Appartiene a Mario Schifano una connotazione enciclopedica, che parte da una stagione “analitica”, monocroma, a cui vengono ad aggiungersi altre cromie, fino a creare un tripudio di colori, una manifestazione del primato del vedere, del mettersi dalla parte dello spettacolo. Di Schifano si può dire che è un rapitore d’immagini, un selezionatore della modernità, con spirito futuristico, nel senso della violazione delle sacralità scadute, in favore di uno scatto vitale che aggiunge al dato di cronaca un effetto del tutto altro. È come una cometa desiderante che si trascina dietro tutta una messa a nudo di significati, appartenenti alla memoria individuale e collettiva, prendendo tutto quello che gli sembra utile alla costruzione del suo panottico che non ha una filosofia direttiva, ma si fa esso stesso filosofia e modo di vivere, anche nella sua sregolatezza che vuole fondare in uno stile, come complicità di tanti stili diversi, presi per frammenti, a volte isolati, a volte spessi fino all’informale, a volte sottili come una pelle fotografica. Lo vediamo anche nella rassegna “Visioni di paesaggio”, che la Galleria Costa Deniarte dedica al maestro fino al 2 luglio. Tra le 30 opere esposte, figura Senza titolo – Albero: un albero frondoso, tra quercia e carrubo, delineato con cura, con un tratteggio frastagliato che annuncia di farsi protagonista e, nella sua ortodossia monocroma, di proporsi come una coloristica che deve emergere dalla memoria di ciascun osservatore: un’opera aperta, sviluppo di una posizione culturale che diventa visiva, oggettiva.