Progetto Città Ideale, l’associazione che si occupa di contemporaneo e di dialogo tra gli artisti nel tessuto urbano di Milano, ha incominciato un percorso lungo tre mesi – da luglio a settembre 2015 – in Fabbrica del Vapore. Dopo il primo progetto, Base, alla Stecca 2.0, la giovane associazione svilupperà “una mostra-laboratorio aperta quotidianamente al pubblico”. Ad inaugurare sono stati i giovani architetti Parasite 2.0.
Avete appena inaugurato Ubiquitous Tribe all’interno di un “tempio” per l’arte contemporanea, la Fabbrica del Vapore. Come è stato l’impatto per voi, che venite dal mondo dall’architettura?
Solitamente il nostro lavoro vive e si sviluppa a contatto con lo spazio pubblico, per interagire con gli abitanti della città, Quando invece ci confrontiamo con spazi chiusi ben definiti, dobbiamo fare uno sforzo maggiore. E Fabbrica Del Vapore ne è un esempio: è stato interessante capire, giorno dopo giorno, come interagire con lo spazio semplice, ma allo stesso tempo preciso e ordinato, della Sala delle Colonne. Negli ultimi due anni abbiamo lavorato in spazi chiusi – la residenza di ViaFarini, l’Arsenale di Venezia per l’ultima biennale di Architettura col progetto The Third Island con Antonio Ottomanelli ed Ira-C, o alla Fondazione Luis Seoane a La Coruña – e questo sta apportando maggiore esperienza e nuove potenzialità alla nostra ricerca.
Avete lavorato con Progetto Città Ideale, che è presente in luoghi sempre diversi della città, rileggendo anche la storia in cui si trova. Quali affinità c’erano tra di voi?
Siamo rimasti affascinati dalla loro volontà di sviluppare progetti artistici con un forte legame a luoghi concreti della città. Il loro stesso nome ci ha richiamato molte esperienze utopiche della storia dell’architettura che ci affascinano molto. Abbiamo avuto subito un’ottima affinità.
Per il progetto Expo in città la vostra opera principale consisteva in una sorta di piramide di mattoni che poi, via via che altri artisti saranno ospitati, verrà smontata. Cosa significa?
Ubiquitous Tribe ragiona sulla smaterializzazione dello spazio di lavoro: mescoliamo elementi naturali e primitivi con nuove tecnologie spazzatura e con materiali poveri presi in prestito dal mondo dell’edilizia. Partendo dai totem realizzati, tra cui in particolare la piramide fatta di mattoni, gli artisti potranno assemblare autonomamente il loro spazio di lavoro. (da Mi-Tomorrow, 13 luglio 2015).