da Il Cairo a Cittadellarte

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UNIDEE in Residence è un programma interazionale rivolto ad artisti e chi lavora nel settore, al fine di fare un'esperienza in residenza presso Cttadellarte alla Fondazione Pistoletto (Biella - It).

Un progetto a cui ho preso parte nella sua edizione del 2013, conclusasi con una mostra dal titolo The Compromise curata da Jeanne Van Heeswijk e Carolina Rito, che vedeva in mostra pezzi di Anastasia Ryabova, Ayed Arafah, Charles-An toine Blais Métivier, Ilaria Biotti, Khaled Galaleldeen, Olga Jitlina, Richard Soriano Legaspi, Sohail Azad e Rabindra, Marica Vitas e Rabindra Pata.

Per maggiorni informazioni sul progetto https://unidee2013.wordpress.com/

 

Frugando nel vecchio hard disk ho trovato un pezzo scitto per il mio amico Khaled Galaleldeen, artista egiziano che al momento lavora e vive a Il Cairo, sulla sua istallazione in mostra.

 

Perché ricreare la propria stanza in una galleria d'arte? Dopo che Robert Rauschenberg ha esposto il 
suo letto al MoMA pare non ci siamo più limiti - sempre che dopo Deschump ce ne fossero ancora - ma 
se vogliamo partire da un'affinità per raccontare il lavoro di Khaled Galadhed l'artista americano, o 
meglio americana, da citare è sicuramente Sara Shay. Il lavoro portato nel padiglione americano
 dell'ultima Biennale di Venezia ci proietta in una realtà parallela in cui l'ambiente viene composto per 
addizione.
 La stessa cosa la fa Gahaled, con la differenza dell’inconsapevolezza, infatti il suo lavoro non parte
dalla volontà di creare un ambiente, ma quest'ultimo è il risultato di una ricerca che fa del processo il
suo strumento privilegiato di lavoro e mira a creare nuove relazioni spaziali tramite nuove visioni. È 
proprio dalla visualità dell'arte che parte il processo d'installazione, l'artista è per formazione un pittore,
 volto alla creazione di legami ottico visuali che legano lo spazio assieme, e il risultato è un po' quello di 
un pittore che dipinge con materiali su una tela che nient'altro è che lo spazio stesso.
 L'opera in mostra racconta la residenza di Khaled all'interno di Unidee in resident 2013, e in particolare
il rapporto con la sua stanza, che è stato il suo rifugio dalle difficoltà quotidiane d'interazione con la
società con cui è stato in contatto - lo sviluppo di un progetto in relazione alla comunità sta alla base
della mission della residenza - e proprio da quest'ambiente ha iniziato a rimettere in discussione il
 proprio metodo: da pittore di tela a pittore degli spazi. 
Il collage e gli specchi sono il linguaggio privilegiato, i primi rappresentano a loro volta la profonda
necessità di ricercare relazioni tra le cose del mondo, mentre i secondi rispondono a quella di creazione
di una dimensione diversa da quella puramente bidimensionale. Le immagini usate sono piene di
riferimenti al mondo naturale, dal quale partono per creare giochi visivi, conditi con illusioni ottiche, 
fino a trovare le suddette relazioni che stanno alla base della ricerca dell'artista.
 Ricreare una stanza chiusa per poter aprirsi al mondo, ecco quello che ha fatto Khaled Galadhed, e l'ha 
fatto uscendone con tutta la stanza che ha dipinto per quattro mesi.

 

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