Francesco De Molfetta: il mio lavoro è forma, Max Papeschi non se ne occupa molto.

In occasione della mostra Supereroes 2.0, alla Gestalt Gallery di Pietrasanta, in una stanza intelligente del web, abbiamo incontrato Francesco De Molfetta e gli abbiamo rivolto delle domande sulla questione dell'arte e della ricerca aristica contemporanea.

 

Il tuo lavoro è profondamente incentrato sui miti mediatici di massa, rispetto alla loro celebrazione retorica e demagogica anni sessanta (in fondo si era in pieno boom economico) mi sembra però che tu prenda nei loro confronti una posizione apertamente critica, come se tu ne raccontassi la decadenza da fine impero, da cosa muove questa tua volontà di mettere il re a nudo?

Caro Mimmo, è uscita recentemente la mia ultima monografia-si intitola “DEMOcracy”. Oltre ad essere un gioco di parole con il mio nome, io ho voluto proporre l’idea di un’Arte democratica appunto,  un portofranco in cui ognuno possa “dire  la sua” avendo anche la possibilità di mettere il “re a nudo” .

Io infatti, non faccio altro che “dire la mia” e per di piu’ usando i miti e le icone che tutti conoscono.

L’idea è quella di riuscire a trattare temi a me cari, come per esempio la decadenza e il decadimento sia fisico che culturale, usando strumenti e simboli comprensibili e conosciuti dalle masse.

La volontà è quella , attraverso un cortocircuito semantico e visivo, di indurre un dubbio allo spettatore e quindi innescare un ragionamento.

Fondamentalmente è l’inizio che mi interessa, l’inizio del dubbio,  non una sentenza finale. 

L’insinuarsi di una possbilità che prima non si era considerata.

Nei tuoi lavori, correggimi se sbaglio, ho la sensazione che ci sia un altro tipo di pop, comunque popolare (forse populista), tipico di questo secolo, l'idea del pop virale che viaggia attraverso web e social network, penso alla Barbie svaccata; il Pinocchio formato fatina e anche Batman e Robin coppia omosex, insomma mi sembra che il tuo rapporto con i media e con i miti, rispetto alla matrice classica del pop, strizzi apertamente l'occhio alle dinamiche di comunicazione dei media integrati e dei social network, mi sbaglio?

Chi definisce il mio lavoro pop credo non abbia ben compreso l’intento, o forse non è riuscito a entrare nella complessità.

Invito davvero la gente a non fermarsi al simbolo immediato, ma di capire che questo è solo uno strumento , un “ponte” conosciuto che pero’ci conduce altrove in un terreno inesplorato.

Non mi interessa tanto il simbolo o l’icona fine a se stessa in autoesaltazione, ma piuttosto l’enigma che si cela dietro a quel volto o immagine che invece ci riguarda molto piu’ da vicino.
I social networks oggi aiutano a far dilagare in maniera virale queste  “proposte estetiche”( ed etiche nel mio caso) per raccogliere il piu’ possibile consensi , dissensi e perché no: ulteriori dubbi.

E’ la velocita di propagazione dei media integrati che ci aiuta, la struttura comunicativa è esemplificata, piu’ raggiungibile e piu’ democratica appunto.

Oggi l’opinionismo e il “recensionismo” sono all’ordine del giorno nel web (pensiamo a gente che commenta di tutto e pubblica senza censura critiche su locali,ristoranti, personaggi politici, viaggi giusti o luoghi sbagliati, consigli per gli acquisti ecc.), e questo è un grande plusvalore della rete che ci rende interpreti e protagonisti attivi del mondo dei consumi e delle offerte .

E’ una forma di relazione vissuta in maniera attiva e reattiva e questo riguarda anche la circuitazione dell’Arte .  

Le tue opere sono tra le più fotografate e riprodotte via web in fiere e gallerie varie (in questo sei molto vicino a Max Papeschi), questa loro viralità e circolarità iconica, è un valore aggiunto o un handicap nell'intercettare il mercato?

Tanto per fare un discorso un poco malato, che rapporto hai con il mercato?

Sono quelle cose che non si chiedono mai agli artisti perché considerate poco eleganti...

Max è un amico, ci accomuna il fatto che entrambi abbiamo fatto cinema prima di approdare all’Arte contemporanea.

