Prigioniero del silenzio

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Qualche giorno fa, dopo l’esperienza della fiera-evento Stranimondi, si discuteva tra addetti ai lavori riguardo al più grande male che affligge il settore del fantastico, in Italia: l’inbreeding.
Oddio, in quelle discussioni non veniva chiamato così, tuttavia ritengo che sia un termine calzante.

Inbreeding

Pratica comune in zootecnia e in agricoltura, consistente in incroci ripetuti tra animali o piante appartenenti allo stesso ceppo (consanguinei), al fine di ottenere una discendenza il più possibile omogenea, e una sicura trasmissione di determinati caratteri.

In pratica: nella letteratura di genere italiana il 70% dei lettori è a sua volta parte del processo produttivo. Vale a dire che sette lettori su dieci sono anche scrittori, oppure editori, oppure traduttori, illustratori etc etc.
I lettori “puri” sono rari e, come fa notare giustamente Marina Belli in questo articolo, l’età media difficilmente scende sotto i 30-35 anni.
Ma a fine estate vi avevo promesso che non avrei più parlato di editoria italiana. Quindi vediamo che far andare questo post in un’altra direzione.

Tra i tanti commenti a questa faccenda della scarsità di lettori e della loro relativa età avanzata (beh, di teenager se ne son visti proprio pochini!), mi sento di sposare una teoria in particolare.
Essa sostiene che il problema sta alla base, ovvero a un mancato coinvolgimento dei ragazzi alla lettura, fin dall’età scolastica.
Negli istituti superiori vengono fatti leggere dei romanzi scarsamente coinvolgenti per degli adolescenti. Testi datati, di scarsa attualità, che spingono poco sul fattore emotivo e sull’immaginazione. Consideriamo anche che gli adolescenti di oggi sono nati geneticamente predisposti per essere multitasking e per avere una soglia di attenzione estremamente bassa.

Libri noiosi, dicevamo. Grandi classici, certo, ma la cui scoperta andrebbe alternata con storie più moderne, easy, coinvolgenti. Storie che insegnino ai ragazzi il piacere di tenere in mano un libro, o un eReader.

In terza media ho avuto la fortuna di capitare nelle mani di una professoressa di matematica che amava gli Urania.
Io già leggevo librogame e racconti per ragazzi (mitico il mio approccio con Storia delle Storie del Mondo, praticamente la versione per giovanissimi dell’Iliade), senza dimenticare le enciclopedie “young” della Mondadori.
Tuttavia, grazie a quella prof, mi sono avvicinato definitivamente alla letteratura del fantastico per adulti, tramite un romanzo breve di fantascienza. Si trattava di Prigioniero del Silenzio, di Rex Gordon.

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Da quel momento in poi mi si è aperto un mondo.
La scoperta delle bancarelle dell’usato, soprattutto in Riviera Romagnola, dove trascorrevo le vacanze estive, mi ha permesso di attingere a piene mani al vastissimo catalogo di Urania, ma anche agli Oscar Mondadori del fantastico, ai gialli, ai fumetti, a vecchie edizioni delle storie di Conan il Cimmero.

Per farla breve, a tredici-quattordici anni avevo già approcciato Lovecraft, Howard, Asimov, John Wyndham, Tolkien, Ben Bova e altri.
Probabilmente coglievo un 20% delle sfumature dei loro racconti, ma il mio cervello già sviluppava il software per una futura comprensione di queste storie.

Da allora il mio amore per il fantastico non è mai scemato.
Sì, è mutato, si è raffinato, ha avuto momenti di stanca, ma non è morto. Mi ha anche avvicinato ad altri generi di letteratura e mi ha fatto apprezzare i classici che, viceversa, avrei probabilmente preso a noia, come molti miei coetanei.

Quindi tutto è iniziato da una professoressa desiderosa di stimolare i suoi studenti al divertimento della lettura.
Sì, esatto: quella prof ha fatto passare il messaggio che leggere è soprattutto un divertimento. O quantomeno può esserlo, anche se è un’attività più lenta rispetto ai social, ai videogiochi, al calcio.

Credo che per far innamorare i giovani ai libri – digitali e cartacei – occorra partire esattamente da qui.

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(Articolo di Alex Girola – Seguimi su Twitter)

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