solo due cose:
quando io e mio fratello andavamo a dormire da nostro padre,
il turno del giovedì, mi pare, o del martedì (ma più il giovedì),
la mattina pioveva sempre. Non erano mai piogge torrenziali, ma una pioggina fitta che quasi non si percepiva con gli occhi. Era la pioggia del mattino degli anni settantacinque o settantasei o settantasette, di quando la FIAT buttava ancora in aria grandi quantità di cose. Così, noi andavamo (non per mano) con la cartella, fino alla paletta dell'autobus. Non faceva freddo, dovevamo solo stare attenti a non sbagliare fermata e a cambiare in piazza robilant per arrivare a scuola. Non eravamo soli, perché sull'autobus c'erano tantissime persone, ma non ne conoscevamo nessuna. non ci tenevamo per mano, anche se forse avremmo voluto, perché dovevamo stare attenti a quando scendere.
la seconda è che quelle mattine, nostro padre, per colazione ci dava i soldi per andare alla latteria di sotto a comprare due budini, di quelli nella vaschetta di plastica, per la colazione. A volte li prendevamo neri, al cioccolato, a volte bianchi. quelli bianchi, alla crema, duravano di meno, quando li mangiavi, perché erano più buoni. Mio fratello, il suo, lo mangiava comunque più lentamente di me: cominciava dal bordo e procedeva in modo sistematico, regolare, simmetrico, fino alla fine del budino. Io invece ficcavo il cucchiaino a casaccio e non ci pensavo, che così sarebbe finito subito.