più trovare nuove connessioni all’interno del quadro, nuovi cortocircuiti tra forme e colore, che diano parvenze di bellezza.

I giovani pittori sono più interessati nella resa finale del quadro. Si ritorna a parlare di questioni compositive, di luce, di assonanze, di espressività; anche l’odiato (e per tanti anni negato) soggetto è ritornato ad avere una sua centralità. La vera legge che regna in ogni opera è la mancanza di una teoria che la supporti. C’è già il telaio che supporta la tela e il suo contenuto! Basta intellettualismi che generano mostri. Si ritorna a dipingere con la leggerezza del pensiero e della mano. Ogni pittore esprima liberamente la propria individualità. Viviamo nel caos e allora proviamo a rappresentarlo!!!

Note:
-Testo pubblicato sul catalogo “Lo stato dell’arte 2009” Galleria “Obraz” Milano
-Le immagini sono state selezionate da Giuseppe Veneziano

Didascalie immagini in ordine di apparizione:

1- Jovi Schnell, Avenue of Eden, 2002, acrilico e collage su tela, cm 140x206
2- Laylah Ali, Untitled, 1999, gouache on paper, cm 8 x 11
3- Lisa Ruyter, Sanctuary, 2001, acrylic on canvas, 122 x 213 cm

 

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