I media digitali integrati stanno distruggendo i linguaggi dell'arte
"Stalin come la merce fuori moda sono denunciati da quelli stessi che li hanno imposti. Ogni nuova menzogna della pubblicità è altresì la confessione della sua menzogna precedente. Ogni crollo di una figura del potere totalitario rivela la comunità illusoria che l'approvava unanimemente, e che era soltanto un aggregato di solitudini senza illusioni".
Guy Debord, "La società dello spettacolo".
Lo stare in rete, essere connessi, è oramai qualcosa di localizzato e territoriale (pur con un linguaggio globale), questo riduce forza maggiore la vita e la ricerca di un artista a prodotto locale; si è perso il limite linguistico tra la rappresentazione del sé e il proprio mondo e vissuto interiore.
La sua rappresentazione all'interno del cybersistema dell'arte presente, fa forza maggiore, quotidianamente i conti, con la sua integralità etica fatta estetica. La sua sfera privata è di fatto, un "non luogo" di scambi, di condivisione di dati e ricerche personale, di linguaggi interconnessi e interattivi. Il lavoro, la vita e la ricerca di un artista, si sdogana, attraverso il trattamento elettronico delle informazioni che lo riguardano.
"Quando lavoro ho un comportamento etico se evito esiti vantaggiosi per me ma dannosi per altri. Quando ozio, la filosofia è identica anche se si manifesta in categorie diverse. Posso oziare prevaricando, rubando, violentando, annoiando, sfruttando. Oppure posso oziare avvantaggiando me stesso e il prossimo, rendendo felice me stesso e gli altri, senza fare male a nessuno. In questo caso, solo in questo caso, attengo alla pienezza della conoscenza e alla qualità della vita".
Domenico De Masi, Ozio creativo.
Il mondo delle nuove tecnologie offre spazi aperti di apprendimento e molteplici modalità di accessi alla conoscenza dei linguaggi dell’arte che diventano vie di fuga dai rituali di apprendimento nei Licei e nelle Accademie di Belle Arti.
Quello della rete è un mondo diverso da quello del sistema dell’arte tradizionale e oramai anche esso Accademico, figlio della rivoluzione industriale.
Lo spazio della rete è un universo che invita a vagabondaggi mentali, a scoperte fantastiche, a costruzioni di spazi immaginari ad ardite e pericolose esplorazioni che preoccupano artisti e Maestri conservatori.
In teoria, tali procedure mentali ed emotive, in determinate condizioni, ben padroneggiate, sono conciliabili con occasioni di apprendimento di linguaggi e ricerche artistiche, non formali, non Accademiche e permanente.
Il divario tra il mondo Accademico incarnato dal sistema dell’arte convenzionale e i suoi “addetti ai lavori” e il mondo informatico è massimo.
L'artista digitale, nato in questo secolo, non scinde tra tempo libero e lavoro; tra notte e giorno; tra arte contemporanea e Design; tra i linguaggi dell'arte contemporanea e quelli classici; tende all'eclettico, al collage e al patchwork. Il computer e il web sono il loro segno distintivo, così come la televisione è stata il segno distintivo di chi si è identificato nei mass media.
"Possiamo domandarci perché siamo diventati simili a Dei in quanto tecnologi e simili a demoni in quanto esseri morali, superuomini nella scienza e idioti nell'estetica? Idioti, anzitutto, nel significato greco di individui assolutamente isolati, incapaci di comunicare tra loro e di intendersi l'un l'altro".
Lewis Mumford.
Bisognerebbe ripartire dal medioevo, fare in modo che l'artista contemporaneo, in quanto professionista, sia in grado di orientare e auto-orientare il percorso dei suoi sogni, che all'interno del suo bipolarismo sappia distinguere tra il sogno naturalmente vero e il sogno falso e indotto dai media, uno è utopia divina endogena, l'altro è diabolicamente esogeno e tentatore.
Il sogno diabolico conduce sia il consumatore che il produttore di un contenuto artistico verso la perdizione del sé.
Gli artisti visivi del terno millennio, globalizzati, in nome della loro competenza e professionalità, sappiano dire fine alla "guerra delle immagini" imposta da poteri politici e economici sotto forma di committenza (quale strumento economico migliore per ordinare i sogni e le visioni?) e che sappiano in nome di una grammatica del linguaggio artistico comune in comune con il loro territorio farsi comprendere, provocando rappresentazioni e identificazioni collettive, che sappiano riconsegnare il linguaggio artistico all'antico ruolo di strumento di relazione simbolica, riconoscendo nella comunità lo strumento che ne attesta il valore.
Questo "altro artista" in mutazione genetica contemporanea deve avere bene presente cosa sia l'attuale sistema dell'arte contemporanea con i suoi "addetti ai lavori" e deve avere sviluppato coscienza, consapevolezza e autodeterminazione del proprio ruolo sociale e culturale, questa è la traccia di partenza sulla quale fare comparire il proprio mito personale da installare sul proprio territorio, questa è la genesi dei differenti nodi di rete di un "Altro sistema dell'arte".
La creazione artistica e lo sviluppo di un proprio linguaggio dell'arte sono la risposta naturale di un artista ancora indigeno alle immagini che il sistema mercantile dell'arte contemporanea somministra con forza in nome di una erronea e presunta idea di professionalità.
Questa lunga premessa per arrivare a dire che solo l'artista indigeno ha gli strumenti per difendere immaginario e capacità d'immaginazione davanti alle strategie del mercato globalizzato e del pensiero unico dell'arte, che dalla rivoluzione industriale a oggi, in maniera diffusa, lo depredano del proprio linguaggio.
Il linguaggio di un artista è il frutto di una relazione tra l'immaginario e la memoria dell'artista, tra la memoria dell'artista e l'immaginario collettivo che vive nel quotidiano, questo è l'asse sul quale deve e può operare per resistere alla colonizzazione dell'immagine e del suo immaginario, da anteporre a quello del finto artista immaginato dall'alto.
Ovviamente ogni opera in quanto linguaggio ha tatuata su di sé il marchio dell'autore, che la rende riconoscibile e simpatica, questo passando per immagini e mappe concettuali di chi a essa si rapporta e da essa viene sollecitato e stimolato, questo è il ruolo dell'arte e dell'artista oggi, quello di liberare l'immaginario.
Il pericolo è proprio incredibilmente nei nuovi media integrati, nella loro produzione per finalità economiche e politiche, la loro diffusione immaginata e imposta di artisti finti e fuorvianti che avallano un’idea di linguaggio artistico non reale, finto, plastificato e inquinante che arriva a debellare nel concreto quotidiano l'arte e gli artisti, un attacco batteriologo, chimico e nucleare al più antico dei nostri linguaggi, la morte dell'io funzionale e la sua sostituzione con l'io finzionale, la progressiva perdita del proprio immaginario e della propria memoria.
In fondo come si può fingere di considerare come la finzione e le nuove tecnologie interagiscano?
Sarà sempre più complicato per l'artista vero fronteggiare le innovazioni tecnologiche mosse dal capitale finanziario, attraverso di esse si è sdoganata la felicità per tutti in nome del tempo e del tempio presente e si è fermato il futuro e la libera ricerca artistica.