Come promesso vi regalo un breve estratto di 1937, la cui pubblicazione è prevista più o meno per Natale, Dio volendo. A differenza dei capitoli precedenti (1935 e 1936), questo volume finale sarà fondamentalmente un romanzo di guerra, seppur diviso in tre parti che alterneranno altre situazioni e suggestioni, tra cui il completamento delle storie personali di due dei personaggi principali che hanno accompagnato me – e spero anche voi – durante questo percorso.
Poche, utili precisazioni: l'intera saga di Prometeo si sviluppa sul doppio binario ucronia + dieselpunk. Oltre agli elementi cosidetti “weird” (mostri di Frankenstein, automi governati da cervelli umani impiantati chirurgicamente etc etc), sono anche presenti tecnologie leggermente anacronistiche rispetto alla cronistoria conosciuta. Per esempio l'Impero Tedesco della mia saga dispone già di alcuni caccia a reazione Focke-Wulfe 183, che in realtà furono progettati (e mai realizzati) dalla Germania nazista nel 1943.
Fatte queste dovute considerazioni, eccovi l'estratto.
Buona lettura.
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Solo dopo diversi giorni Enrico sarebbe riuscito a riannodare le decine di racconti nati dallo sbarco in Corsica e a unificarli in un resoconto coerente. Dopo l'ultima conversazione con Dempsey, l'antropologo aveva preso molto sul serio il suo ruolo di testimone oculare di quella storica operazione militare. Grazie all'amicizia che lo legava al generale inglese, Enrico poté aggregarsi senza problemi ai reporter presenti sulla HMS Glorious, godendo così dei continui aggiornamenti che ricevevano via radio direttamente dal vicino fronte. Si trattava quasi esclusivamente di giornalisti scelti dall'ufficio propaganda della BUF, ovvero compiacenti e pronti a narrare le trionfali gesta dell'Esercito britannico, senza se e senza ma. A ogni modo, con la stampa schierata in pompa magna, l'attacco ebbe dunque inizio.
Dapprima ci fu un'opera di cannoneggiamento alle batterie antinavali costiere, i cui pezzi d'artiglieria del Kaiser risposero a singhiozzo, prima di essere distrutti dai più potenti cannoni degli incrociatori inglesi. Nel giro di un'ora la via fu libera, anche perché l'aviazione tedesca dell'isola titubava a intervenire, visti i Leoni schierati a difesa delle truppe di terra. I primi a sbarcare sull'isola contesa furono gli assemblati a bordo della Brignole, la nave cargo aggregata alla “mezza flotta” comandata dal duca Balaban. Coperti dal fuoco di fila delle navi da battaglia, si gettarono in acqua al largo di Vignola, il paesino a pochi chilometri ovest da Ajaccio che rappresentava il bersaglio primario di Balaban.
Quei particolari Prometei, raccattati dal Doge di Genova sul suolo repubblicano di Liguria, erano stati addestrati per agire come truppe anfibie. Il loro fisico rianimato, quasi del tutto immune a punte estreme di freddo e alla stanchezza, rappresentava l'ideale per attraversare a nuoto i duecentocinquanta metri che separavano la Brignole dalla costa. Fu così che quasi un centinaio di assemblati sbucarono sulla spiaggia, a lato delle residue postazioni di artiglieria tedesca. Lo scontro si risolse in qualcosa di molto simile a una strage a danno dei poveri crucchi.
Con la via libera, Balaban ordinò al resto delle truppe ai suoi ordini di sbarcare. Troppo tardi una squadriglia di bombardieri leggeri della Luftstreitkräfte tentò un coraggioso e folle attacco ai punti d'approdo. Dopo un primo passaggio, in cui riuscirono a mietere diverse vittime, furono intercettati dai Fokker D.VIII decollati dalla Radetzky. Seppur obsoleti e facili da abbattere, i caccia austriaci erano più agili degli Junkers 87 tedeschi, che furono costretti a una ritirata strategica nel giro di pochi minuti. I Leoni rimasero in attesa, pronti a dar man forte ai piloti dalmati e croati.
Lungo la linea costiera che collegava Vignola ad Ajaccio erano disposte diverse posizioni difensive ancora funzionanti, perlopiù batterie d'artiglieria antiaerea, compagnie di fanteria e carri armati leggeri. Avrebbero potuto resistere a lungo e probabilmente anche respingere gli anglo-asburgici, ma la flotta disponeva dei Leoni, che rappresentavano la punta di diamante del piano d'attacco.