Scrivere per intrattenere non vuol dire scrivere male

Che me vuoi fa crede' che la mmerda è bbona? (cit.)

Che me vuoi fa crede’ che la mmerda è bbona? (cit.)

In Italia molti hanno ancora la convinzione che la letteratura di puro intrattenimento non sia degna di essere discussa, citata e promossa, in quanto non fa cultura e non è realistica.
Sulla seconda obiezione (mancanza di realismo), direi che è proprio l’effetto voluto, quindi è una puntualizzazione al di là della stupidità. Riguardo alla prima (mancanza di cultura) avrei qualcosa da ridire, anche se probabilmente sarebbero parole al vento. Chi parte da preconcetti vagamente snob non ascolterà nessuna spiegazione, nemmeno se sensata e argomentata con garbo e con elementi oggettivi.
Per fortuna non tutti i lettori sono così, anche se gran parte dei giornalisti e dei critici che si occupano di libri adoperano esattamente questo atteggiamento altezzoso.
C’è però da dire che, vedendo la strada presa da alcuni filoni della narrativa di genere nostrana, è sempre più difficile difendere la categoria. Parlo soprattutto di fantasy e horror (la fantascienza, in Italia, non se la fila nessuno).
Complice il boom del self-publishing, fenomeno di cui faccio parte, il mercato è sempre più saturo di materiale scadente, di romanzi-clone dei titoli più famosi, e indegne amenità che stanno a metà tra lo young adult e il soft porno.

Il punto di frattura c’è stato – a mio parere – quando tutti coloro che hanno una vaga idea di come scrivere un file Word si sono messi in testa di poter diventare scrittori.
Il pensiero sviluppato nelle loro testoline dev’essere stato più o meno questo: “Fikissimo Il Signore degli Anelli! Adesso cerco quella campagna di Dungeons and Dragons che avevo sviluppato nella Terra di Mezzo, cambio i nomi e la faccio diventare un romanzo…
O qualcosa del genere.
Un punto di partenza che da solo mette in luce i tre grossi problemi di iniziative di questo tipo:

  • La presunzione di poter scrivere solo perché in passato si è letto qualche libro.
  • L’erronea percezione delle proprie capacità, solitamente derivative da ambienti che con la scrittura hanno soltanto pochi punti di tangenza (i giochi di ruolo o i board game, per esempio).
  • La necessità, più personale che di mercato, di dover proporre l’ennesima storia copiata dal libro tanto amato nell’adolescenza.

Fermo restando che tutti hanno il sacrosanto diritto di provarci, va anche detto che tutti dovrebbero anche avere il dovere di migliorarsi passo dopo passo. Purtroppo accade sempre più raramente. Lo scrittore improvvisato crede di poter imitare Terry Brooks all’infinito, nella falsa concezione di quello che, per lui e per molti lettori come lui, è IL fantasy.
In tal modo l’abbassamento qualitativo del materiale in vendita, specialmente nel mercato digitale, è sempre più rapido e distruttivo. Ottimo sistema involontario per dare ragione a chi pensa che i generi d’intrattenimento siano solo merda liquefatta.

Una soluzione?
Non c’è l’ho. Posso però proporre alcune modestissime cose da fare, prima di dedicarsi alla scrittura di un nuovo capolavoro:

  • Variegare le letture. Che non vuol dire alternare horror e Harmony, bensì (per esempio), leggere horror diversi, di autori differenti, con stili differenti. In tal modo potreste trovare il vostro, di stile. O al peggio uno più originale da copiare, rispetto ai soliti noti.
  • Studiare. Il che può anche solo voler dire leggere con l’occhio attento ai particolari (anche tecnici), e non con svagata distrazione.
  • Non improvvisare. Non si diventa scrittori ricavando la novelization di una vecchia avventura di D&D. Né riscrivendo La Spada di Shannara coi nomi dei protagonisti diversi. Pianificate, per Dio. Non è così difficile, anzi, è perfino divertente.
Come, che è? È un Sironi! Tra i più famosi. Pubblicato su tutti i cataloghi. (cit.)

Come, che è? È un Sironi! Tra i più famosi. Pubblicato su tutti i cataloghi. (cit.)

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