Il tempo, cinquant’anni, è decisamente sufficiente per un giudizio, meglio, per un’affermazione del resto abbondantemente … affermata: Il sorpasso, di Dino Risi, è un capolavoro, probabilmente “il” capolavoro del regista. Per dare quella definizione, perché non sia impropria o svenduta, occorrono dei riscontri. Nel cinema i termini di giudizio sono mille, meglio, mille volte mille, così come le discrezionalità. Però a volte succede che un titolo metta d’accordo più o meno tutti. Il sorpasso è uno di questi titoli. Una della cifre del giudizio, prevalente, è la vedibilità a posteriori.
Mezzo secolo dopo, il film di Risi non solo non ha perso nulla, ma ha guadagnato. I giornali si sono occupati di questo agosto: le vacanze, i locali, le spiagge, i riti. Si è detto tutto e il suo contrario. Chi dice che tutto è cambiato e chi che niente è cambiato. Ma un promemoria che fa testo arriva proprio da quel film del 1962, e dal suo protagonista, Vittorio Gassman, nei panni di Bruno Cortona. Il cinema contemporaneo ci ha disabituati a personaggi così efficaci, con contorni così precisi. I modelli attuali sono diversi, con altre identità, mai univoche, soprattutto sono tristi e poveri. E, dettaglio non da poco, un Gassman proprio non c’è. Eppure quel Bruno, che guida l’Aurelia supercompressa, che vive di espedienti, che ha una figlia adolescente che non vede mai, che la moglie ha dovuto lasciare per disperazione, quel Bruno creò un carattere che fece scuola.
Erano gli anni del cambiamento, trionfava il cosiddetto boom, che poi trionfo forse non era, era semplicemente un “buon momento” ed è proprio Bruno-Vittorio a dircelo. L’effimero, il giorno per giorno, le responsabilità sfuggite. Era il discorso di Dino Risi, grande autore, forse unico per certi argomenti, che sono il carattere e il racconto, e l’istantanea. I suoi film non sono “opere oltre il cinema” come quelle di un Fellini, ma raccontano la gente e il Paese con un’efficacia e una profondità che è solo del regista milanese. Valgono naturalmente i collaboratori, gente dalla scrittura efficace e diretta, gente … alla Risi. Ne Il sorpasso, alla sceneggiatura, c’è lo stesso Risi, e poi Maccari e Scola. In altri suoi film c’erano Sonego, Age e Scarpelli. Autori essenziali e veloci. Se vuoi capire l’Italia di quegli anni è a loro che ti devi affidare, più che a nomi di scrittura alta, come Moravia, o Vittorini, o al “Gruppo ’63″, nato proprio in quella stagione: Eco, Sanguineti, Manganelli fra i fondatori, autori che volevano “destrutturare” cultura e racconto. Ma che si … sciolsero poco dopo.
Ma il Gassman del “sorpasso“, dei “Mostri” e del “Gaucho” (tutti “Risi“), si specchiava in tutti noi, e continua a specchiarsi. È ferragosto, Bruno cerca un telefono in una Roma deserta, incappa in Roberto (Trintignant). Gli dice “dai, vieni con me” e se lo porta in giro per le località di mare, dalla Versilia in giù. Risi ama le generazioni a confronto. Roberto impara a vivere secondo Bruno, trova il coraggio di corteggiare una ragazza, è coinvolto in piccole zuffe. Assiste alle vicende del più grande che tuttavia, qualche momento di ripensamento ce l’ha, come quando dice al ragazzo “prendila la laurea, altrimenti, a quarant’anni, ti ritrovi un fallito come me.” Bruno rivede la figlia (Spaak) –neppure la riconosce subito- che, cresciuta nell’incertezza e nel carpe diem, sta per sposare un uomo più vecchio di suo padre, ma ricco. Tenta un approccio con la ex moglie che non si fa incantare, lo butta giù dal letto. Bruno esce dalla stanza e un secondo dopo ha già recuperato, canta “Quando calienta el sol”.
E poi quelle canzoni. In spiaggia e nei ritrovi i giovani ballano accompagnati da Edoardo Vianello, Rita Pavone e Celentano quando ancora non aveva perso la testa. L’anno prima Risi aveva diretto Una vita difficile, altro capolavoro. Con Sordi nei panni di Silvio Magnozzi, un ex partigiano comunista che percorre le vicende italiane del primo dopoguerra. Silvio-Alberto è adottato da tutti, anche da chi comunista non è. Cerca sua moglie, che lo ha lasciato, in Versilia. Risi dà un’istantanea che è la stessa di adesso. Playboy attempati col cashemere annodato sulle spalle, alla guida delle Maserati e delle Alfa scoperte –adesso hanno i suv -, o seduti ai tavolini della Capannina, che c’è sempre. In una sequenza davvero antologica, Sordi, ubriaco, espulso da un locale, sputa alle macchine che passano sul violone di Forte dei marmi. Mentre un’orchestrina lontana suona “Ciao ciao bambina”.
Roberto è in macchina, sulla leggendaria Aurelia e incita Bruno ad accelerare. Ormai ha acquisito quell’entusiasmo senza pensieri, si è lanciato. Ha sorpassato lo studente pieno di timidezza. Ma il sorpasso, quello vero, della strada, sulla tragica curva di Calafuria, Toscana, gli costerà la vita. Di Gassman non ce n’è e neppure ce ne sarà un altro, per completezza, appeal e talento. Risi è il principe narratore, la definizione gli rimane e rimarrà. E Il sorpasso, è la perfetta espressione di quei due. Mezzo secolo di “Sorpasso“. Da ricordare, e come.
(da Mymovies, venerdi 17 agosto, di Rossella Farinotti)