A spasso con Aldo Damioli

Classe 1952, l’artista Aldo Damioli nasce a Milano, dove vive e lavora.

Opere di enorme fascino nascono dal suo lungo e minuzioso lavoro, in cui fatica e passione vanno a creare quella perfezione, almeno apparente, delle tele di tale artista. Ovvio il richiamo a Canaletto, Marieschi e il Bellotto, vedutisti di elevata fama, dove elementi paesaggistici reali o inventati, venivano spesso accostati con minuziosa esattezza in abili effetti di scenografia. Numerosi i richiami ad artisti quali Canova, Malevic e la corrente della Op Art, forma d’arte che tende a materializzare in forme geometriche apparentemente casuali determinate sensazioni ottiche e psicologiche, perché è inutile negarlo, ma in fondo i suoi edifici sono forme geometriche talmente perfette da appagare il nostro senso di smarrimento e confusione reale almeno per pochi istanti.

La forma pura, scrupolosa, precisa ma allo stesso tempo per niente appesantita, dimostra la natura prettamente classica di Damioli. I suoi lavori diventano come scatti di una città che non c’è, che ci aiutano a dimenticare le bruttezze di questa società, in cui prima di passare all’uso del pennello, l’artista pare eliminare ogni cosa possa inquinare o alterare il suo lavoro finale.

Damioli costruisce forme precise, prive delle futilità che si trovano nella vita quotidiana. Punta all’essenziale.

Trovarsi dinanzi ai suoi lavori significa vivere per intero lo spazio da lui rappresentato, approfittando per un piccolo istante anche del senso di pace che le sue vedute ci donano.

 

Le sue sembrano città lontane, che ci ricordano, anche se lontanamente, la città del sole. La città del sole di Campanella rappresenta la proiezione di un modello di società pacifica e giusta in un luogo immaginario, proprio per la evidente frattura tra la realtà del tempo e l’esigenza, di un totale rinnovamento civile e spirituale.

Damioli al contrario, di certo non vuole farci credere che vi sia una città ideale, perfetta, non si illude e non crede nella felicità eterna, tanto meno in un futuro di solo pace e amore, ma crede, però, che vi sia ancora una possibilità di migliorare. Vuole farci sperare che qualcosa possa sempre cambiare. Le sue vedute eleganti e composte nascondono cosi la confusione di un mondo reale che c’è ma non si vede, e cosi, almeno per un momento, l’osservatore sente di vivere in un posto tranquillo. Personaggi, i suoi, in attesa di un tempo che verrà, o almeno, cosi si spera.

Venezia, simbolo dell’antico e dell’origine di ciò che è stato, e New York, simbolo del nuovo e di ciò che ci sarà. Due cose ben distinte che si legano per farci capire ancora una volta che non esiste presente senza passato. Un’attenzione formidabile quella di Damioli a rappresentare ciò che si sente più che ciò che ognuno di noi vede. Non per altro quando si parla di Aldo Damioli si parla di un grande maestro in grado di farci arrivare in posti lontani, tanto lontani da non saper neanche arrivarci, se non entrando in noi stessi, attraverso le sue opere.

                                                                                                Martina Adamuccio

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