Pene d'artista a San Francisco.

Chiamatela se volete GPS Art, ma visto il contenuto poetico mi ritrovo a ragionare, su come sia semplice per una donna artista raggiungere la visibilità e la viralità mediatica, attraverso la glorificazione del totem pene o attraverso le sue pene fatte vulva; il mercato dei linguaggi dell'arte di questo secolo mi sembra parlare fortemente al maschile, anche quando non sembra e in maniera ambigua filtra contenuti opposti a quello che passa per il chiaro significato dell'immagine fatta significante, il critichese e la notizia lasciano il tempo che trovanonell'immaginario collettivo del piattume e del pattume bidimensionale dei social network, non luoghi dove le icone scorrono alla velocità del tempo.

Ormai la consuetudine fallo-vagina, nei linguaggi dell'arte contemporanea dilaga,  figlia diretta del consumismo e della rivoluzione degli anni sessanta, indotta dal boom economico, per il quale consumismo equivaleva alla libertà di fare e di essere da anteporre ai dogmi e alle rsetrizioni del comunismo; da allora, lo si voglia o no, l'espressione della liberazione sessuale è passata per il fallo e per la vulva, piuttosto che in stili di vita volti a liberare i contenuti e farne identità e memoria da tramandare e conservare.

Gli artisti degli anni sessanta, sono stati forse vittime inconsapevoli di un mercato che ha svuotato di contenuti l'arte contemporanea, il linguaggio è diventato estetica di se stesso e vendita della notizia, insomma tra vulve e falli lo si è forse preso tutti nel deretano.

Questo per raccontarvi di una artista che corre per San Francisco, tracciando in immaginifiche aereoplanimetrie, indovinate cosa? Peni!

Lei è Claire Wyckoff, sembra che casualmente (puffff, basta con questa idea dell'arte come scoperta casuale, il linguaggio dell'arte si sonda e spinge al limite, ma non è mai figlio del caso), abbia scoperto che le tracce lasciate dal suo orologio gps, durante le sue corse, ricordavano l'organo genitale maschile, dopo di ciò,  ha trasformato questo fenomeno chiamato pareidolia in metodo, programmando i suoi percorsi iriproducendo forme di diverso tipo, anche se si è specializzata in percorsi tipologici di pene.

Chiamatele le pene del corridore, le pene di San Francisco, ma non chiamatele le pene dell'artista, proprio no!

 

Mimmo Di Caterino

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