Aggressività e sottomissione, indifferenza e passionalità: maschere come seconda pelle per creature metropolitane. Nascondiamo l’essenza dietro le apparenze? Forse, al contrario, creiamo nuove esteriori essenze per celare un’interiore assenza.
Dall’11 al 22 Settembre 2014
Inaugurazione: Giovedì 11 Settembre, ore 18.00
Seicentro, Milano
Ingresso Libero
Non c’è ambiente più selvaggio di quello metropolitano. Gli uomini di oggi, che si illudono di aver attraversato un percorso evolutivo oltre lo stadio puramente animale, si ritrovano a brulicare entro spazi ridotti, a creare celle chiuse entro le quali vivere e sopravvivere. Con il sacro timore altrui, proprio laddove si alimenta l’errata convinzione di coltivare reti sociali.
La verità è che l’individualità fa paura. Unici animali sulla terra privi di risorse naturali di autodifesa, siamo nudi di fronte agli attacchi fisici ma soprattutto emotivi e intellettuali dei nostri simili. Non ci resta che costruire corazze, rivestirci di guaine protettive per il nostro “io” perennemente sotto attacco. La nostra privacy violata, il nostro animo denudato: ecco ciò che spaventa sopra ogni cosa. Forse per un terribile dubbio che ci assale: che non ci sia in realtà nulla da tutelare. Che le nostre vite siano inutili e tristi come quella di una formica su milioni di sue simili. Per questo, il “senso ultimo” che forse manca all’interno deve obbligatoriamente emergere all’esterno: l’apparenza è il più potente strumento per garantire la sopravvivenza. Le maschere diventano una necessità vitale: le indossiamo continuamente, come una seconda pelle. Ma non ci limitiamo a questo: da seconda, le nostre maschere rischiano sempre più spesso di diventare LA prima pelle, la nostra più sincera apparenza: ecco la vera e propria mutazione fisica, sull’epidermide e nell’animo.
Nel vitale e poliedrico Spazio Seicentro di via Savona 99 a Milano, Silvano Spelta presenta la mostra “Apparenze e Mutazioni a Milano”, la summa di un lungo lavoro di indagine sul tema della trasformazione del contesto metropolitano e degli individui che ne fanno parte. Una nutrita serie di opere dipinte ad acrilico su MDF immortala immagini ambigue nel loro infinito gioco di rimandi e riflessi. Come scrive il critico Giorgio Seveso, “Silvano Spelta ci mostra la luce cruda dell’effimero che rimbalza dai riflessi delle insegne e delle vetrine, si frantuma e si ricompone in un intreccio inestricabile tra realtà e finzione, nella miseria morale e nel cinismo che traspare dalla mistica contemporanea dell’ostentazione.”