Marina Abramovic? Uno spot Adidas!

Marina Abramovic? Uno spot Adidas!

 

Non solo ha ballato con Jay Z, e partecipato a un suo videoclip.

Non solo ha collaborato con Lady Gaga.

Pensavate bastasse?

 Marina Abramovic continua a oltrepassare il limite del suo linguaggio artistico e autoterapeutaico divenuto brand globale; con il suo Marina Abramovic Institute, l’istituto da lei fondato e diretto.

Tra brand si collabora, e allora dopo Lady Gaga, perchè no una collaborazione con il marchio Adidas?

In fondo un artista deve sapere raccontare e cogliere lo spirito del suo tempo, e cosa ci sarebbe da rccontare oggi se non  la FIFA World Cup Brazil 2014 sponsorizzando il marchio Adidas?

Apro una parentesi, le Adidas sono le mie scarpe preferite, quando studiavo per diventare un "No Global" negli anni ottanta-novanta, erano una citazione degli anni settanta dalla quale non si poteva prescindere.

Tre minuti di short (o spot?) film,  dove l’artista "ricampiona" e "remixa" una sua performance storica "Work relation"; performance realizzata con Ulay, suo storico ex compagno di arte e di vita nel 1978.

Un’arena che sembra un campo sportivo.

 11 performer che avanti e indietro trasportano in coppia dei mattoni, divisa-vestaglie con il logo del Marina Abramovic institute e, ovviamente, scarpe di ordinanza Adidas.

Nel mezzo delle riprese, fuori campo la voce della docente - commissario tecnico - arbitro e artista Marina Abramovic factotum, che spiega e illustra le regole del “gioco”.

La performance si rappresenta da come ludico gioco senza frontiere (come potrebbe averne un logo globalizzato?), come un alto lavoro artistico per un pubblico di barbari calciofili di massa e infine come bieco prodotto commerciale. 

La conclusione poetica dell’artista mira a interfacciarsi al senso del mondiale di calcio:

«The chain is the most efficient message. The chain has the most endurance. The chain stays forever».

«La catena è il messaggio più efficace. La catena ha la maggior resistenza. La catena rimane per sempre ».

Tentiamo di capire?

Tra lei e Ulay la catena era chiara, era la loro relazione-passione di arte e di vita; ma in questo caso come leggere in maniera alta, e altra, tale remix?

La catena è forse proprio in quel saldo rapporto affettivo, simbolico e fideizzato che lega il consumatore al prodotto?

L’approccio è di tipo sociale e di denuncia critca, la metafora per la critica specializzata entusiasta del prodotto è come portare a termine, nella maniera più qualitativa e meritocratica possibile, un compito all'apparenza immotivante, spersonalizzante e non sense.

Il vero valore aggiunto? Nella strategia o sistema dei tre modelli-moduli proposti:

-muoversi da soli.

- muoversi in coppia o in squadra.

-  muoversi servendosi  delle mani secchio.

Proprio il modello del sistema "secchio" è la metafora del concetto di catena umana, la garanzia e bollino di resistenza.

Si arriva alla fine, si riducono sforzi e patemi, si rispetta la consegna nel minore tempo.

Il tutto con il conforto e l'aiuto di un paio di comode sneakers Adidas; l’accessorio e il prodotto reclamizzato in patnership con il logo Abramovic nella neutralità dei camici bianchi, questo accomuna tutti i performer, cavolo devo andare a comprarmi un camice bianco.

Come concludere questo pezzo in maniera criticamente intelligente? Marina Abramovic con questa performance in patnership Adidas, è il giusto coronomanto di quel processo linguistico  "rivoluzionario" che le arti e gli artisti hanno prodotto negli anni settanta!

Mimmo Di Caterino

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