Nella vita di ciascuno di noi ci sono film “minori” che, pur lontani dal mainstream, restano impressi nella memoria, formando quello che è il nostro background culturale.
Io non sono affatto un esperto di cinema ma, da profano, non posso fare a meno di notare che, oggi come oggi, la massificazione di titoli e saghe tende a eliminare le diversità, le varianti culturali dei cinefili.
Quando nove sale su dieci trasmettono gli stessi film (magari anche belli – per esempio io un grandissimo fan delle pellicole Marvel), è difficile appassionarsi a qualcosa di differente. Certo, la Rete è sconfinata e ricca, ma non sono poi molti quelli che vanno alla ricerca di titoli lontani dal circuito che un tempo veniva definito dei “blockbuster movie”.
Una volta non era così
No, il mio post non è un elogio ai cari vecchi tempi, che non rimpiango granché. Però l’anarchia creativa degli anni ’70 e ’80 è un fenomeno che manca, inutile negarlo.
Si poteva vedere al cinema un film strano, inquietante e superbo come The Wicker Man, e rimanerne segnati a fondo.
Vi risparmierò una recensione della pellicola, vuoi perché è ben lungi dalle mie capacità, vuoi perché credo che, essendo miei lettori, lo conosciate già.
In caso contrario vi rimando alla pagina Wikipedia del film, sufficientemente esaustiva (ma ricca di spoiler).
A proposito, anche in questo articolo ci sono spoiler (da qui in poi).
Di The Wicker Man a me è rimasto impresso soprattutto il finale, la scoperta che l’isola di Summerisle si celebra l’antico culto pagano del dio Nuada, uno dei Tuatha Dé Danann irlandesi, nella speranza che i raccolti migliorino, e che la prosperità torni a sorridere agli abitanti di questa piccola e isolata comunità.
Peccato che la cerimonia per ingraziarsi Nuada richieda un sacrificio umano.
Sacrificio che si compie grazie al cosiddetto “uomo di vimini”, rito ispirato a un passaggio del Commentarii de bello Gallico di Giulio Cesare, dove si descrivere la pratica dei barbari galli di bruciare i prigionieri in grandi statue antropomorfe fatte di rami intrecciati.
Ci fu particolare attenzione nella ricostruzione pagana del culto di Nuada, tanto che uno dei libri consultati dalla produzione fu il celeberrimo Ramo d’Oro dell’antropologo James Frazer.
Ciò che è meno noto è che il film, e in particolare proprio il rituale a Nuada, ha ispirato una vera e proprio sottocultura popolata di fan del film, della sua ambientazione e delle sue interpretazioni mistico-filosofiche, oltre che delle ben riuscite atmosfere horror.
Già negli anni ’90 esistevano dei forum e gruppi Yahoo dedicati a The Wicker Man. Col tempo la comunità è cresciuta, impegnandosi attivamente nella restaurazione del film, comprese le parti tagliate dalla versione cinematografica.
Non solo: è nato dapprima un fan club vero e proprio, Nuada – The Wicker Man Journal, seguito da altre iniziative simili, tra cui diversi fansite e non poche pagine Facebook. Vi segnalo, per esempio, questo gruppo in lingua inglese, molto attivo.
Esistono anche dei veri e propri “pellegrinaggi” sulle location del film, come per esempio quello compiuto da Martin Griffin, documentato nel suo datato ma interessante sito.
Come commenta Melanie J. Wright nel suo interessante saggio Religion and Film: An Introduction, il fandom di The Wicker Man è così attivo e fedele che rappresenta, a suo modo, una sorta di culto.
Potremmo quasi affermare che è come se Nuada stesso abbia ricevuto nuova vita e nuovi seguaci, grazie a una pellicola che in realtà non si proponeva in alcun modo di fare del proselitismo pagano.
Questo è un esempio, antropologicamente interessante ma sociologicamente un filino inquietante, di come realtà e fantasia tendono sempre più spesso a interagire e a intersecarsi, e che la religione stessa, la fede e tutto il resto, in molti casi sono fenomeni di contaminazione delle idee di suggestione di massa.
Che questo sia un bene o un male lascio a voi deciderlo.
(A.G. – Follow me on Twitter)
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