Si muove sul sottile confine tra legalità – sfidandone il concetto e ridefinendola di volta in volta – e libertà – d’azione e d’espressione.
Clet Abraham non è partito dalla “strada” e forse non ha nemmeno scelto la “strada”. Si potrebbe dire che è stato trovato dalla strada e dai cartelli segnaletici, presenza ingombrante nelle città, “colonnelli dei tuoi movimenti attraverso un linguaggio che ci standardizza”.
I cartelli rappresentano l’autorità. Obbighi e divieti.
Clet, affascinato dai colori e dalla luce del vinile dei cartelli, ha deciso di sostituirli alla tela per andare incontro alle persone e interagire con il loro significato, imperativo e costrittivo.
Con la sua opera cerca di renderli meno banali, infondendo vita nell’omino nero – l’“uomo comune” – che vive racchiuso nel limitato e limitante spazio del cartello.
Tutto ebbe inizio nel 2009, col Cristo crocifisso sul segnale a “T” della strada senza uscita. Da allora l’interazione di Clet con la segnaletica stradale si è mossa principalmente in tre direzioni.
Attraverso la Passione, rivisitata sempre sul segnale di strada senza uscita; gli angeli e i demoni sugli obblighi di direzione; o la mano divina che fuoriesce dalle nuvole indicando implacabile i bambini, che corrono sul segnale di pericolo che si trova solitamente nei pressi delle scuole, ha sviluppato una serie di suggestioni legate al tema della spiritualità. Semplificandola dai dogmatisti e portandola in strada. Tra i passanti. E gli automobilisti.
Partendo dall’omino nero che rimuove (o sega) il segnale di divieto, si sviluppa poi la riflessione dell’artista sui temi della libertà e della legalità. “I cartelli stradali sono imposizione delle istituzioni, più ce ne sono più marcano il territorio”. Altri spunti di riflessione sul tema sono offerti dalla cintura che slacciandosi scioglie il divieto di sosta, la palla al piede aggiunta all’omino dei lavori in corso o la nave che affonda, trascinata dall’ancora dell’obbligo di direzione.
C’è poi una terza zona meno definibile di lavori, solo all’apparenza più leggeri e giocosi. L’uomo comune alla guida del divieto d’accesso; l’uomo vitruviano imprigionato nel segnale di divieto, la freccia che trafigge il cuore o la moneta da un euro. E tra queste, anche le opere pensate per le città che le ospitano. L’uomo comune che disvela il velo della Sindone a Torino, la Tour Eiffel che si innesta sul divieto di svolta a Parigi, o ancora la Union Jack che emerge a Londra dal divieto di sosta.
Nel gennaio 2011 l’“uomo comune” vive un’evoluzione/rivoluzione fondamentale. Si libera definitivamente dei limiti imposti dai cartelli, diventa scultura (a dimensione umana) e passeggia sul Ponte alle Grazie di Firenze. Per sette giorni, prima di essere rimosso.
A Torino Clet, per dare nuovamente tridimensionalità al suo personaggio, torna alla genesi del suo lavoro in strada, trasformando in scultura la Crocifissione sul segnale di strada senza uscita.
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