Caro Renzi, ma non sarebbe pratico liberalizzare gli artisti?

Un piccolo esempio di cultura e di altro mercato possibile che parte dalla comunità, prima che dalle case d'aste internazionali che impongono stili e linguaggi, arriva dal Messico.

Un sistema fiscale a dimensione d'artista, che non considera intermediari e intermediazioni, ma il solo mercato che l'artista vive nel suo territorio e nella sua comunità di residenza. 

Spieghiamoci meglio, niente Irpef, Tasi e Tarsu per gli artisti, ma pagamento attraverso la forza lavoro e la ricerca intellettuale prodotta sulla propria vita e sulla propria pelle, insomma un ragionamento economico che parte dal mercato reale e liquido dell'artista della porta accanto.

In altre parole, agli artisti si consente di pagare le imposte attraverso le proprie opere.

Un tributo all'arte e alla pubblica acquisizione e condivisione della propria memoria culturale per combattere l'evasione.

Questa è la Riforma e la direzione da percorrere, altro che la liberalizzazione dei Selfie nei musei del nostro governo Renzi.

L'idea mira a risanare le casse dello stato attraverso il lavoro dei suoi artisti, un artista che vende tra una e cinque opere in un anno, ne versa una al Fisco, tra le sei e le otto? Due; e così via in progressione, a prescindere dal valore che le opere inevitabilmente acquisteranno in futuro, in autonomia e senza passare per case d'asta internazionali.

Un esproprio proletario nei confronti di un mercato dopato, che genera finta economia a tavolino ai danni del pubblico, una riappropriazione della propria cultura e un investimento sulla propria futura memoria di un linguaggio artistico radicato.

Uno Stato come quello messicano, conta su una base contribuente DI appena il 20 per cento della popolazione, si stima, negli ultimi 40 anni abbia perso circa 872 miliardi di dollari a causa dell’evasione fiscale, insomma l'equazione con il governo italico e la sua situazione di cassa attuale non mi sembra fuori luogo.

Il programma "Pago en especie" non è una novità, anche se è un unicum:

l’idea di permettere agli artisti di pagare le imposte sul reddito con le proprie prestazioni risale al 1957, quando l’allora Ministro delle Finanze Hugo B. Margain liberò dal carcere l’evasore e pittore Diego Rivera – il marito di Frida Kahlo -, in cambio di una sua opera d’arte. Fantastico, questo vuole dire cultura e condivisione di una memoria, di una storia, di una ricerca, di un linguaggio e farne prima identità e poi mercato.

L’accordo gettò le basi di programma di acquisizione che finora ha raccolto quasi 7.000 opere a costo zero. 

Raccontavo la cosa a mia moglie, artista e compagna di vita Barbara Ardau,  e applicava il ragionamento all'Italia, dicendomi: Ma allora, metti che uno non voglia pagare le tasse e si improvvisi artista e venda i suoi lavori a amici e parenti, non sarebbe un cattivo investimento per il pubblico?

Eccezion fatta che in Messico quello dell'artista contemporaneo è un lavoro e non una condizione dal punto di vista della rappresentazione sociale e politica, è stata prevista una commissione ad hoc di critici e curatori che sovrintende il processo “tributario” per controllare che le opere rispondano a determinati criteri di qualità nell'interesse della corretta cultura pubblica dello sviluppo dei propri linguaggi artistici.

Fantastico, pensate che io in Italia, in vent'anni di lavoro pratico e teorico ho racimolato solo innumerevoli diffide legali e il tentativo da parte di lobby privatizzate di farmi passare per un criminale e un terrorista in nome del mercato.

A questo punto vi e mi chiedo, a chi giova tale situazione di handicap, nei confronti di una cosa che dovrebbe essere identità e ricerca di un linguaggio comune e condiviso?

Mi verrebbe voglia di rispondere ancora una volta al mercato privato.

A proposito, forse non lo sapete ma sempre in Mexico, il sub comandante si è dimesso dal suo ruolo in passamontagna per sostenere ulteriormente la causa del Chiapas, insomma, il suo ruolo era solo pubblicitario e dichiarato.

mimmo di caterino

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