Nel giorno della chiusura del «E-G8», il Ceo di «Publicis» Maurice Levy ha intervistato il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg. Ecco un estratto del colloquio
Facebook ha più di 150 milioni di utilizzatori nel mondo. Qual è il segreto del successo?
«In realtà sono due. Il primo è il grande pregio di Internet, quello di dare voce a tutti. Il secondo è la voglia, che abbiamo tutti, di condividere la nostra vita con i nostri amici e i nostri famigliari. È questa miscela che continua ad attirare la gente su Facebook: potersi esprimere, e poterlo fare con chi ci interessa. Del resto, è per tenermi in contatto con gli amici che ho creato Facebook all’università. Anche se poi, certo, l’impresa ha un po’ superato il quadro dell’università».
Come ha cambiato il mondo Facebook?
«Vede, prima di Facebook se cercavi un ristorante dovevi ricorrere a una guida, su carta o sul Web. Adesso hai a disposizione migliaia di pareri. È un sistema che garantisce la massima trasparenza. E funziona sulla base della concorrenza. Tutti vedono lo stesso film, poi decidono. I cattivi film fanno flop, quelli buoni incassano. Ma sulla base di un’esperienza concreta consacrata dal passaparola. Il che spiega anche perché Facebook sia così richiesto anche dalla pubblicità».
Facebook è un rischio per la privacy?
«No, perché è la gente che decide quanto vuole rivelare di sé. Ognuno si dà i suoi limiti, che peraltro negli ultimi vent’anni sono molto cambiati. Vale la stessa regola del passaparola: sono gli stessi utilizzatori a decidere cosa consigliare, poi vinca il migliore. È successo lo stesso fra Myspace e Facebook. C’è stato un momento in cui loro avevano 100 milioni di utilizzatori e noi 10. Allora Yahoo mi offrì un miliardo di dollari per vendere Facebook e io dissi di no perché credevo che avesse un futuro ancora più interessante».
Com’è, rifiutare un miliardo di dollari a 25 anni?
«Per la verità, ne avevo 22!».
Pensa di quotare Facebook in Borsa?
«Per il momento no».
Quali saranno le tendenze del Web negli anni a venire?
«Credo che la grande tendenza sarà ancora la condivisione, almeno per i prossimo cinque o dieci anni. Siamo all’inizio di Facebook, non alla fine. Credo che Facebook, come impresa, possa fare bene una o due cose. Ma apre spazi per altri. Per esempio, c’è un’infinità di prodotti che possono essere ripensati in una chiave, appunto, di condivisione. Penso ai giochi, e c’è chi ha già cominciato, ma anche alla musica, al cinema, ai libri...».
Facebook ha anche cambiato la storia, per esempio con le rivoluzioni arabe.
«Il merito è della gente, non di Facebook. Per noi sarebbe arrogante rivendicare un ruolo in questi avvenimenti. Facebook non è stato né necessario né sufficiente; necessaria e sufficiente è stata la voglia di quei popoli di battersi per la loro libertà. Ma è lo stesso meccanismo di molti Paesi democratici, dove i politici hanno pagine Facebook che permettono loro un dialogo diretto con i cittadini».
Lei ha detto di voler dare l’accesso a Facebook ai minori di 13 anni. E questo ha scatenato polemiche.
«Sì, e infatti vorrei chiarire. La settimana scorsa ho parlato a una conferenza sull’educazione. Una domanda che mi hanno fatto è perché Facebook non partecipi più all’educazione dei bambini. Ho risposto che negli Stati Uniti difficilmente i minori di 13 anni possono partecipare a un social network perché ci sono delle regole che rendono difficile, concretamente complicata, la loro iscrizione. Ho detto solo questo, non che voglio aprire Facebook ai minori di 13 anni».
C’è chi dice che i social network sono una tendenza effimera.
«No, perché la condivisione è una tendenza forte della nostra società. Poi i mezzi cambiano. Come, in sette anni e mezzo, è molto cambiato Facebook.».
Che consiglio darebbe a un imprenditore che fonda una società?
«La chiave è credere in quello che fa. Nella Silicon Valley c’è uno strano fenomeno: la gente prima decide di creare un’impresa e poi che genere di impresa sarà. Ma io ho fondato Facebook perché mi piaceva l’idea di Facebook».
Per la maggior parte, i prossimi clienti di Facebook verranno da Asia e Africa. Cambierà il social network?
«Non credo, perché il modo di utilizzare il servizio diventa sempre più simile in tutto il mondo. Cambierà, invece, la tecnologia: nei prossimi 5 anni ci sarà molta più gente che andrà su Facebook con il telefonino piuttosto che con il computer».
Cosa vorrebbe lasciare al mondo?
«Datemi tempo, ho 27 anni. Per me l’importante è cosa fare, non come. Per questo alle sette e mezzo di ogni mattina mi metto a lavorare a Facebook».
Andrà al G8. Che cosa dirà ai Capi di Stato e di governo?
«Il messaggio che vorrei far passare è che Internet dà alla gente il potere di scegliere. E che oggi siamo tutti connessi troppo strettamente perché qualcuno possa fare da solo».