Abituarsi al brutto

Plan 9

Disclaimer: questo è uno di quei post in cui mi lamento.

Anni fa c’era una pubblicità, o forse era un editoriale di un giornalista famoso, che parlava della “dittatura del bello”. Non ricordo bene e non ritengo necessario googlolare questo dettaglio.
Nel mentre è passato del tempo e stiamo scivolando nella dittatura del brutto.
Brutti libri, brutti ebook, brutte copertine. Ma anche brutte canzoni, brutti film, brutti personaggi elevati a “famosi” o invidiabili (di solito soltanto perché hanno un po’ di quattrini).
Basta dare un’occhiata in giro per vedere quanto il brutto venga pian piano sdoganato. Succede anche nella pubblicità, per dire, dove sempre più spesso si vedono attori grassoni e sfatti, che si ingozzano di porcherie e di mediocrità.
Il brutto, ancor più del mediocre, è un modello facilmente imitabile, che punta spesso sulla simpatia (strategia che funziona a fasi alterne) per imporsi.
Vale tanto per le “cose” quanto per le persone. Non a caso – ne abbiamo già parlato – i siti internet e le pagine Facebook che funzionano sono quelle che fanno sarcasmo pesante, solitamente su cose brutte.

Lungi da me la volontà di fare del moralismo, eh.
Ho visto la mia dose di film trash, non disdegno i filmati stupidi su YouTube (per qualche tempo ho seguito Giuseppe Simone, il che è tutto dire) e mi piace la vecchia commedia all’italiana, quella fatta anche di rutti, peti e di battute sconce e sessiste.

Detto ciò, da qualche tempo mi chiedo quanto possa essere dannoso abituarsi al brutto.
Se si parte dal presupposto che le cose e le persone ridicole e strampalate sono la via più rapida per ottenere il successo, saremo presto inondati da una marea di porcheria.
Ah, come dite? Sta già accadendo? Cavolo, è vero.

L'ombra

Gli autori mi perdoneranno, ma la copertina de “L’Ombra” è davvero orribile.

Come ho scritto poco sopra, mai come in questo periodo siamo sommersi da libri brutti, canzoni brutte, riviste brutte etc etc.
Si tratta di beceri lavori amatoriali che ci vengono spacciati come “cult del nuovo trash”, o qualcosa del genere.
Badate bene: il mio non è un discorso di contenuti. Io sono il primo usufruitore di film e romanzi del genere Zombie contro Squali Alieni contro Mecha. Se mi seguite, lo sapete.
Ma anche per scrivere cose di questo genere occorre essere bravi. Essere preparati. Studiare.
Invece assistiamo all’esaltazione della faciloneria, al “basta provarci”, che tanto la passione sopperisce all’ignoranza e all’impreparazione.
Che poi non ci sarebbe nulla di male, se tutte queste cose orrende fossero esterne al mercato. Invece no: ci vogliono far credere che il brutto vende. Ogni tanto questa panzana diventa realtà. Purtroppo.

A me piace invece pensare che vale il discorso inverso.
Mi consola per esempio vedere che le serie televisive ben girate, ben recitate, con grande cura dei dettagli e della caratterizzazione dei personaggi sono quelle che riscuotono maggior successo di pubblico.
Poi, certo, assistiamo a fenomeni un poco inspiegabili, come per esempio la glorificazione dei film della Asylum, che del brutto ha fatto la propria bandiera. Con tutto che a me la Asylum sta simpatica, ve lo confesso senza vergogna.
Però chi si pone oltre questo brutto fatto con consapevolezza, ecco, mi trova assai più critico.

I figli delle tenebre

Brutta copertina, contenuto dilettantesco, eppure qualcosa ha venduto. Abituarsi al brutto, appunto.

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