Quel mattino Manni si svegliò e vide con molta più chiarez- za del solito che il volto delle cose era sempre lo stesso. nonostante si fosse addormentato spingendo con forza inusitata verso una nuova realtà, remando con tutti i muscoli del cervello perché le cose, al mattino, si fossero spostate anche solo di un misero grado rispetto alla loro posizione, a nulla era valso quel suo sforzo.
Perciò restò nel suo letto a congetturare ancora un po'.
Scelse così di dormire altre due ore, puntò la sveglia e la rimise sul comodino.
Il sogno di Manni non fu un sogno rivelatore, le immagini di mescolavano a casaccio come gli accadeva sempre quando sognava, ma, al contrario del solito, l'architettura del luogo era bel delineata. In questo sogno Manni potè godere di un lungo corridoio vuoto.
Poiché non aveva mai potuto godere di un corridoio vuoto, Manni ne fu contento.
Finchè dal corridoio non fece capolino sua madre. La madre di Manni aveva in mano un tegame col quale lo voleva picchiare. Era un tegame sporco di uova strapazzate. Manni si nascose sotto al letto sul quale dormiva perché la madre non lo vedesse, ma la madre lo trovò subito (era un sogno, ma non il sogno di un altro, era sempre il sogno di Manni), e lo tirò fuori da là sotto. Poi gli disse, con voce metallica: Manni, adesso basta, facciamola finita, lo prese e lo sculacciò con quel tegame. Poi sparì.
Manni non sentiva molto dolore ma pianse ugualmente per quell'ingiustizia, per quella punizione corporale senza una ragione. Gridò, si fece venire grosse le vene del collo, colare il naso e schizzare le lacrime dagli occhi come in un fumetto del carrierino dei piccoli. Più la faccia sua faccia era contorta, più lui la contorceva ancora di più, per rendere ancora più patetica quella scena di disperata protesta. Dopo alcuni minuti, circa due, anche se nei paraggi non c'era nessuno, Manni, piangeva ancora. Poi tirò su col naso, si pulì con la manica e restò (forse a pensare), seduto a terra. Fortunatamente gli vennero in soccorso alcune macchioline del pavimento. Le macchiline erano come dei piccoli vermicelli colorati di gialllo pallido e marrone, e si muovevano piano, se Manni le guardava con attenzione. Le macchioline parlarono a Manni e gli dissero in coro: Manni, è venuto il momento che noi ti riveliamo chi sei. Tu non sei quello che pensano tutti. Infatti è da molto tempo che noi cerchiamo di informarti, ma senza nessun successo. Questo perché non ci hai mai osservato con la dovuta attenzione e non ci hai mai dato ascolto. Adesso però, che ci puoi finalmente vedere con gli occhi giusti, possiamo dirti quello che da tempo dovevamo comunicarti: Caro Manni, tu sei un essere molto speciale, hai una grande missione da compiere e noi vogliamo aiutarti. Non possiamo dirti molto di più, perché non ci è permesso. Però ricordati, quando ti sveglierai, di ciò che ti abbiamo rivelato, anche se ti sembreremo le solite macchioline del pavimento. Ora sai come stanno le cose. Tua madre, abbiamo visto cosa ti ha fatto, l'abbiamo sistemata per le feste. Era ora che qualcuno si occupasse di lei, l'abbiamo fatto noi per te, Manni, c'era bisogno di farlo, altrimenti tutto si sarebbe fermato. Non preoccuparti per lei, non le è successo niente di brutto, l'abbiamo solo portata al secondo piano, un po' più sopra. Non devi preoccuparti perché lei ha potuto portare con sé il suo tegame, la macchina per fare il caffè e la televisione.
Va tutto a gonfie vele, Manni. Poi le macchioline fecero una breve danza di festeggiamento, Manni le osservò scivolare le une sulle altre, fare piccoli balzelli, ordinarsi, tutte quelle rosse da una parte, tutte quelle marroni dall'altra e poi rimescolarsi tutte in ordine sparso. Che bello, pensò Manni.
Quando si svegliò, Manni osservò che come prima, nulla era cambiato. Ma quando uscì dalla sua cameretta, vide che sua madre non c'era più. Si toccò il sedere con la mano, il sedere era in perfetto stato, di colore normale e dimensioni normali, non sembrava indolenzito per la padellata. Era un sogno, si disse Manni tranquillo, e andò in cucina. In cucina non trovò sua madre e neanche in tutte le altre stanze della casa, che erano solo due.
Così cominciò la seconda parte della vita di Manni.
Manni non riesce mai a cambiare la sua realtà, perché è evidentemente debole, ha una mente priva di volontà. E' nato per perdere. E' l'emblema dell'arrendevolezza , infatti, egli trova per lo più rifugio nel sonno. La prima parte della vita di Manni, definito a più riprese dagli storici, come l'era del sonno di Manni, è estremamente ripetitiva. Manni non compie alcuna prodezza, tendenzialmente si aggira all'interno del proprio appartamento, un appartamento di piccole dimensioni, che ospita, oltre a Manni, la Madre di Manni. Una donna che svolge mansioni casalinghe quali pulire con l'aspiravolvere e cucinare enormi quantità di uova strapazzate con le quali ingozza Manni, spesso irragionevolmente manesca, dopo aver nutrito a forza il figlio, lo picchia con il padellone, senza evidente motivo.
Manni trova spesso rifugio sotto il letto. Per questa ragione, non avendo molte altre esperienze di vita, quando dorme, sogna questo rifugio angusto e buio, nel quale rintanarsi.
La maggior parte dei sogni di Manni sono ambientati sotto il letto di Manni.
La dinamica non è molto sviluppata, in questa prima parte, perché, aldilà di brevi tentativi di fuga del protagonista, non vi è alcuna altra azione degna di nota. Manni, per tutto il corso della sua prima parte di vita, mangia, fugge e sogna di mangiare o fuggire. Talune volte entrambe le cose secondo lo schema ab ab ab.
Questa grande ripetitività, serve per addestrare il soggetto alla sottomissione.