La serialità dello scrittore 2.0

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Non ho mai fatto mistero di ritenere buona parte delle mie pubblicazioni alla stregua dei certi periodici e/o fumetti da edicola, che hanno una serialità ben scandita nel tempo.
Da circa tre anni riesco a pubblicare una media di un ebook al mese, rimanendo sulle 18.000-20.000 parole (i famosi racconti lunghi, o romanzi brevi, senza cavillare troppo).
Oramai ho anche un prezzo standard – 1,99 euro – che varia solo quando propongo romanzi più lunghi o racconti con meno di 10.000 parole).
Anche la saga che sto curando in questi tempi, Kaijumachia, è prevista con uno schema seriale.
A dire il vero il primo ebook è uscito nel luglio del 2016, mentre il secondo e il terzo li ho pubblicati rispettivamente a dicembre 2016 e a gennaio 2017.
Preso lo slancio, sto lavorando al quarto e penultimo racconto della saga, che spero addirittura di far uscire per fine febbraio, o al massimo per i primi di marzo.

Sul sourcebook gratuito di Kaijumachia è riportato il piano dell’opera, quindi oramai non si scappa.
Ovviamente nessuno mi obbliga a tenere certi ritmi, eppure ho notato che la cadenza più o meno fissa e puntuale aiuta a vendere meglio.
Detta così può sembrare una ragione di vil denaro, ma non si tratta solo di questo. Diciamo quindi che la serialità con cadenza mensile o bimestrale moltiplica le possibilità che i racconti vengano letti o quantomeno presi in considerazione da una fascia più ampia di pubblico.

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Chiariamo subito che non è però semplice sviluppare un progetto del genere.
Scrivere in maniera seriale implica più o meno questi fattori:

  • Impegno costante (scrivere un tot di parole al giorno, almeno 4-5 giorni alla settimana);
  • Costante voglia di rimanere sul pezzo;
  • Capacità di mantenere l’attenzione alta per tutta l’arco delle pubblicazione;
  • Mantenere dei punti fissi che facciano da aggregatori per i vari ebook della serie (medesimo logo, sottotitolo etc etc).

Non sono punti facili da rispettare, ma ci si può riuscire.

Ovviamente sconsiglio agli artistoidi – ossia ai tizi che scrivono solo su ispirazione divina – di imbarcarsi in tali progetti.
Ritengo che la serialità da edicola sia più adatta a una certa visione artigianale della scrittura. Quest’ultima non è affatto da intendersi in senso denigratorio (anche perché io sono un dichiarato esponente della categoria), bensì come un attitudine, un modus operandi che implica la volontà e l’insistenza di scrivere soprattutto per intrattenere. Discorso tra l’altro già affrontato diverse volte, su questo blog.
Non a caso la serialità ricorre – come già detto – nei fumetti, ma anche nei thriller, nei vecchi pulp magazine, nei librogame etc etc.

Ma i lettori come si rapportano con questo genere di pubblicazioni?
A pelle mi viene da rispondere che le apprezzano parecchio, e che si adattano benissimo alla narrativa digitale di lunghezza “media”.
C’è anche però chi mi ha detto che “scrivo troppo”, lasciandomi un po’… mah… perplesso.
Voi che ne dite?

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(Articolo di Alex Girola – Seguimi su Twitter)

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