A volta la vita è buffa: da qualche anno mi riprometto di studiare e applicare i principi della psicogeografia, disciplina bizzara di cui abbiamo parlato altre volte qui sul blog, salvo accorgermi soltanto ora che – hey! – già da tempo mi comporto da psicogeografo.
Questa epifania nasce da una lista che sto stilando. Essa riguarda alcune città in cui ho intenzione di ambientare dei racconti. Anche se mi capita di scrivere di luoghi che non ho mai visto in vita mia (o che addirittura non esistono), spesso mi piace scegliere degli scenari che ho avuto occasione di visitare, di frequentare.
Avendo la fortuna di viaggiare due o tre volte l’anno, anche in mete piuttosto interessanti, cerco di trarre ispirazione da ciò che vedo, anche se a volte lo faccio a livello inconscio. Se nel mentre mi godo il viaggio, le attrazioni locali e e ciò che ho attorno, il mio cervello coglie dettagli e li immagazzina, per farne uso futuro.
Il principio base della psicogeografia è questo, che la descrive in quanto disciplina:
Studio degli effetti precisi dell’ambiente geografico, disposto coscientemente o meno, che agisce direttamente sul comportamento affettivo degli individui.
Nel mio personale utilizzo di questa metodologia d’indagine, sfrutto la percezione dell’ambiente geografico per trarne ispirazione ai fini narrativi, o di world building.
Grazie a questo percorso mentale, associato a un percorso fisico, fatto di lunghe camminate*, mi capita di associare determinati paesaggi (urbani, ma non solo) a specifici filoni narrativi, tra i tanti di cui mi occupo in qualità di autore.
È così che la “mia” Milano è diventato il ground zero da cui nascono i racconti del ciclo Italia Doppelganger, fatto di Twilight Zone e di angoli oscuri e invisibili, che si nascondono sotto la patina della realtà che ostinatamente continuiamo a ritenere “unica e indivisibile”. Non a caso tutto questo ciclo è partito proprio da Milano Doppelganger.
C’è poi la Valsassina, di cui ho recentemente parlato in un post. Valsassina che ho trasformato in luogo di leggende antiche, insieme alla “gemella” Valtellina (vedi l’ebook Gigiat), ma anche nello scenario di una moderna zombie apocalypse (Zona Z). Il bello è che queste trasposizioni orrorifiche della realtà rappresentano per me un atto d’amore a dei luoghi che occupano un posto speciale nel mio cuore.
C’è poi una città che sento mia tanto quanto Milano, vale a dire New York.
Nella Grande Mela ho ambientato Pandemic AD, storia di infetti, di pandemia e di supereroi. Ma non credo che il mio contributo narrativo su NY si limiterà a questo. Mi piacerebbe infatti scrivere un thriller soprannaturale, che evochi le atmosfere di quella New York tanto celebre agli occhi del mondo quanto sconosciuta a chi non sa dove e come guardare.
Chissà quali antiche creature vivono tra i grattacieli della “Nuova Roma”…
C’è quindi Vienna, la capitale dell’Impero, con la sua eleganza, i suoi palazzi enormi ed eleganti, le sue atmosfere mitteleuropee.
Vienna, da utilizzata per l’abbozzo di un romanzo breve, che da tempo ahimè non proseguo, ma che un giorno potrei riprendere e finire. Una storia di altre dimensioni e di magia ebraica. Qualcosa che tante Italia Doppelganger, pur essendo ambientato in Austria.
Tra le new entry più recenti c’è poi San Francisco. Città che ho apprezzato a pieno dopo averla lasciata. Città che rivedrei più che volentieri, cosa che per anni probabilmente non accadrà.
Luogo ideale per una storia di Kaiju ai tempi dei Figli dei Fiori. Bizzarro, dite? Eppure credo che ne uscirebbe un bel racconto.
Chissà mai se troverò il tempo per scriverlo…
E il prossimo anno si esplorano Budapest, Edimburgo e forse Riga.
Altre passeggiate psicogeografiche. Non vedo l’ora!
* Io e la mia compagnia giriamo le metropoli rigorosamente a piedi, a eccezione degli spostamenti più lunghi, per esempio da Manhattan a Coney Island.
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