Il linguaggio dell'arte spiegato ai "grandi".

ARTE è LINGUAGGIO IDENTITARIO E COMUNITARIO:

Una cosa aiuta comprendere la mancanza di contenuti dell'arte contemporanea.
Oggettivamente concorre a uniformare gli artisti globalmente dal punto di vista dell'estetica del loro linguaggio una stampa critica internazionale schierata ed allineati sui valori dettati dalle speculazioni del mercato(Koons, Hirst, Cattelan e tanti altri, appaiono universali).
In parallelo gli artisti che realmente vivono il loro territorio, vivono una stampa e una  informazione mediatica nazionale, ma anche all'interno di una stessa nazione quella regionale, che ha una differente gerarchia delle notizie di cronaca.
In ogni punto del pianeta l'attualità e la contemporaneità, per quanto interconnessa, ha un valore differente. 
Un problema dei linguaggi dell'arte contemporanea è difatti la loro mancanza di relazionalità.
L'individualismo d'artista contemporaneo, spesso non è dettato dallo spirito d'iniziativa, ma dalla difficoltà a creare relazioni linguistiche con altri artisti (ricordate i movimenti delle avanguardie del secolo scorso?).
L'isolamento da studio o la folla-party-vernyssage sono le sue due modalità bipolari di non relazione del proprio linguaggio con gli altri.
Il valore simbolico del linguaggio artistico, sradicato dalla sua realtà e fatto "estetica professionale" sembra sia stato distrutto dagli stessi artisti in tempi di prosperità economica, ora in tempi di crisi gli artisti in virtù del loro passato recente, appaiono incastrati in una comunicazione interrotta (dal secondo dopoguerra del secolo scorso) senza fine e senza oggetto.
La sfida è ricostruire il linguaggio dell'arte, per fare questo, bisogna sapere affrontare i propri spettri e fantasmi e mettere da parte una certa idea inculcata globalmente dell'artista di successo.
Il pensiero, tutto il pensiero di un artista è mosso dal suo linguaggio. Su questo è fondato il vero senso della pubblicità della conoscenza umana. Il linguaggio, e l'arte è un linguaggio, è per forza pubblico, non si può pensare all'arte come linguaggio privato, linguaggio privato vuole dire linguaggio non artistico ma autistico, è inconcepibile pensare a un mercato privato costruito esclusivamente da un individuo per se stesso. Il segno è semantico quando ragiona in termini di significato ed è pragmatico quando si relaziona agli utenti che l'interpretano, questo è il senso di qualunque ricerca linguistica dell'arte. L'arte prima di essere mercato è richiesta di significazione identitaria.

IDEA DI RICERCA:

L'idea di un artista è l'idea degli effetti sensibili della sua ricerca, se immagina una altra idea o una altra rappresentazione della propria arte, un dirottamento della propria ricerca e della propria vita, l'artista si inganna. L'assurdità è che certi artisti e certi addetti ai lavori che li promuovono, non si relazionano con coerenza a quello promuovono come loro pensiero, il prodotto nega il loro linguaggio e il loro pensiero.
Quando è che un artista è chiaro come traiettoria umana e di vita? Quando considera direttamente gli effetti della conseguenza pratica e vitale della sua ricerca. La concezione dell'effetto autonomo del suo lavoro, il suo processo creativo rappresenta l'intera concezione del suo prodotto.
In un sistema "Accademico" che fa del linguaggio artistico un bene di consumo e di mercato, nessun artista può diventare soggetto simbolico e identitario senza trasformarsi in merce. Nessun artista oggi può tenere al sicuro la propria soggettività linguistica senza farne vita propria anche al di fuori del sistema accademicamente professionale. In quanto consumatore di linguaggi artistici spesso la stessa formazione professionale di un artista è ridotta a essere un consumo di merce. Nell'età dell'informazione di massa, l'artista invisibile è professionalmente nato morto. Bisogna rimercificare la propria merce e quindi il proprio linguaggio e la propria vita, per il proprio consumatore, questo per il proprio personale metabolismo organicamente comunicativo. Attraverso l'interazione via web, la propria vita diventa la propria merce attraverso il desiderio d'interazione.

