Contenitori culturali leccesi: gestione e fruizione. Parte II - MUST

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Nella splendida Lecce, tra le tante bellezze architettoniche, ha preso posto nel 2012 un nuovo MUseo STorico e cittadino, il MUST, il cui acronimo non può che ricondurre ad un certo affetto domestico e familiare verso la storia della nostra città, dei suoi volti, dei suoi usi e costumi e del suo stratificato sviluppo urbanistico ed architettonico. Le meravigliose sale dell'ex Monastero delle Clarisse, tuttavia, in attesa di riempirsi di reperti messapici, longobardi e barocchi – presentano, ad oggi, quasi esclusivamente piccoli eventi e rassegne di artisti locali viventi (alcuni giovanissimi, che in un museo accreditato non potrebbero mai immaginare di esporre) che rendono l'offerta del museo leccese troppo poco stimolante rispetto non solo alle sue grandissime potenzialità, ma anche alle proposte culturali di vicini(ssimi) capoluoghi, come Bari o Matera.
Basta osservare la programmazione del MUST (evidentemente low budget) per accorgersi che – tra una lavatrice ed un convegno – sembra purtroppo non esistere, nell'attuale gestione, un vero e proprio indirizzo culturale o una coerenza curatoriale; il MUST appare piuttosto un mero spazio espositivo un po' trascurato (il cui sito internet non viene neppure aggiornato), uno spazio che ospitata di tutto, senza un criterio preciso, comprese riunioni, fiere e saloni enologici ed opera scelte stravaganti come la chiusura mattutina d'agosto, proprio quando i flussi turistici sono più attivi (e qui forse non si tratta di mancanza di fondi, bensì di iniziativa, perchè si sarebbe potuto optare per uno stage formativo a costo zero, convenzionato con l'Università del Salento, che permettesse a giovani studenti di Beni Culturali di affiancare il personale del MUST facendo un'esperienza museale e ricevendo in cambio crediti anziché denaro); o l'eliminazione del bookshop - ad oggi ridotto ad un tavolino all'ingresso - per destinarne gli spazi alla caffetteria del museo, che con gestione privata, ospita giovani avventori fino a notte fonda, con aperitivi, crepes, feste di compleanno e serate danzanti.
Unica nota positiva del MUST leccese è attualmente rappresentata dai Laboratori LedA, laboratori didattici (privati) per bambini che avvicinano le giovani generazioni non solo all'arte, ma anche e soprattutto al “contenitore museo”, spesso considerato luogo impenetrabile, destinato solo a pochi appassionati. Peccato che i laboratori siano ospitati nel pian terreno del MUST, in vetrina, nelle sale espositive (ad oggi vuote), anziché godere di uno spazio apposito che non interferisca con l'allestimento – temporaneo o permanente – delle mostre, come in qualsiasi altro spazio museale che si rispetti.
La causa di un'offerta culturale e gestionale così farraginosa é forse da individuarsi nei fondi sempre scarsissimi destinati alla cultura (sebbene ci sia da chiedersi cosa ne sia stato degli 800.000€ destinati al MUST dalla regione Puglia nel marzo 2013) tanto che per l'inaugurazione del museo, l'amministrazione comunale – anziché bandire un costoso concorso pubblico – fu costretta a delegare al proprio dirigente alla cultura la direzione del museo che oggi appare, purtroppo, esattamente come il resto degli immobili culturali leccesi: blob indefiniti capaci di assimilare ogni genere di attività, indipendentemente dal loro sostanziale valore intellettuale.
Una soluzione per migliorare l'offerta del MUST senza spendere cifre esorbitanti, sarebbe una call annuale che – previa definizione del budget disponibile (per il 2014 il Comune ha destinato al museo 70.000€) - consenta a professionisti della cultura provenienti da tutta Italia e non solo, di presentare una proposta progettuale uniforme e coerente per la programmazione del museo, in grado di garantire non solo un ricambio dell'offerta culturale, ma anche dei curatori all'interno dello spazio (e quindi del coordinamento espositivo). Ho fiducia che prima o poi – soprattutto se la mission del museo dovesse rimanere legata al contemporaneo – Lecce deciderà di allargare i propri orizzonti, vagliando possibilità ignote e magari interessanti quanto le artisticità locali, affidandosi, però, a manager lungimiranti ed esperti, in grado non solo di promuovere le importantissime peculiarità indigene, ma anche di guardare oltre i confini del Salento, cercando di investire in prodotti culturali innovativi e di qualità, che valgano davvero la spesa e che rendano il museo una fucina di creatività e sviluppo, facendo dell'identità del territorio il motore verso l'Europa; sarebbe meraviglioso se il MUST riuscisse a ritagliarsi uno spazio d'alto livello nel panorama culturale pugliese ed italiano, diventando centro propulsore di un doppio traguardo: salvaguardia della tradizione ed incremento culturale, capace di calamitare sulla città attenzioni globali e non solo locali.
Per gli artisti salentini e le fiere enologiche, la città di Lecce avrà sempre un degno spazio a disposizione, ma lasciamo che in un museo entri ciò che davvero lo merita...a tutti i livelli!

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