Fabio Bertoni - Paesaggi dell'anima

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Fabio Bertoni è un pittore che per dipingere utilizza la spatola. E’ giusto e opportuno cominciare la presentazione con questa precisazione perché la scelta degli attrezzi che l’artista utilizza condiziona inevitabilmente e in modo determinante il risultato; e sceglie un attrezzo anziché un altro secondo ciò che dalla pittura egli vuole e del tipo di opera che desidera creare (alcuni pittori, limitandone le possibilità, usano la spatola solo per impastare i colori).

C’è una sostanziale differenza tra la spatola e i pennelli. La tensione che s’instaura tra la lama d’acciaio e il supporto, sia esso tela o tavola, su cui il pittore lavora provoca uno scambio di informazioni continuo tra l’artista e la plasticità del colore che necessita di una corposità e densità maggiori di quelle che occorrono per i pennelli. La pittura acquista così un rilievo di materia che la luce poi accentua.

Bertoni asserisce che la spatola gli è indispensabile e guardando i suoi dipinti non si può dubitare di questa affermazione.  Il suo tema prediletto è il paesaggio, dove può avere sfogo il suo bisogno di musicalità (la vicinanza con la musica la si vede appieno nelle Sinfonie). L’impasto del colore è cremoso, duttile ma anche vigoroso ed espressionista, organico, con una vitalità intrinseca nei colori del suolo e della vegetazione che prendono gran parte dello spazio disponibile. Nella pittura di Bertoni non ci sono tentennamenti e pentimenti, nessuna esitazione traspare dal gesto pittorico energico, deciso, che scorre come un fiume in piena e s’impossessa delle tele in un modo assai virtuosistico e tumultuoso in cui nessun sentimento è escluso. Questa linea che possiamo definire naturalismo informale – nella quale l’energia e l’essenza del gesto pittorico autonomo danno valore e riconoscibilità al soggetto vero naturale – la troviamo negli arti delle figure e nei rami degli alberi che strizzano ed enfatizzano la malinconia agitata di Chaim Soutine, nelle limpide e grandi stesure di colore spatolato di Nicolas De Staёl mai spoglie dell’identità di luogo fisico e concreto, nei materici e biologici verdi e blu – che hanno le sfumature di quelle ore indefinite tra giorno e notte quando la vita si acquieta per prepararsi a riesplodere – di Ennio Morlotti, nelle valanghe di colore e nelle colature di medium che scivolano sulle ruvide imprimiture di Carlo Mattioli.

Il collegamento tra uno spartito musicale e la pittura fa subito pensare a qualcosa di lieve e calligrafico, niente di più lontano dalle opere di Bertoni che per le sue Sinfonie utilizza, appunto, degli spartiti incollati su tela di juta. Vi è una particolare similitudine tra l’andamento della bacchetta, che dalla mano del direttore d’orchestra dà origine alla musica e quello della spatola che guida e a suo modo muta gli itinerari predestinati del colore a olio. Bertoni non asseconda le note scritte ma interviene su di esse cancellandole e ricreandole con la forza dirompente della pittura. Da artista che si muove in questa zona della provincia di Alessandria sul limitare di tre regioni, dove la Pianura Padana comincia a farsi rilievo, non può rimanere estraneo alla “luce dipinta” di Pellizza da Volpedo che qui, a Tortona, è nelle cose e nei luoghi. In Bertoni i tratti di colore istintivamente e sapientemente accostati, dopo aver sfiorato l’informale, ripercorrono la via del migliore futurismo organico e non meccanico che al divisionismo ottocentesco deve gli inizi.

I pigmenti dei quadri di Fabio Bertoni sono riverberi lavici in una continua sfida alle leggi gravitazionali, le particelle cromatiche si muovono per ogni dove e per gemmazione si moltiplicano in vitalistiche esplosioni di fuochi d’artificio. E’ la sinfonia della natura che crea i suoi ineguagliabili suoni: musica per i nostri occhi.

                                                                                                                                                                                           11DREAMS

 

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