Tra l’altro ho appena letto il suo libro con le sue rocambolesche avventure nel patinato mondo milanese delle gallerie-molto divertente e brutalmente reale!

Ma il nostro lavoro è molto diverso, anche se in apparenza alcuni temi possano sembrare simili.

La forma è un mio presupposto fondamentale e imprescindibile mentre Max non se ne preoccupa molto.

Si, mi fa piacere che le mie opere nutrano e siano apprezzate per il loro valore simbolico e neoiconografico!

Mi scrive gente da tutto il mondo ogni giorno facendomi complimenti o anche minacce talvolta (ho ricevuto diverse querele per le opere a tema sacro ahimè!).

Per carattere diffido sempre dai complimenti gratuiti, non so mai cosa celino!

Apprezzo piuttosto i piccoli segni di apprezzamento reali che possono essere un acquisto silenzioso, una recensione , una immagine “rubata” dal mio sito , anche un clone piuttosto! 

Certe volte l’insistente circuitazione delle immagini fa si che la gente pensi che siano collage o grafiche digitali, senza nemmeno pensare che vi siano ore , giorni e mesi di lavoro scultoreo alla base di ogni pezzo!

Penso al caso eclatante della Madonna di Lourdes Vuitton che imperversava in ogni blog, sito (non solo di Arte) , immagine rubata per pubblicità, stampe su tshirt, la gente la usa tuttora come immagine del proprio profilo!

Un caso mediatico unico  nato semplicemente da un cortocircuito visivo e da..una fotografia dell’opera!

E’ buffo pensare che molta gente ha visto solo la riproduzione fotografica di quell’opera e mai la scultura vera a propria in realtà.

Sebbene molto prezioso e utile culturalmente, io differenzierei il mercato del web ( e quindi delle immagini) da quello economico che invece è il fulcro reale del sostentamento di questo lavoro e del suo proseguimento.

Ma in un progetto artistico/sociale come il mio sono necessari entrambi i fattori
in eguale misura.

 Chiudiamo così, un tempo l'artista si schierava dalla parte dei deboli, degli emarginati, dei disadattati, tentava di elevare la figura dell'inetto e dell'antieroe, anteponendola all'eroe, i tuoi supereroi, appaiono inermi, depressi e abbattuti dalla sorte che li vuole e etichetta come vincenti a vita, sconfitti dall'impossibilità di recitare permanentemente il loro ruolo, elevati a metafora storica e politica, hai in programma in futuro di spostare il mirino sui miti della politica globalizzata o continuerai su questa strada?

Perché?

In realtà Mimmo  a me la politica interessa ben poco.

L’Arte dovrebbe rimanere ben distinta dalla politica perché aspira ad una permanenza maggiore nel mondo reale e non deve essere pilotata da logiche di potere.

Io utilizzo simboli politici che tuttavia rimandano a ben altro; simboli che sono icone conosciute ancora una volta.

Ma l’intento non è quello di elaborarla e quindi ragionare sulla politica con simboli politici, bensì ragionare attraverso simboli politici sul nostro vivere.

Il problema è un altro-che oggi la politica è in stretta correlazione con l’ economia (nella contemporaneità tutto è in realazione con l’economia Arte compresa-consiglio un libro straordinario a proposito che è “Lo squalo da 12 milioni di dollari” di Donald Thompson), e quindi si è perso il ruolo fondamentale dell’ideologia.

Ci si ritrova a lottare con la consapevolezza di farlo ma senza sapere il perché o l’ideale che ci motiva.

Siamo delle macchine in funzione del progresso che conoscono il costo di tutto ma il valore di nulla.

Per questo mi interessa l’idea dell’antieroe (a Settembre faro’ una mostra collettiva a Torino intitolata proprio così :“Antieroe”).

L’antieroe è nel mio universo un eroe che ha smarrito il senso, indossa l’abito ma ha perso la forma, la motivazione vitale che motivava il suo eroismo.

O forse , nella grande confusione mediatica, se ne è solo dimenticato, diventando un’ombra di se stesso, ed è sopraggiunto il vero nemico, quello maggiormente difficile da sconfiggere che è l’incedere del tempo che passa.

Mimmo Di Caterino

Informazioni su 'Mimmo Di Caterino'