Come aveva potuto un sogno trascinarmi nel mezzo di una guerra civile?
Diana Darke è un'esperta di cultura islamica a cui un giorno una casa editrice commissiona una guida sulla Siria. Evidentemente appartiene anche a quella categoria di inglesi che dopo aver completato i loro studi, per esempio a Oxford o a Cambridge, si sentono stretti nel loro paese e cedono al richiamo dell'altrove: e la cosa davvero interessante sarebbe capire perché a un certo punto diventi necessario un luogo piuttosto che un altro nel mondo intero.
Che cos'è che fa scegliere Diana Darke la Siria? Forse è quella strana sensazione di sentirsi davvero a casa che ha notato dal primo momento. Forse è la gentilezza della gente, malgrado una tremenda dittatura. O forse il fascino dei magnifici palazzi ottomani, dimenticati dal tempo.
Fatto sta che che un giorno si lascia tentare da una porta socchiusa, varca la soglia, si lascia sorprendere dalla quiete di un cortile ornato di aranci, viti, buganvillea, indugia ad ascoltare l'acqua di una fontana di marmo: bahra, ovvero in arabo piccolo mare. E in quel momento non c'è solo una curiosità che si appaga, c'è anche un destino che chiama. A Damasco si sente a casa, ma farà in modo anche di possedere una casa.
Non sarà facile, tutto è così diverso e complicato rispetto all'Inghilterra. Però sarà la sua casa, la casa che sarà anche una dimensione interiore, un porto dell'anima. Un luogo di pace, proprio mentre la Siria sta precipitando nel terribile tunnel della guerra civile.
Anche questo è La mia casa a Damasco, pubblicato da Neri Pozza: un libro che raccontando la storia di una casa racconta un intero paese, meglio di un reportage giornalistico.
Non può essere un'oasi, una casa di Damasco, non può lasciare fuori i rumori delle bombe, le grida dei corpi straziati. E vai a sapere che ne è stato, dopo che questo libro è stato pubblicato. Ma che sia o no in piedi attraverso queste pagine, mi sembra, rimane comunque come una testimonianza di civiltà, una possibilità di futuro.