Fulvio Abbate, intellettuale, socialista libertario, creatore della televisione monolocale Teledurruti e del movimento Situazionismo e Libertà.
Creatore.. Questa credo sia la parola più appropriata all'uomo Fulvio.
Infatti Fulvio Abbate non solo è un'artista ma è il primo esempio della storia dell'arte in cui artista e opera d'arte coesistono anzi, sono la stessa cosa.
Questa condizione è chiara nella distanza che c'è tra lui e pubblico: quella assenza tra reale e TV è in realtà presenza che diventa sospensione del tempo ( tipico delle opere d'arte ).
Si diventa artisti quando si è in grado di creare un mondo unico che appartiene agli altri. Con Abbate ci troviamo quindi al cospetto di un performer, di una nuova forma di body art.
Quando Fulvio parla, dall'altra parte c'è lui stesso che guarda. Lui è il suo primo e ultimo spettatore.
Si crea così un teatro in cui lo spettatore non esiste. Esiste invece una comunicazione tra lui e se stesso, lo spettatore rimane depotenziato, come un proiettile già vuoto, sparato, di fronte ad un autoritratto. Non serve che il pubblico lo guardi, lo spettatore guardandolo dà corpo ad un avvenimento già avverato, esso arriva già dopo, è colui che decreta l'avvenuta di ciò che già c'è, una sorta di “antespettacolo”. Fulvio Abbate diventa autore e coautore della sua parola. Esso viene catturato da se stesso, è accentratore della sua stessa concentrazione. Svolge un atto consumatorio, una sorta di masturbazione pubblica.
C'è una sorta di similitudine tra Fulvio Abbate e Carmelo Bene, riscontrabile in quella che è la funzione del Pubblico.
Lo spettatore che guarda Abbate come quello che guarda Carmelo Bene non sa perchè lo sta guardando, entrambi sono in grado di togliere ogni tipo di facoltà decisionale allo spettatore che proprio per questo, viene inserito anche lui stesso nell'opera.
Ma mentre Carmelo Bene moriva in scena per vivere nello spettatore, Fulvio si sdoppia, tira fuori come una matrioska quello che è dentro Fulvio che lui stesso non vede.
Lo spettatore serve e non serve, si può dire che è inutile come lo era per Carmelo Bene ( se non c'era lo spettatore era lo stesso perchè la sua morte scenica diveniva un'aurea che aleggiava fino a rivivere nel primo passante ).
Entrambi compiono un gesto che è quello del dono, si donano per ridiventare se stessi, così Carmelo come Fulvio.
Abbate, tirando fuori questo se stesso trasparente, diventa specchio di tutti noi ( ognuno di noi ha questo se stesso ) si accende in un autoritratto. La sua parola è un'autoparola.
L'artista diventa tale quandoè in grado di sottrarsi e addizionarsi, quando si moltiplica, quindi quando è in grado di fare un'operazione di se stesso. L'operazione di Fulvio è l'addizione ( si sdoppia in uno, due, cento, mille Fulvio ), quella di Carmelo la sottrazione (si uccide per essere ).
Che io abbia ragione o meno, la cosa sicura è che Fulvio Abbate ha apportato qualcosa di nuovo al panorama artistico attuale e, fosse solo per questo, c'è da essergliene riconoscenti.
Per approfondire:
http://www.teledurruti.it/
Lucia Lo Cascio