Lo spazio privato è l’ordine domestico dell’arte:

Non può appartenere a questo millennio la figura dell'artista che opera nel suo mondo senza preoccuparsi del pubblico che si relazionerà al suo lavoro e al suo linguaggio. Non può più esistere (complice anche l'attuale crisi economica, destinata a tagliare il superfluo dettato dalla vanità) quell'autismo artistico fatto di forza realizzativa, dettata dalla preoccupazione di dare forma pittorica o plastica alla propria idea artistica alla sua idea artistica; questo è il secolo dove è destinato al decesso privo di vana gloria, l'artista che produce incurante del pubblico destinato a comprenderlo postumo, quando avrà abbandonato i suoi preconcetti dettati da una scolarizzazione artistica che genere analfabetismo di ritorno. Non ci saranno più artisti capiti e museificati dopo la loro morte e forse cesseranno di esistere anche i musei a carico del pubblico (resisteranno quelli in grado di autosostenersi privatamente) e dobbiamo solo pregare perché pubblico e privato non si intreccino fino a rendersi irriconoscibili. L'artista di questo millennio, il tredicenne- quattordicenne di oggi, nasce insieme al suo pubblico, il suo messaggio è amato e odiato senza false interpretazioni. Questo non vuole dire che asseconderà il suo pubblico, non implica la banalità, vuole dire sincronizzarsi sulla percezione del suo gesto in tempo reale, combinando gesti, segni, immagini e il proprio vissuto per sviluppare nuovi stili, segni e messaggi artistici.
La giurisdizione del sistema del valore sociale dell'arte contemporanea è immanente all'ordine domestico. Il rapporto privato con la ricerca linguistica dell'arte nasconde un riconoscimento e un consenso profondo nei confronti del pubblico.
In fondo ciascun addetto ai lavori (che in realtà se non è un serio ricercatore praticante dei linguaggi artistici non è addetto a nulla) è consapevole di essere giudicato dagli oggetti che possiede, e si sottomette a questo giudizio del suo privato, anche quando lo sconfessa in apparenza.
Il privato, il domestico e il rifugio dell'arte, il vero rifugio dalle costrizioni del ruolo pubblico nel sociale (?), il privato è lo spazio autonomo del bisogno e della soddisfazione.
L'oggetto artistico è la giurisdizione privata dell'individuo in privato, anche quando in apparenza la rifiuta.
In tutto questo c'è un aspetto realmente patetico, si mima attraverso il possesso privato l'arte per l'arte, in quanto in fondo in fondo, per gli stessi addetti ai lavori (che di addetto non hanno un cazzo) non è un vero lavoro e neanche una vera cultura, altro non è che retorica della cultura domestica.
Quanti artisti, anche a livello inconscio, lavorano per non essere compresi dal pubblico? Anche quando si danno il tono pop, in fondo sono gratificati dal ruolo che hanno con il loro lavoro come segno di distinzione, il problema è che spesso si rivolgono a chi già distingue e non a chi non li vede.
Lo spazio, che regola la produzione di gran parte degli artisti contemporanei, è intagliato nell'ipocrisia del mercato, piuttosto che come produttore, l'artista è visto come un consumatore (di articoli di belle arti, di mostre, di riviste editoriali specializzate e delle ultime pubblicazioni).
Un consumatore in cerca di appagamento, anche quello dettato dal mercato, da qui l'avvicendarsi di artisti alla moda che ne stimolano e generano la produzione, il sistema genera in sostanza illusioni irrazionali che poco hanno a che fare con la ragione e la ricerca del proprio linguaggio e stile. Il sistema così strutturato e ampliato, attraverso il web, ha sviluppato una capacità senza precedenti di assorbire il dissenso critico e di farne risorsa per rafforzarsi. Le utopie tutte, fondate sulla solidarietà e la collaborazione partecipata, diventano forza maggiore privatizzate o private e fondate sull'interesse e le responsabilità degli individui.
Il sistema lavora per fare si, che l'artista consumatore tenda o riesca a fare di se stesso un prodotto di consumo, questo suo farsi prodotto ne sancisce la professionalità. Farsi un "prodotto vendibile" è un dovere individuale del professionista dell'arte, farsi prodotto e non divenire prodotto.Questa è la sfida di sistema, nella quale l'artista è ibernato dai tempi della rivoluzione industriale.
Umanamente questo fa si che l'artista tenda a ritenersi permanentemente inadeguato, il mercato fornisce gli attrezzi del mestiere per il "farsi artista" preconfezionati,  Siamo passati dagli anni ottanta ad oggi, dagli "artisti prodotti" agli "artisti consumatori per tendere a un prodotto".
La tendenza dell'artista contemporaneo è ottenere la residenza a tempo indeterminato nel sistema dei consumatori delle informazioni del mercato dell'arte contemporanea, soddisfare i requisiti minimi di idoneità al mercato e tutto questo è palesemente dichiarato.
In questo sistema dell'arte, fatto di operatori consumatori (tutti), il vero titolare del potere sovrano, il committente occulto, è il mercato dei beni di consumo artistico e anche i suoi manipolatori occulti (ma neanche tanto in questo mondo d'informazione interconnessa). Case d'asta, gallerie, fiere e anche fondazioni e musei d'arte contemporanea materializzano non luoghi dove si incontrano venditori e compratori e dove il compratore pensa a cosa e come potere rivendere, altrimenti dell'arte contemporanea non gli interesserebbe un cazzo (ops). Nei non luoghi asettici del mercato avviene la cosiddetta selezione di merito, la separazione tra i dannati e beati dei linguaggi dell'arte, tra gli inclusi e gli esclusi. Un esempio plastico di questo in Italia? Una volta l'artista politico era Guttuso con il suo realismo sociale fatto pittura di partito, oggi tale ruolo è rivestito da Jovanotti, inseguito per oggettive regole di mercato, da tutti i leader della sinistra italica di questo secolo.

