Questa opera a tutti nota, nota allo sfinimento, si intitola "Fontana", e porta la firma "R. Mutt": anagramma semplice di Mutter, che come sappiamo non è il vero nome dell'autore, il cui nome è Marcel Duchamp, meno che mai rappresenta la dedica alla di lui madre, perciò niente freudismi. Quindi ci sarebbe da capire chi è ‘sto signor o signora “R. Mutt”, e mi piace pensare sia riferito a "la Madre", generico, nella sua più larga accezione.
"R. Mutt" è la mamma di tutte le tazze del cesso, in questo caso, perché d'una tazza del cesso si tratta, ma se avessimo un bicchiere in gres, una carrozzeria della twingo, un telefono cellulare, un barattolo di conserva (dopo essercelo conteso con Andy Warhol), un cavallo (scippandolo alle mire di Cattelan e di Hirst), o che ne so un millepiedi, insomma per qualsiasi cosa venisse a prender forma attorno a noi entrando così a far parte del mondo visibile, quella mutti che si firma in calce sarebbe l'unica Mutti. Vien da sé che ad ogni cosa presente precede la sua nascita, quindi una Mamma.
Se questo signor "R. Mutt", che con calligrafia urgente pone il suo marchio su di un oggetto industriale è davvero la Matrice, non parrà strano definirlo di sesso femminile in quanto capace del gesto procreativo, ma siamo nella sfera del simbolo e di Duchamp, quindi può essere anche chiamato Signor "R. Mutt", dato che è anche lo stampo a funzionare come simbolo, difatti è questo a restituirci le forme del reale, stampo tal quale quello dello scultore che poi figlierà appunto tanti busti dell’imperatore per gli uffici dell’impero come oggi tanti oggetti per cucina dal design accattivante, così come dei biscotti da imbustare e via di seguito. Come si noterà la questione del “genere” da specificare per forza non ha credito a questo livello simbolico: a monte vi è l’ermafrodito, l’unione ambivalente di maschile e femminile, unione sessuale ma soprattutto psichica. Il prurito del “genere” arriva dopo, a cose fatt e, quando si delineano, per la strutturazione prettamente materiale della civiltà, i caratteri ben gerarchizzati e delineati della femmena e del masculo. Prima di questo affaire terreno, l’ermafrodito è la condizione superiore più vicina al Principio che tutto comprende, senza distinzione.
"R. Mutt" quindi è idealmente uno stampo/grembo simbolico in cui cola senza sosta e senza ritegno quel materiale primigenio che coagulato darà la copia finita: l'immagine presente, ciò che si manifesta. La copia che appare ai nostri occhi porta con se l’origine, le tracce del principio informe, dell’indistinto che non ha forma ma ha in sé il potere di divenire tale: come il gesso liquido prima della reazione che lo renderà solido, o come il divino ancora in potenza.
Se la metafora garantisce il parallelo tra ciò avviene per il prodotto sortito da uno stampo a colaggio e un grembo materno che accoglie il seme e lo sviluppa in essere vivente e reale, possono poi, queste due immagini, rimandare all’unisono al simulacro di una divinità? Un simulacro è vivo? Al marinaio che sprezzante gettava una rozza statuetta africana in mare dalla sua barca, Baudelaire ammoniva: "Fai attenzione, potrebbe essere il vero dio!", e non doveva sbagliarsi se, persino sulle mitiche mura di Troia, al posto della vera Elena si trovava il suo simulacro. A quanto pare questo non disturbò né il Pelide né Paride dal massacro, perché il simulacro era portatore dell'essenza Elena, e la rendeva inoltre sopportabile nel ruolo di ambita mugliera, in quanto un simulacro evita la diretta e umanamente insopportabile presenza divina, che pure la donzella si portava appresso (era figlia di Zeus, sai com’è).
Stando così le cose il continuo concedersi di "R. Mutt" è garanzia delle forme dell'esistente, e tramite queste partecipiamo dell'invisibile nel visibile… Non stupisce che una figura femminile del genere venisse considerata una dea nell’antichità, la dea Ishtar babilonese, ma fu dea ancestrale con diversi nomi anche per molti altri popoli. Ci saranno ancora donne pronte a concedersi accogliendo il Principio per generare il suo doppio, ma col tempo le similitudini con il mestiere dello stampatore risultarono via via un poco scomode, figurarsi poi la metafora del grembo che si concede in perpetuo... Questo lo sa bene l’ideale firmatario di "Fontana", il commendator R. MUTT, che infatti in piena Belle Epoque è forse ormai un distinto signore, come possiamo vedere attivo in pieno 1917 nell' industria dei sanitari, magari fornitore di servizi igenici per l'esercito con compensi mica da ridere. Ma egli sa di quei tempi precristiani di eroi sacerdoti e aedi, quando dietro l’anagramma del suo nome non si svelava la madre borghese e vittoriana, né tantomeno uno stampo impolverato della sua fabbrichetta, ma bensì, disinvoltura del mito, egli era la Dea Prostituta.
Marcel Duchamp