Secondo uno studio pubblicato qualche mese fa sul New York Times, l’utente-tipo del Web trascorre circa 50 minuti al giorno su Facebook. Questo lasso di tempo comprende anche la navigazione sui siti appartenenti alla grande famiglia FB, vale a dire Instagram e Messenger.
Se in un primo momento cinquanta minuti possono sembrare pochi, l’autore dell’articolo ci fa subito cambiare idea.
Frammentiamo un giorno: oltre otto ore sono dedicate al sonno (8,8). Il tempo rimanente viene impiegato ovviamente per attività fondamentali: mangiare, lavarsi, studiare, lavorare. Le ore dedicate a svago e cultura sono spezzettate in vario modo. Allo sport vengono dedicati in media 17 minuti. Alla lettura 19 minuti. Le occasioni di socializzazione (prendere un caffè con qualcuno, per esempio) occupano la bellezza di 4 minuti al giorno.
Visto che i 50 minuti dedicati a Facebook non sono poi così pochi?
Anzi, fate questo paragone: in media il tempo trascorso tra pranzo, cena e colazione ammonta a 67 minuti al giorno.
Solo la TV, con le sue 2,9 ore quotidiane medie, riesce a battere FB.
Per ora.
Si tratta infatti di un trend in crescita.
Nel 2014 il tempo trascorso su Facebook era (sempre in media) pari a 40 minuti. Già allora era il social media con la più alta capacità di tenere incollato l’utente sulla sua piattaforma.
Tra l’altro questo parametro – la permanenza sul sito – è quello che maggiormente interessa gli sviluppatori dei social, che tentano in ogni modo di trasformare gli utenti casuali in utenti affezionati.
In questo senso FB stravince. Il secondo social per permanenza è YouTube, coi suoi 19 minuti di utilizzo medio quotidiano. Twitter, che per sua natura è più rapido e scarno, porta a casa 1 misero minuto al giorno di frequentazione.
La domanda che si pongono alcuni sociologi è questa: in che modo quei 50 minuti incidono sulla vita dell’utente medio? Essi sono sottratti al lavoro, alla produttività? Oppure sono minuti rubati al sonno? Di certo essi vanno a discapito di altre attività di intrattenimento (abbiamo già visto i pochi minuti dedicati a sport e libri).
Non è tuttavia una risposta facile da ricavare, visto che Facebook può essere utilizzato – per esempio – mentre guardiamo la TV, oppure mentre lavoriamo. Comunque è certo che i social network, FB in particolare, stiano modificando le dinamiche sociali.
I più ottimisti sostengono che in realtà Facebook sia poco incisivo nelle cose davvero importanti della vita. Alcuni sociologi lo ritengono infatti una sorta di “riempitivo”, usato soprattutto mentre si è in fila in Posta, o al bar, mentre facciamo colazione.
Personalmente la ritengo una versione fin troppo ottimistica, che non riflette affatto la reale importanza che molte persone danno a Facebook. Basti pensare che, quando conosciamo qualche nuova persona con cui vogliamo sviluppare un rapporto (amicizia, amore etc), non gli chiediamo più il numero di cellulare, bensì l’amicizia su Facebook.
Idem per i colloqui di lavoro che sempre più spesso si concludono con un’indagine fatta dal potenziale datore di lavoro sul profilo Facebook del candidato al posto vacante.
Un giochino interessante che ciascuno di noi può fare è questo: vi ricordate come e dove utilizzavate quei 50 minuti che FB vi ha in qualche modo rubato?
Immagino che alcuni di voi non rammentino nemmeno com’era la vita prima dell’avvento dei social media. Il che, se ci pensate bene, è a dir poco inquietante.
Se vi interessa approfondire l’argomento, vi consiglio di leggere Solitudine digitale, un interessante saggio del neuropsichiatra tedesco Manfred Spitzer, vero esperto in materia.
Un’avvertenza, prima di passare all’acquisto: Spitzer è apertamente schierato contro i social network e li ritiene estremamente dannosi per la psiche umana. A sostegno di questa sua teoria porta dati, sperimentazioni, esempi, casi clinici. Tuttavia io non concordo con questo estremismo quasi luddista, ritenendo viceversa che Facebook ha molti aspetti utili, lavorativi e non solo.
È tuttavia interessante leggere i pareri di uno scienziato, soprattutto quelli riguardanti il modo in cui Facebook (e in generale la tecnologia social dell’internet 2.0) starebbe mutando addirittura il nostro cervello, fino a creare delle vere e proprie patologie.
Se vi interessa lo trovate qui (cartaceo e digitale).
Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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