IL LINGUAGGIO DELL’ARTE SPIEGATO AI GRANDI

L'artista è un autore di opere rare, se non di pezzi unici, fatti direttamente da lui. Lavora in modo personale, esprimendo con un proprio linguaggio e stile gli stimoli che riceve nel contesto dove vive e lavora, è un media sociale, un network che lavora per se stesso e per chi lo comprende. Alcuni Artisti, cercano il consenso di una élite costituita da corrotti, furbi e speculatori; parassiti e ignoranti; ipocriti e disonesti; imbroglioni e intrallazzatori; reazionari e conservatori. Questo scenario materializza una idea dettata dal merito, per la quale l'artista che ha e determina il maggiore consenso è il più furbo e corrotto, il più ipocrita e reazionario, ma non ha niente a che vedere con il linguaggio dell'arte, si tratta di una condizione di sistema. I pochi artisti onesti che riescono ingenuamente a interagire con il sistema hanno vita mediatica breve e sono bollati come stupidi e utopici. In realtà, al sistema dell'arte, non interessa proprio il lavoro o la ricerca di un artista, l'arte neanche la vede e legge, quello che interessa è la circolazione dell'oggetto in un sistema di mercato globalizzato, massimo guadagno e lavoro di ricerca minimo, il resto sono cazzate in critichese che fanno packaging e marketing.
L'arte è ciò che meno si può spiegare, ha degli obblighi, quello di rinnovare i segni, la sua continua produzione di un senso arbitrario (solo in apparenza), la sua pulsione di senso, il mistero logico del suo ciclo costituiscono l'essenza del momento sociale. I processi logici dell'arte e i suoi linguaggi vanno applicati all'intera dimensione della cultura, all'intera produzione sociale e comportamentale dei segni, dei valori e delle relazioni. Il classico e il romantico (o avanguardistico) non hanno niente a che vedere con una liberazione o defenestrazione dell'arte, del bello o del vecchio. Il concetto di bellezza dell'arte è da cercare in termini come "chic", di "gusto", di "eleganza" e fondamentalmente di "distinzione". La verità è che la bellezza come concetto assoluto non ha nulla a che vedere con l'arte, non va cercata neanche come modello, l'arte veramente e assolutamente bella porrebbe fine all'arte, ragion per cui i linguaggi dell'arte negano la bellezza, proprio a partire dalla logica equivalenza tra bello e brutto. Può imporre l'arte, come elementi di distinzione, l'eccentricità, l'ermeticità, la scarsa funzionalità e il ridicolo. Questo è il trionfo del linguaggio dell'arte, l'imposizione e legittimazione del surreale e irrazionale, perseverando nella logica profonda del razionale.
Occorre arrendersi forse all'evidenza che l'arte moderna e contemporanea nasce per non contestare niente, sempre che l'abbia mai fatto.
La rivolta è imbrigliata, la maledizione attraverso il segno è "consumata".
Bisognerebbe abbandonare nostalgie,aspirazioni e pretese di originalità; ammettendo che la propria diversità linguistica è figlia di una costrizione formale che si costruisce per gioco attraverso successive differenze.
L'arte quando si fa opera o prodotto è sempre costituita per essere immediatamente integrata in un sistema che la declina come qualsiasi altro oggetto.
Questo ha reso l'arte contemporanea quotidiana, carica di connotazioni che non creano un reale problema dell'ambiente.
Uno stile o un linguaggio artistico non contraddice mai nulla, entra in un gioco naturale di distribuzione nello spazio, non può esistere un artista non colluso.
L'artista con i suoi linguaggi è parte del gioco generale del sistema, può parodiare, illustrare, simulare e truccare il sistema linguistico dell'arte, ma non ne turberà mai realmente l'ordine.
Non esiste e non è questo il tempo dell'arte borghese, che riconciliava con la propria immagine, siamo davanti alla guerriglia con il mondo, davanti a soggetti che cercano diplomaticamente di riconciliarsi con la propria immagine, questo tentativo crea la serialità e questo nella presa di distanza e nella sfida e destinato a creare un mondo sempre più integrato.

 
   
 
"L'avete sentito? E' il rumore del vostro mondo che crolla. É quello del nostro che risorge. Il giorno in cui fece giorno, fu notte; e sarà notte il giorno in cui farà giorno. Democrazia! Libertà! Giustizia!".
22/12/12, Subcomandante Marcos

Mimmo Di Caterino

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