I rassicuranti microcosmi di Facebook

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Una delle maggiori illusioni create dai social network, anzi, da Facebook in particolare, è quella di aver concesso libertà di opinione a tutti.
La seconda maggiore illusione riguarda la presunta capacità di informarsi da fonti plurime e non controllate dai grandi poteri.
Va da sé che entrambe le cose appaiono ridicole a chi ha studiato un minimo – ma proprio un minimo, eh – i meccanismi di Facebook. Questo social media fa l’esatto contrario: tramite i suoi algoritmi tende ad aggregare persone che discutono dei medesimi argomenti, e a dividerle in fazioni, che poi vanno ad assestarsi in comunità (a volte in veri e propri gruppi) indipendenti.
Prendiamo un caso che mi riguarda di persona: mi occupo di libri, di scrittura e di fumetti? FB tenderà a suggerirmi persone e contenuti che hanno a che fare con questo ambiente. Che da una parte è una comodità, dall’altra una gabbia invisibile.
Ma in fondo non è questo il male minore. Mi inquieta piuttosto il taglio che FB ha dato all’informazione e al modo di fruire dei contenuti.

Quanti di voi mettono un like a un post giudicando unicamente il suo titolo e l’immagine che l’accompagna?
Quanti ritengono che una notizia sia completa limitandosi al titolo e alla preview degli articoli postati? (due o tre righe al massimo)
Quanti adottano questo sistema applicandolo anche ad altri media (giornali, blog, magazine)?

Il tutto sembra ritagliato con l’unico scopo di collezionare like e condivisioni. Mentre gli esperti di comunicazione insistono col dire che il contenuto fa la differenza (e a me piace pensare che sia davvero così), il mondo sembra andare in direzione opposta.
Facebook è diventato un grande algoritmo onnisciente che confeziona microcosmi personalizzati, fatti di persone che la pensano come noi, che commentano e condividono notizie che non leggono e argomenti che non approfondiscono.
Non si spiega altrimenti la crescente massa di analfabeti funzionali che non solo non riescono a interpretare ciò che leggono, bensì spesso non leggono nemmeno.
Stiamo diventando un popolo di beoti divisi in tribù?
I vegani contro gli onnivori.
I PeppeCrillini contro i filo-governativi.
Gli antivaccinisti respiriani contro chi crede ancora nella scienza e nella medicina.
I fan della Marvel contro i fan della DC comics.
Le femministe da manicomio contro i maschilisti da porcilaia.
E tutti, allegramente, sono disinformati, chiusi nei confini dei loro feudi, dove i signorotti di turno (gente che sa come funzionano gli algoritmi di Facebook, e che quindi fanno il bello e il cattivo tempo) decidono a chi fare la guerra e con chi stringere alleanza.

Tuttavia il mio NON è un post contro Facebook.
Non si può avercela con uno strumento, con un’applicazione, bensì con chi ne fa un uso furbo e sleale, oppure ottuso e approssimativo.
Questo problema può sembrare minimo, rispetto ad altri. E la fame nel mondo? Eh? Eh? E i profughi siriani? E la nostra povera costituzione stuprata? Eh? Eh?
Ciò che molti si ostinano a non capire è che chi governa l’informazione controlla anche il resto delle questioni. Quindi, se il mondo è orientato a una Facebookizzazione, ci dobbiamo aspettare una crescente massa di persone incapaci di approfondire tematiche, pensieri, argomenti.
Il che, va da sé, creerà problemi a 360°, partendo da quel concetto di democrazia, tanto caro e tanto giusto, che però dà a voi, che mi leggete, lo stesso diritto di voto a chi crede alle teorie sulla medicina dell’amore della signora Brigliadori.

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(A.G. – Follow me on Twitter)

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